La commissione di un fatto in tempo di notte, non configura di per se’ la circostanza aggravante della minorata difesa 

03.04.2022

Sezioni Unite Penali - sentenza n. 40275/2021

La Corte di Cassazione Penale con sentenza n. 40275/2021 chiarisce, attraverso un principio di diritto, l'ambito di applicabilità dell'aggravante della minorata difesa ex art. 61, primo comma, n. 5 c.p.

Orientamenti giurisprudenziali prima della sentenza

Un primo orientamento ritiene "che la commissione del reato in tempo di notte integri di per sé gli estremi della circostanza aggravante della minorata difesa".

Tale orientamento risulta ben consolidato in alcune decisioni[1], mentre altre volte discostandosi parzialmente dal principio riteneva che "la commissione del reato in tempo di notte integra la circostanza aggravante in esame soltanto se sia verificato in concreto che ne sia conseguita una effettiva minorazione delle capacità di difesa pubblica o privata"[2].

Il problema è che una presunzione c.d. assoluta di minorata difesa nel caso di reati commessi in tempo di notte svilisce l'accertamento in concreto del fatto (ad es. applicare l'aggravante in un furto commesso di notte all'interno di una discoteca piena di persone).

Un secondo orientamento riteneva che il "tempo notte" sia un elemento neutro da tenere in considerazione insieme ad altre circostanze fattuali[3]. Tale orientamento è stato affermato anche in epoca più recente ove si precisa che "il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono attraverso una complessiva valutazione, di tenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata"[4].

Sebbene questa argomentazione venga condivisa dalla dottrina più autorevole, non valorizza la connotazione di notte e richiede oltre alla verifica concreta della sussistenza anche il ricorrere di altre circostanze fattuali. Giunge così alla conclusione che la commissione del reato in tempo di notte non rientra di per sé tra le circostanze valorizzabili ex art. 61 primo comma n. 5 c.p.

Oltre a tali principali orientamenti, vi è un altro orientamento, c.d. intermedio, non dominante, che ritiene che ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante in oggetto sia necessario verificare in concreto che questa abbia generato una situazione di minorata difesa[5].

Oltre ad una valutazione della circostanza della notte, è necessaria una valutazione sulle circostanze ulteriori come, ad esempio, la valenza nel locus commissi delicti di un sistema di videosorveglianza.

Un primo orientamento esclude l'aggravante solo se il sistema di videosorveglianza è efficace ad impedire il fatto[6].

Secondo un diverso indirizzo, il sistema di videosorveglianza consente unicamente ex post una più rapida identificazione del ladro senza far venir meno la situazione di minorata difesa[7].

Orientamento della Corte di Cassazione, Sezioni Unite

La sentenza della Suprema Corte in oggetto, al punto 17, dopo una chiara esposizione degli orientamenti contrastanti, in conclusione afferma che la questione debba essere risolta secondo la seguente ratio:

«ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, c.p., le circostanze di tempo, di luogo o persona, di cui l'agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità - oggetto di profittamento - in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato»..

Successivamente statuisce quindi che «la commissione del reato in tempo di notte può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano in concreto rimaste ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto».

Per quanto riguarda invece l'impianto di videosorveglianza nel locus commissi delicti, al punto 19, la Suprema Corte afferma come non sia possibile enunciare ancora un principio di diritto.

Di contro, la presenza di un impianto atto a consentire ex post l'individuazione dei colpevoli, collegato ad una centrale operativa, può escludere la circostanza aggravante. Diverso il caso in cui sia spento, disattivato o privo di collegamento con le centrali operative poiché non rileverà ai fini dell'esclusione.

La Suprema Corte dunque, in base a quanto sopra riportato, ha ritenuto fondato il ricorso proposto: la circostanza aggravante ex art. 61, primo comma, n. 5 c.p. non può ritenersi configurata ogni qualvolta il furto sia avvenuto in un piazzale sorvegliato da un dispositivo di videocontrollo collegato ad un sistema di vigilanza privato.

Dott.ssa Veronica Patria


[1] Cass. Pen., Sez. II, 13 ottobre 1980, n. 2947; Cass. Pen., Sez. V, 16 gennaio 1969, n. 34; Cass. Pen., Sez. V, 26 febbraio 2018, n. 20480.

[2] Cass. Pen., Sez. II, 17 febbraio 1969, n. 352; Cass. Pen., Sez. II, 13 dicembre 2005, n. 5266.

[3] Cass. Pen., Sez. I, 20 maggio 1987, n. 346.

[4] Cass. Pen., Sez. II, 18 gennaio 2011, n. 3598; Cass. Pen., 1 febbraio 2021, n. 9569.

[5] Cass. Pen., Sez. V, 13 gennaio 2020, n. 7026.

[6] Cass. Pen., Sez. V, 6 febbraio 2019, n. 32813.

[7] Cass. Pen., Sez. IV, 14 febbraio 2019, n. 10060.