La tutela penale dell’attività sportiva e il nuovo reato di cui all’art. 586 bis cod. pen.

08.04.2022

Il Decreto Legislativo 1° marzo 2018, n. 21 ha introdotto una importante tutela penale dell'attività sportiva, introducendo nell'ordinamento giuridico l'articolo 586 bis all'interno del codice penale che punisce l'utilizzo o la somministrazione di sostanze dopanti al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.

A distanza di circa 22 anni dall'entrata in vigore della L. 14 dicembre 2000, n. 376, mancava una figura di reato all'interno del nostro ordinamento che desse una adeguata rilevanza penale a determinate condotte, ritenute sempre più allarmanti e cresciute esponenzialmente nel mondo dello sport.

La fattispecie incriminatrice è posta, in primis, a tutela del diritto alla salute ex art. 32 Cost., e - di riflesso - ha la funzione di proteggere lo svolgimento leale della competizione sportiva.

Le sostanze oggetto di censura da parte del legislatore penale sono contenute in apposite tabelle rilasciate dal Ministero della Salute che vengono aggiornate periodicamente. Prima di individuare la posizione della fattispecie all'interno dell'ossatura del codice Rocco, occorre premettere che l'art. 586 bis è un reato di mera condotta, di pericolo presunto e comune.

Per meglio comprendere l'importanza del reato de qua vi è da considerare la collocazione strategica del delitto all'interno del Libro II, Titolo XII, Capo I, essendo mirabilmente incastonato tra quelli contro la vita e l'incolumità individuale. Un ulteriore riscontro circa l'esatta individuazione del bene giuridico tutelato è ravvisabile nell'aumento di pena previsto "se dal fatto deriva un danno per la salute".

Analizziamo cosa vieta la fattispecie incriminatrice di recente introduzione, introducendo le differenti condotte tipiche previste dalla norma.

Il primo comma del testo dell'art. 586 bis c.p. punisce "salvo che il fatto costituisca più grave reato (...) con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze".

La dottrina - per differenziare le diverse condotte contenute all'interno della fattispecie - ha inteso classificare l'attività illecita di cui al comma primo con la locuzione di "Eterodoping". È comune alle condotte penalmente rilevanti e tipizzate dal legislatore, la volontà del soggetto attivo del reato di procurare ad altri, somministrare, assumere o favorire l'assunzione delle sostanze vietate al fine di migliorare le proprie performance, indipendentemente dallo status dell'atleta[1].

La giurisprudenza ha largamente affermato - anche da ultimo - che l'elemento soggettivo richiesto dal tenore letterale della norma per la configurazione del reato è il dolo specifico. Gli ermellini, infatti, non hanno mancato di giustificare tale scelta, "in quanto oltre alla consapevolezza di procurare ad altri o somministrare, assumere o favorire l'uso di farmaci ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche, l'agente deve avere l'intenzione di alterare la prestazione agonistica dell'atleta ovvero di modificare l'esito dei controlli su tali pratiche[2]."

Differisce dalla fattispecie incriminatrice dapprima analizzata, invece, il comma secondo che punisce le condotte di c.d. "Autodoping".

Possiamo far confluire all'interno di questa macro-categoria l'adozione di pratiche mediche vietate non giustificate da condizioni patologiche, al fine di ottenere migliori risultati sulle prestazioni agonistiche[3].

In entrambe le fattispecie è rinvenibile una clausola di riserva penale, quale utile criterio di risoluzione del concorso apparente di norme a favore di un trattamento sanzionatorio più grave.

A corredo della nuova introduzione legislativa vi è la rilevanza penale delle condotte di commercializzazione di sostanze dopanti, attraverso canali illeciti, diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre struttura che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente[4]. Qualora il soggetto attivo del reato di cui al comma 7 dell'art. 586 bis del codice penale fosse un professionista sanitario, alla condanna conseguirebbe l'interdizione temporanea all'esercizio della professione, oltre alla confisca obbligatoria dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.

È bene, al termine del contributo, tracciare un breve riferimento alle sanzioni previste per il delitto esaminato.

La pena individuata dal legislatore è la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa da € 2.582 a € 51.645, salvo gli aumenti dosimetrici della sanzione considerabili dal giudice se dal fatto deriva un danno per la salute[5], se lo stesso è commesso nei confronti di un minorenne ovvero se il soggetto attivo del reato è un componente o dipendente del CONI, di una FSN, una DSA, una società, un'associazione o un qualsivoglia ente riconosciuto dal Comitato Olimpico[6].

Il delitto è procedibile d'ufficio e la sua competenza appartiene al Tribunale in composizione monocratica, salvo per le ipotesi di cui al comma 7, per le quali è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per quanto concerne il profilo processuale per il reato ex art. 586-bis cod. pen., il codice di rito non consente l'arresto in flagranza di reato, il fermo e alcuna misura cautelare personale.

Dott. Gianmarco Meo


[1] Cass. pen., sez. III, 29 maggio 2020, n. 16437, "Per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti), previsto dall'art. 9, legge 14 dicembre 2000, n. 376 in materia di lotta contro il "doping"(fattispecie ora inserita nell'art. 586-bis cod. pen.), non è richiesto che l'attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico."

[2] Cass. pen., sez. III, 9 luglio 2018, n. 30889 in Massimario CED

[3] Art. 586 bis, co. 2, cod. pen., "La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche."

[4] Art. 586 bis, co. 7, cod. pen., "Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi indicate dalla legge, che siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero idonei a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468."

[5] A parere di chi scrive, un argomento decisivo a favore di chi considera che il bene giuridico tutelato dall'art. 586 bis c.p. sia la salute individuale e collettiva è da ricercare che il primo aggravio alla sanzione dosimetrica è destinato a chi compie il reato e subisce un danno per la sua salute e per quella degli altri.

[6] Art. 586 bis, co. 3, cod. pen., "La pena è aumentata: a) se dal fatto deriva un danno per la salute; b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano"