Le disposizioni anticipate di trattamento

18.04.2022

Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge n. 219 del 2017, disciplinante il consenso informato, le disposizioni anticipate di trattamento e la pianificazione condivisa delle cure.

Il citato testo legislativo compie un primo e fondamentale passo verso l'obiettivo di bilanciare, da un lato, l'indisponibilità del bene vita e la tutela della salute, e, dall'altro, il diritto all'autodeterminazione dell'individuo.

Invero, il progresso della tecnologia in campo medico, con conseguente aumento delle possibilità terapeutiche, ha comportato la nascita di problematiche completamente nuove, legate alla tutela della dignità del paziente: casi tristemente celebri, come quelli di Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e, in ultimo, DJ Fabo, hanno sottolineato, con sempre maggiore evidenza, la necessità di rendere possibile, per chi lo desiderasse, l'assunzione di scelte ponderate in ordine all'interruzione delle cure o, addirittura, della propria vita.

Nodo centrale della disciplina è la formazione di una consapevole volontà dell'individuo in ordine ai trattamenti sanitari da intraprendere o da interrompere, delle loro conseguenze e degli effettivi miglioramenti conseguibili attraverso i medesimi. Tale risultato è da raggiungersi tramite il dialogo tra medico e paziente: emerge una rivalutazione del rapporto tra i detti soggetti, che assume dei connotati simmetrici, seppur non paritari, e che supera la tradizionale concezione paternalistica che l'ha sempre caratterizzato. Invero, le decisioni circa la salute di un individuo non sono prese unilateralmente dal personale medico, ma sono assunte all'esito di una discussione tra i due soggetti coinvolti.

La legge esaminanda è suddivisibile in tre grandi macro aree, a seconda che la volontà espressa sia attuale, per un'eventualità futura o di tipo programmatico, distinguendosi, rispettivamente, in consenso informato, disposizioni anticipate di trattamento e pianificazione condivisa delle cure.

Oggetto di un acceso dibattito, fortemente influenzato dalle argomentazioni di carattere religioso ed etico che permeano il sostrato culturale e giuridico italiano, sono le disposizioni anticipate di trattamento, (cd. "D.A.T." o, impropriamente, "testamento biologico" o anche "biotestamento"), disciplinate all'art. 4 della l. 219/2017. Esse possono definirsi come <<la manifestazione di volontà di una persona che, temendo di perdere, per malattia o intervento chirurgico, la capacità di intendere e di volere, individui i trattamenti sanitari ed il percorso terapeutico cui la stessa intenda sottoporsi, potendo altresì attribuire ad una persona (cosiddetto fiduciario) l'incarico di prendere le decisioni terapeutiche in propria vece, per il tempo in cui non sarà in grado di farlo autonomamente>>. [1]

Le DAT possono essere disposte da qualsiasi soggetto maggiorenne, purché capace di intendere e volere, e la competenza a riceverle è del Notaio, degli Uffici consolari italiani (nell'esercizio delle funzioni notarili, per i cittadini italiani all'estero), dell'ufficio di stato civile del Comune di residenza e delle strutture sanitarie competenti nelle regioni che ne abbiano regolamentato la raccolta.

Si tratta di un negozio personalissimo, unilaterale, non recettizio e da redigersi per atto pubblico, scrittura privata autenticata o scrittura privata consegnata personalmente presso l'ufficio dello stato civile del Comune di residenza; altresì, è destinato ad avere efficacia nel momento in cui il disponente non sarà capace e la sua volontà non potrà essere rinnovata.

L'espressione della volontà deve essere preceduta dal serio perseguimento di un confronto con il personale medico, relativamente alle certe, possibili o eventuali condizioni future di salute del disponente e ai trattamenti sanitari, agli accertamenti diagnostici, alle scelte terapeutiche.

Il soggetto competente a ricevere le DAT è tenuto a verificare l'avvenuta acquisizione delle informazioni, ma non a effettuare una valutazione circa la correttezza e/o l'opportunità delle scelte assunte, in quanto non possiede le adeguate competenze tecniche e scientifiche per fare ciò.

L'oggetto delle predette disposizioni può riguardare anche la nomina di un fiduciario.

Il fiduciario è un soggetto che, in caso di incapacità o di impossibilità di esprimersi del paziente, comunica la volontà del paziente nell'ambito delle interazioni col personale medico. La sua nomina non è indispensabile ai fini della validità delle DAT, bensì può costituire un'aggiunta di grande valore per l'attuazione delle stesse. Invero, nel caso in cui le disposizioni del paziente siano incerte o lacunose e lo stesso non possa rinnovarle, la dottrina ritiene che il fiduciario possa esprimere una volontà interpretativa e non propria, ma comunque finalizzata ad integrare quella del soggetto ormai incapace.

Ulteriore questione discussa è se le DAT possano essere formulate anche da colui che non sia affetto da alcuna patologia o per il quale non vi sia alcuna previsione di una futura incapacità: sebbene il punto non sia chiarito dal testo di legge, si può ritenere che la previa raccolta di informazioni mediche possa essere sufficiente a maturare un'adeguata consapevolezza circa le implicazioni, l'efficacia e l'invasività dei diversi trattamenti, e che consenta al soggetto di disporre coscientemente in merito, anche in assenza di malattia.

La norma, sebbene sia entrata in vigore ormai già da qualche anno, non ha visto una grandissima applicazione; tuttavia, se ne riconosce e sottolinea l'importanza fondamentale per coloro che vivono personalmente o che hanno vissuto indirettamente l'esperienza di patologie o altre condizioni di salute completamente invalidanti. Si parla, ovviamente, di situazioni estremamente gravi, irreversibili, e nelle quali si ritiene che dovrebbe essere riconosciuta al paziente la possibilità di non prolungare il proprio dolore e quello dei propri cari.

È indubbio, infatti, che la vita sia un bene da tutelare sotto ogni forma; tuttavia, ci si chiede se sia possibile definire "vita" alcune condizioni che potrebbero essere, al massimo, ricondotte al termine "sopravvivenza".

Dott.ssa Eleonora Branno


[1] C.N.N., Studio n. 136-2018/C, Le disposizioni anticipate di trattamento.