L’elusione fiscale: in cosa consiste, quando rischiamo di incorrervi e la sua differenza con la più grave evasione fiscale.

30.03.2022

Le fattispecie di elusione ed evasione fiscale trovano entrambe fondamento nell'art. 53 della nostra Costituzione, secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Tale principio di contribuzione fiscale è giustificato a sua volta dal principio solidaristico espresso dall' art. 2 della Carta, ma deve essere bilanciato con la libertà dell'iniziativa economica privata garantita dal successivo art. 41: è prevista infatti per il contribuente la libertà di scegliere il regime fiscale più conveniente tra quelli previsti dalla legge[1].

Proprio dal difficile contemperamento tra la libertà dell'iniziativa economica privata ed il principio di contribuzione fiscale, nasce la complessa identificazione concreta dell'elusione fiscale.

In termini pratici, le condotte di elusione ed evasione fiscale comportano effetti economici molto simili: un risparmio fiscale illecito del contribuente nei confronti dell'Erario.

Da un punto di vista giuridico, invece, le due fattispecie hanno natura giuridica e discipline differenti.

L'elusione fiscale consiste in un abuso del diritto: si concretizza infatti in una condotta che, sfruttando le lacune dell'impianto normativo ed applicando correttamente la legge solo da un punto di vista "formale", consegue tuttavia un risultato dannoso per l'erario, a vantaggio del contribuente stesso. Non si tratta quindi di una violazione vera e propria della normativa, ma dell'adozione di un regime fiscale improprio.

Le norme antielusive più importanti sono l'art. 10bis dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000), rubricato "disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale"[2], e l'art. 2 comma 2bis del D.P.R. 917/1986 (che cerca di "recuperare" i redditi prodotti dai nostri connazionali che risiedono nei famosi paradisi fiscali).

Come si evince dal titolo, l'art. 10bis equipara totalmente l'elusione all'abuso del diritto, identificandolo nelle "operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti".

Cosa significa? Secondo tale previsione normativa, tutte quelle operazioni economiche (es. un contratto di vendita) che non abbiano altro effetto economico significativo se non quello di ottenere un vantaggio fiscale indebito (e non anche un vantaggio economico qualsiasi), applicando surrettiziamente le leggi tributarie, costituiscono un abuso del diritto[3].

Tre quindi i presupposti che devono sussistere congiuntamente ai sensi dell'art. 10bis:

  • l'assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate
  • la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito
  • la circostanza che il vantaggio risulti l'effetto essenziale dell'operazione.


Per espressa previsione normativa, si considerano operazioni prive di sostanza economica "i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato".

Possono definirsi vantaggi fiscali indebiti invece "i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario".

Secondo la giurisprudenza. infatti, "in materia tributaria ricorre l'abuso del diritto, enucleabile in base ai principi di capacità contributiva e di progressività ex art. 53 Cost, ogni qual volta si sia in presenza di una o più costruzioni di puro artificio che, pur se non contrastanti con alcuna specifica disposizione, sono realizzate al fine di eludere l'imposizione e siano prive di sostanza commerciale ed economica; di talché, per configurare la condotta abusiva è necessaria un'attenta valutazione delle "ragioni economiche" delle operazioni negoziali che sono poste in essere, in quanto, se le stesse sono giustificabili in termini oggettivi, in base alla pratica comune degli affari, minore o del tutto assente è il rischio della pratica abusiva; se invece tali operazioni, pur se effettivamente realizzate, riflettono, attraverso artifici negoziali, assetti di "anormalità" economica, può verificarsi una ripresa fiscale là dove è possibile individuare una strada fiscalmente più onerosa. In tal senso, la prova dell'elusione deve incentrarsi sulle modalità di manipolazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonché sulla loro mancata conformità ad una normale logica di mercato"[4].

La conseguenza del comportamento antielusivo sarà l'inopponibilità dell'abuso all'amministrazione finanziaria, che pertanto non riconoscerà al contribuente i vantaggi indebitamente conseguiti ed applicherà il regime tributario opportuno, tenendo conto di quanto già versato. Le condotte abusive quindi, per espressa previsione del citato art. 10bis, non sono penalmente punibili, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.

Per fare qualche esempio pratico di elusione fiscale, si pensi ad un notaio che acquista servizi per l'esercizio della propria attività - senza averne effettiva necessità - da una società a costi gonfiati: in questo modo diminuiscono i ricavi del professionista ed aumentano quelli dell'azienda, generando un indebito risparmio d'imposta[5]. Oppure l'atto di vendere alcune quote ad un'azienda sita in un paradiso fiscale (che poi le rivende subito ad altra società) genera una plusvalenza indebita che configura elusione[6].

Si segnala infine che, in sede di accertamento, l'abuso del diritto può configurarsi solo in via residuale rispetto alla simulazione od ai reati tributari, quali l'evasione o la frode. Ossia solo se i vantaggi fiscali indebitamente conseguiti non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche norme tributarie.

Non si considerano abusive invece, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondano a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente. L'onere di dimostrare l'esistenza di tali ragioni extrafiscali ricade in ogni caso sul contribuente.

Diversamente, l'evasione fiscale è la vera e propria violazione di norme imperative in materia fiscale (ad esempio, dal momento che la legge obbliga a fatturare la vendita di beni ai fini dell'imposizione dell'Imposta sul Valore Aggiunto, effettuare delle vendite in nero comporta l'evasione dall'imposta stessa).

Talvolta, soprattutto con il superamento di determinate "soglie di punibilità", l'evasione configura un vero e proprio reato, ossia un illecito penale.[7] La fonte principale in materia è il D. Lgs. 74/2000 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto).

Il decreto legislativo è così strutturato: il Titolo I, con il solo art. 1 contiene tutte le definizioni utili ai fini della disciplina in oggetto[8]; il Titolo II tratta i delitti in materia fiscale; il Titolo III contiene le Disposizioni comuni (per esempio in materia di pene accessorie o scusabilità per errore dipendente da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme tributarie); il Titolo IV concerne i rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra procedimenti, e infine il Titolo V chiude con le disposizioni di coordinamento e finali.

Il secondo titolo, in particolare, divide i delitti di evasione in due categorie: delitti in materia di dichiarazione e delitti in materia di documenti e pagamento di imposte.

- Rientrano tra i primi: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, la dichiarazione infedele e l'omissione della presentazione della dichiarazione. Tali delitti non sono punibili a titolo di tentativo.

- Rientrano tra i secondi invece: l'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (da cui è escluso il concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, in deroga alla disciplina ex art. 110 c.p.)[9], l'occultamento o la distruzione di documenti contabili, l'omesso versamento di ritenute dovute o certificate, l'omesso versamento dell'IVA, l'indebita compensazione ed infine la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (es. la stipulazione di negozi giuridici simulati, come la finta vendita, per evitare di pagare le imposte su un bene immobile).

Come anticipato, tra le norme citate spesso è previsto un limite minimo di evasione (es. per imposte pari ad almeno 50.000 euro): al di sotto della soglia di punibilità per la configurazione del reato tributario, la stessa fattispecie si configura "solo" quale illecito amministrativo, che è punibile appunto con la sanzione amministrativa.

Una differenza meritevole di essere rilevata è che, mentre per la configurabilità dell'elusione è necessario il conseguimento di un vantaggio indebito in capo al contribuente, in assenza del quale non si configura l'illecito, nel caso invece dei reati tributari, taluni di questi sono configurabili anche con la sola omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi, non essendo necessaria la dimostrazione della produzione di un effettivo danno economico per l'amministrazione finanziaria: viene così anticipata la tutela tramite la configurazione del delitto come reato di pericolo o mera condotta (così per esempio l'art. 5 d.lgs. 74/2000)[10].

Inoltre, mentre i delitti tributari sono puniti a titolo di dolo, diversamente negli illeciti amministrativi si può rispondere anche per concorso colposo con il professionista cui ci si è affidati per culpa in vigilando o negligenza, cioè per non aver controllato in caso di dichiarazione infedele o mancata presentazione della dichiarazione dei redditi.

In materia fiscale, infatti, vige il principio di personalità dell'obbligo dichiarativo: sarebbe buona norma, dunque, qualora ci si affidasse per la propria dichiarazione dei redditi ad un professionista, conservarne una copia firmata. Per la più recente giurisprudenza, infatti, al fine di evitare un giudizio di colpevolezza, quantomeno si dovrebbe contattare il professionista per sapere se la trasmissione telematica sia andata a buon fine[11].

Dunque, per cercare di fare un'estrema sintesi:

  • rientrano nel risparmio d'imposta, e sono dunque legittime, tutte quelle operazioni economiche realizzate scegliendo tra gli atti e i contratti messi a disposizione dell'ordinamento quelli meno onerosi fiscalmente;
  • configurano invece un abuso del diritto le operazioni realizzate eludendo la ratio della legge o dei principi generali dell'ordinamento con lo scopo e l'effetto principale di conseguire un indebito risparmio d'imposta e la contestuale assenza di sostanza economica: il carattere indebito del vantaggio costituisce il discrimen tra elusione e risparmio legittimo d'imposta;
  • costituiscono evasione fiscale invece le operazioni - essenzialmente distrattive - che violino specifiche disposizioni normative: tra queste le dissimulazioni, le simulazioni, le frodi e le interposizioni fittizie.

Attenzione però: la violazione di norme antielusive specifiche non comporta una semplice elusione ma sanzioni riconducibili all'evasione fiscale con il rischio che, oltre alle sanzioni amministrative, possano essere irrogabili anche le sanzioni penali collegate ai reati ex dlgs 74/2000. Infatti, la differenza principale tra l'elusione e l'evasione è che la prima viene perpetrata nel rispetto formale della legge (anche quella antiabusiva), mentre perché si verifichi un'evasione è necessaria la violazione di una norma.

Data la vastità e la complessità della normativa tributaria vigente nel nostro ordinamento, l'amministrazione finanziaria mette a disposizione del contribuente lo strumento dell'interpello preventivo: presentando un'istanza all'amministrazione stessa, il contribuente potrà ottenere un parere (vincolante) dell'Agenzia delle Entrate e così conoscere se le operazioni concrete che intende effettuare costituiscano fattispecie di abuso del diritto, scongiurando così ogni confusione ed errore ed evitando di incorrere in contestazioni fiscali ed eventuali sanzioni. Diversamente, resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale (art. 10bis cit. comma 4). L'Agenzia delle Entrate in ogni caso provvede a pubblicare sul proprio sito internet, in omaggio al principio di trasparenza e di affidamento, le risposte agli interpelli più frequenti o significativi, fornendo così una casistica "anti abuso" per i cittadini.

Il fatto che l'elusione fiscale non costituisca reato, tuttavia, non rende per ciò solo la fattispecie meno gravosa: le conseguenze dei plurimi danni all'erario perpetrati attraverso una scorretta applicazione delle discipline tributarie ricadono su tutti i contribuenti. Infatti, il sistema impositivo statale trova la propria ratio anche nel finanziamento dei servizi pubblici essenziali che uno Stato sociale intende fornire ai propri cittadini. Il patrimonio che non rientra nelle casse dello Stato per finanziare l'istruzione, la sanità o l'assistenza sociale, verrà a ricadere su tutti i contribuenti, costretti quindi a sostenere costi maggiori a livello fiscale o di servizi.

Dott.ssa Chiara Battistoni


[1] Ricordiamo infatti la riserva di legge vigente anche in materia tributaria: nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge (art. 23 Cost.).

[2] L'art. 10bis è stato introdotto con Decreto Legislativo 128/2015.

[3] L'abuso del diritto è un istituto di natura civilistica che può essere definito - in modo molto breve e per nulla esaustivo - come l'esercizio anomalo delle prerogative concesse dalla legge. In assenza di un'espressa definizione codicistica, prolissa e discordante è stata la letteratura della dottrina sul punto. Dai vari studi tuttavia emergono complessivamente i seguenti requisiti identificativi: il rispetto formale della norma di legge; la titolarità di un diritto soggettivo e la relativa capacità di esercitarlo; una previsione normativa poco puntuale in merito alle modalità di esercizio di tale diritto, lasciando aperte possibilità di scelta al titolare su come rivendicarlo; un vantaggio tratto dai benefici previsti dal diritto ed il carattere sostanzialmente indebito di tale vantaggio, che contrasta con la ratio per cui era stato previsto il diritto (infatti, come vedremo più avanti, il carattere indebito del vantaggio costituisce il limen tra elusione e risparmio legittimo d'imposta).

[4] Cass. Sez. V Tributaria, sentenza 27158 del 06-10-2021.

[5] Ord. Cass. 2083, Sez. Tributaria del 29-01-2021.

[6] Sent. 2073, sezione Tributaria del 29-01-2021.

[7] Cass. 34881, sezione Terza Penale del 21-09-2021 (R.d. 16.03.1942, n. 267, art. 216) (D.lgs. 10.03.2000, n. 74 art. 5). L'imprenditore che non presenta la dichiarazione e poi fallisce a causa del dissesto finanziario rischia una condanna per bancarotta documentale ed evasione fiscale. In questi casi non sussiste bis in idem.

[8] L' art. 1 definisce:

  • fatture e documenti
  • elementi attivi e passivi
  • dichiarazioni
  • fine di evadere le imposte
  • sui fatti commessi da chi agisce in nome e per conto di società enti o persone fisiche
  • imposta evasa
  • l'operatività delle soglie di punibilità
  • operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente (lettera g bis)
  • mezzi fraudolenti

[9] Ex art. 9 D. Lgs. 74/2000.

[10] Cass. Pen. Sez. III n.20856/2018.

[11] Sent. 25530, Cass. Sez. Terza Penale del 06-07-2021.