Il marchio d’impresa: caratteri generali, strategia di registrazione e diritti del titolare

28.03.2022

Il marchio guida il consumatore nella scelta di un prodotto che corrisponde a un determinato livello di qualità attribuito all'azienda e ai suoi prodotti; costituisce, quindi, il volto esterno dell'impresa.

La tutela del marchio è strettamente legata al tema del corretto e libero andamento del mercato e della tutela della concorrenza ed è quindi un tema che si interseca anche con la tutela dell'ordine pubblico economico.

A livello normativo la tematica è molto complessa e travalica ampiamente i confini nazionali.

Un mercato pienamente globalizzato consente, da un lato, alle aziende di avere clienti in ogni parte del mondo, mentre dall'altro lato è un'ovvia necessità per poter contraddistinguere i propri prodotti in un determinato territorio.

In Italia la normativa di riferimento è contenuta all'art 7 e segg. D.Lgs. 30/2005 s.m.i., Codice della Proprietà Industriale ("C.p.i."), a livello europeo il testo di riferimento è il Regolamento (UE) 2017/1001, mentre in campo internazionale si ha la Convenzione di Parigi del 1883 e le sue successive revisioni.

In base all'art 7 C.p.i, il marchio può essere di diverse tipologie:

- marchio verbale quando è formato da una o più parole;

- marchio figurativo se è costituito da immagini o segni grafici;

- marchio complesso se composto da entrambe le due precedenti tipologie;

- marchio di colore quando è costituito da un colore esclusivo (pensiamo ad esempio al noto verde Tiffany);

- marchio di forma quando è tridimensionale;

- marchio di posizione quando è posto in uno specifico punto del prodotto per contraddistinguerlo;

- marchio a pattern, detto anche a motivi ripetuti.

Tutte queste tipologie possono potenzialmente rispettare le previsioni di legge per la registrazione, infatti il C.p.i. non enumera tutte le categorie di marchio, ma ne indica i requisiti: novità, liceità e capacità distintiva (artt 12, 13 e 14).

Il marchio è nuovo quando:

a) non esistono marchi simili o identici già registrati per prodotti simili o identici a quelli per cui si chiede la registrazione

b) non è stato utilizzato in precedenza per prodotti simili o identici

c) non è formato da elementi del linguaggio comune con riferimento allo specifico tipo di prodotto.

Il marchio è, invece, lecito quando non contiene segni contrari alla legge ed è contraddistinto da veridicità, ovvero non può essere costruito artatamente per ingannare il consumatore sulla provenienza, qualità o ingredienti di un prodotto.

Infine, il marchio ha capacità distintiva quando è utile a identificare in modo diretto e immediato i prodotti di un'azienda rispetto a quelli di un competitor agli occhi del consumatore medio.

Nella pratica questo si traduce nel divieto di registrare come marchio denominazioni generiche del prodotto, la figura/forma generica dello stesso o gli elementi che ne descrivono i caratteri essenziali e comuni a quella tipologia di prodotto.

Dall'analisi del complesso normativo finalizzato a delimitare le caratteristiche e i requisiti del marchio, si ricava a chiaramente non solo la necessità di tutelare il consumatore, ma anche la volontà di prevenire distorsioni abusive della normativa.

Se si consentisse di registrare un marchio generico, ad esempio la parola "whisky", tutti gli altri produttori del medesimo prodotto dovrebbero necessariamente eliminare questa parola generica dai loro prodotti, anche se utilizzata con mera funzione descrittiva della bevanda.

In alternativa, dovrebbero richiedere una licenza di uso del marchio al titolare, sostenendone i costi.

La registrazione di parole di uso comune riferite alla natura del prodotto, avrebbe come effetto l'attribuzione al registrante di una posizione dominante ed esclusiva su un intero mercato di prodotti di uso comune.

Con specifico riferimento all'uso del marchio, se è vero che la registrazione dello stesso consente solo al titolare di utilizzarlo per scopi distintivi e commerciali, è anche vero che alcuni usi sono consentiti anche a soggetti che non siano titolari del marchio, pur senza l'autorizzazione del proprietario.

Questo è il caso disciplinato all'art. 21 C.p.i., che sancisce l'uso con finalità descrittive secondo i principi della correttezza professionale.

Questa tipologia di uso si realizza quando si utilizza il marchio registrato proprio per indicare o descrivere il prodotto del titolare del marchio. Ad es. se in un film utilizziamo una parola corrispondente a un marchio registrato o appare in una scena sul tavolino di un bar una bottiglietta con un marchio, non è stato violato il diritto esclusivo del suo titolare.

La Corte di Giustizia nella sentenza Gillette, ha stabilito che è legittimo l'uso descrittivo solo se non sono violati i principi della correttezza professionale, ovvero:

  • deve essere chiaro che non esiste un rapporto commerciale tra l'utilizzatore e il titolare del marchio;
  • non si deve pregiudicare il valore del marchio traendo indebito vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà e di conseguenza causare discredito o denigrazione al marchio;
  • l'utilizzatore non deve presentare il suo prodotto come un'imitazione recante il marchio di cui egli non è titolare.


I marchi notori, invece, ricevono una tutela rafforzata e speciale in base all'art. 20 co. 1 lett c. C.p.i.: l'illiceità dell'utilizzo di tali marchi prescinde dal requisito della confusione, tanto che non è possibile registrarli nemmeno in settori affini, anche quando non vi sia serio rischio di perdere la distintività o ingenerare confusione nel consumatore.

La normativa europea è molto simile a quella italiana per quanto attiene ai requisiti per ottenere la registrazione del marchio, così come sono simili i requisiti nella maggior parte degli stati al di fuori dell'Italia e dell'Unione.

Scegliere di registrare un marchio europeo consente al titolare di ottenere immediata tutela in tutti gli Stati membri, senza la necessità di registrare il proprio marchio in ogni Stato dovendone conoscere la relativa normativa.

La normativa internazionale, in particolare la citata Convenzione di Parigi che conta oggi 177 Stati aderenti, si pone come obiettivo il riconoscimento reciproco dei marchi e degli altri diritti di proprietà industriale a livello internazionale.

La Convenzione, pur rispettando il diritto interno dei suoi membri, stabilisce dei principi fondamentali che devono essere osservati da tutti i membri per armonizzare le loro leggi nazionali con le disposizioni della Convenzione: relativamente al marchio vengono in rilievo gli artt. 6 e 6 bis.

Il primo impone dei limiti all'annullamento e al non riconoscimento di un marchio già registrato in un altro Paese aderente, mentre il secondo protegge il marchio notorio da registrazioni parassitarie effettuate in altri stati per prodotti affini o non affini.

Le aziende utilizzano il marchio come strumento principale di attuazione delle proprie strategie di marketing, proprio per la capacità che gli è attribuita di rendere riconoscibile un prodotto e di guidare le scelte del consumatore.

Anche a livello sovranazionale emerge chiaramente l'obiettivo di impedire che si utilizzi questo strumento al fine di alterare le regole della libera e piena concorrenza per impedire alle aziende di avvantaggiarsi sulle spalle di imprese note per la tipologia o la qualità dei propri prodotti.

In conclusione, un cenno si vuole fare alla necessità di definire un percorso strategico corretto per la registrazione e la tutela del proprio marchio, anche attraverso professionisti specializzati.

Le aziende devono essere attente ai possibili mercati di riferimento per i propri prodotti, includendo sempre anche categorie merceologiche affini o identificando future categorie merceologiche nelle quali si intende sfruttare il marchio.

Anche la territorialità è un elemento importante, l'impresa dovrà chiedersi in quali paesi vorrà vendere i propri prodotti e ottenere almeno in questi una tutela diretta registrando il marchio a livello nazionale.

Decisioni di rilievo devono essere effettuate anche nella scelta di quanti e quali marchi affini registrare per impedire condotte indirettamente sleali da parte di competitor: molte aziende registrano il proprio marchio anche in versioni leggermente differenti per colore, forma, parole, simmetria, etc. per evitare di dover ricorrere a costosi contenziosi come unico strumento di protezione ed esporsi a dover soddisfare un difficile onere probatorio in merito alla condotta anticoncorrenziale del competitor.

Dott.ssa Camilla Ragazzi