Il diritto d’uso e di abitazione del coniuge superstite ex art. 540 co. 2 c.c. nella recente giurisprudenza

19.03.2022

Se il marito di Tizia muore, alla povera Tizia le verrà riconosciuto il diritto d'uso e di abitazione della casa familiare?

Ai sensi dell'art. 540 co. 2 c.c. il diritto d'uso e di abitazione della casa adibita a residenza familiare, anche in presenza di altri chiamati, viene riconosciuto al coniuge superstite.

Oltre alla quota di legittima, la norma mira a tutelare la sfera degli affetti del coniuge superstite, consentendo a quest'ultimo di continuare a godere della casa familiare.

Il problema sorge nel caso in cui la casa familiare non sia di proprietà del coniuge superstite, ma del de cuius in comunione con un terzo.

Il povero coniuge potrà continuare a godere della casa sede degli affetti familiari e luogo in cui si è svolta la vita coniugale?

  • Cass. Civ. sez. II - 23/05/2000, n. 6691;

Per comprendere meglio la problematica, appare necessario richiamare una pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ. sez. II - 23/05/2000, n. 6691).

"A norma dell'art. 540 c.c., il presupposto perché sorgano a favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano è che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell'ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo".

Si comprende che la locuzione "se di proprietà del defunto o comuni" sia da interpretare "se di proprietà del defunto o comune tra i coniugi", in virtù delle disposizioni che regolano la comunione ordinaria o legale di cui agli artt.177 e segg. c.c.

Dal dictum della Cassazione si evince, dunque, che requisito fondamentale perché il diritto venga riconosciuto in capo al coniuge superstite è che la casa e i mobili che la corredano siano o di proprietà del defunto o in comunione tra i coniugi.

  • Sezioni Unite - n. 4847 del 27/02/2013;

Appare opportuno richiamare, inoltre, una famosa sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata a Sezioni Unite - n. 4847 del 27/02/2013, la quale riconosce espressamente i diritti di cui al 2 co. ex art. 540 c.c. affermando, dunque, che "nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla cosa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano previsti dall'art. 540, comma 2 del Codice civile".

Le S.U. giungono a sostenere, infatti, che la funzione dei diritti di uso e di abitazione è quella di realizzare in ambito successorio una concezione della famiglia ispirata all'uguaglianza dei coniugi, sia dal lato patrimoniale che morale, nonché quella di soddisfare un bisogno fondamentale della persona umana mirata alla stabilità delle condizioni di vita.

La ricerca di un nuovo alloggio per il coniuge superstite, infatti, potrebbe comportare un notevole danno psicologico allo stesso.

Al fine di realizzare un'effettiva equiparazione tra i due coniugi, i diritti in questione trovano applicazione in favore del coniuge superstite anche in presenza di eredi legittimari.

Gli Ermellini giungono poi a risolvere l'annosa questione delle modalità di calcolo dei diritti di uso e di abitazione affermando il principio secondo il quale: "il loro valore capitale deve essere stralciato dall'asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest'ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell'attribuzione dei suddetti diritti secondo un meccanismo assimilabile al prelegato".

Per procedere, dunque, con il calcolo di tali diritti, occorrerà eliminare il valore capitale di essi secondo modalità assimilabili al prelegato.

Successivamente si effettuerà la divisione tra tutti gli eredi della massa ereditaria dalla quale verrà detratto il valore dei diritti in questione rimanendo, invece, compreso nell'asse ereditario il valore della nuda proprietà della casa familiare e dei mobili.

  • Cass. Civ. Sez. 2, n. 15000 - 28/05/2021;

Infine, è d'obbligo richiamare l'ultima pronuncia sul tema della Suprema Corte che sposa il precedente orientamento del 2000 e analizza in maniera approfondita la fattispecie in esame (Cass. Civ. Sez. 2, n. 15000 - 28/05/2021).

Con detta sentenza si torna ad affermare che "i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la arredano, previsti in favore del coniuge superstite, presuppongono per la loro concreta realizzazione l'appartenenza della casa e del relativo arredamento al de cuius o in comunione a costui e all'altro coniuge, non potendo estendersi a carico di quote di soggetti estranei all'eredità nel caso di comunione degli stessi beni tra il coniuge defunto e tali altri soggetti".

La recentissima pronuncia degli ermellini richiama espressamente la pronuncia della Cass. n. 6691/2000.

Il dictum è pienamente fondato sul presupposto che "la figura dell'ex coniuge comproprietaria di immobile con il de cuius non può che configurare, nella specifica fattispecie, un motivo ostativo all'applicabilità a favore del coniuge superstite dei diritti di abitazione della casa adibita ad abitazione familiare".

Inoltre, qualora l'immobile risulti indivisibile e non possa effettuarsi il materiale distacco della porzione spettante e l'immobile in questione venga assegnato ad altro condividente, la pronuncia del 1987 sostiene che "deve farsi luogo all'attribuzione dell'equivalente monetario di quel diritto senza che - non ricorrendo l'ipotesi di legato di prestazione obbligatoria - possa verificarsi l'effetto estintivo per impossibilità della prestazione, previsto dal secondo comma dell'art. 673 cod. civ.". (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. n. 10 marzo 1987, n. 2474).

L'orientamento più recente, invece, come si evince dalla pronuncia del 2021, ribadisce l'adesione alla tesi tradizionale e prevalente della Cassazione 2000 n. 6691, sancendo definitamente il superamento del preesistente indirizzo giurisprudenziale del lontano 1987.

La Suprema Corte, dunque, statuisce che l'impossibilità di configurare nella fattispecie quel diritto di abitazione e d'uso in favore del coniuge superstite, implica conseguentemente l'impossibilità di conseguire la richiesta valorizzazione monetaria, poiché l'equivalente monetario sarebbe, appunto, il surrogato dei diritti di abitazione e d'uso.

Avv. Daniela Evoluzionista