Il possesso ad usucapionem

30.04.2021

1. Il diritto di proprietà e i suoi modi di acquisto

La proprietà costituisce il diritto reale per eccellenza ed è espressione di una originaria logica individualista che la Costituzione ha provveduto a temperare al fine di privilegiare maggiormente il suo carattere sociale.

L'art. 42 della Carta costituzionale, infatti, afferma che la legge riconosce e garantisce la proprietà privata e ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale.

Il Codice civile nel libro terzo disciplina la proprietà e contiene un capo relativo ai beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici in generale ed una disciplina maggiormente dettagliata riguardante la proprietà privata e i suoi modi di acquisto che si differenziano in derivativi e originari, come previsto dall'articolo 922 cc .

Si parla di acquisto a titolo derivativo della proprietà nel caso in cui il diritto venga trasferito, con la medesima ampiezza ed eventuali limitazioni, ad un soggetto direttamente dal proprietario precedente attraverso una successione inter vivos ovvero mortis causa.

Si ha, invece, un acquisto a titolo originario laddove manchi il trasferimento del diritto da parte del precedente proprietario, bensì la titolarità nasca libera da pesi e dei diritti dei terzi direttamente in capo all'acquirente.

Tra queste modalità di acquisto, il Codice civile prevede dapprima l'occupazione e l'invenzione, istituti che operano in caso di cose mobili di proprietà di alcuno ovvero smarrite dal proprietario.

L'art. 934 c.c. prevede, invece, il principio di accessione in base al quale qualunque piantagione, costruzione o opera esistente sul fondo appartiene al proprietario di questo, salvo l'operatività del cosiddetto diritto di superficie.

La proprietà a titolo originario si acquista anche per unione e commistione se più cose, appartenenti a diversi proprietari, si uniscono senza perdere la propria individualità o diventando indistinguibili.

In caso di utilizzo di materia altrui per formare una nuova cosa l'acquisto originario può avvenire, invece, per specificazione ai sensi e per gli effetti previsti dall'art. 940.

2. Il possesso ad usucapionem

Il possesso ad usucapionem costituisce il modo di acquisto a titolo originario della proprietà della cui operatività maggiormente si discute e che si differenza rispetto a quelli sopra esposti, tanto nell'oggetto quanto nei presupposti.

L'articolo 1158 c.c., infatti, prevede che la proprietà dei beni immobili e di altri diritti reali di godimento sui beni medesimi, si acquistino in virtù di una situazione di possesso protrattasi in modo continuato per 20 anni.

L'acquisto, quindi, non ha ad oggetto solo la proprietà di determinati beni, ma può riguardare anche diritti di godimento sul presupposto che si provi l'esistenza di un potere di fatto uti domini sulla cosa.

Ai fini dell'usucapione il possesso deve essere stato assunto in modo pacifico, non attraverso uno spoglio violento o clandestino, e deve mantenersi nella sfera del possessore in modo ininterrotto e non equivoco.

Ulteriore requisito affinché operi l'istituto è che il possesso risulti corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale; si può possedere, infatti, direttamente o per mezzo di altra persona che ha la detenzione della res.

L'articolo 1164 c.c., disciplinando l'istituto della c.d. interversione del possesso, infatti, prevede che chi ha la detenzione su cosa dichiaratamente altrui non possa usucapirne la proprietà, salvo che il suo titolo non risulti mutato per causa proveniente da terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il proprietario.

3. L'usucapione come esigenza di certezza dei diritti

Affinché si stabilizzi l'acquisto per usucapione è necessario che, in pendenza del periodo previsto dalla legge, il proprietario rimanga inerte disinteressandosi del bene che, di fatto, sembra essere nella titolarità del reale possessore.

Il crearsi della situazione di incertezza agli occhi dei terzi circa la reale titolarità della res impone un rimedio alla luce della funzione sociale costituzionalmente riconosciuta a tale diritto.

Nel nostro ordinamento, infatti, nonostante il principio generale di imprescrittibilità del diritto di proprietà che afferma la possibilità per il titolare di un diritto di godere come meglio crede della sua proprietà, anche non utilizzandola, l'operare dell'istituto dell'usucapione risponde proprio a questa esigenza di certezza dei diritti.

La mancata reazione da parte del proprietario nei confronti del consolidarsi dell'acquisto in capo al possessore, infatti, giustifica la trasformazione della relazione di fatto di quest'ultimo in relazione di diritto.

4. I rimedi assicurati al proprietario per opporsi all'usucapione

L'ordinamento prevede dei rimedi per il proprietario interessato ad impedire il protrarsi di questa situazione fattuale e il conseguente acquisto della proprietà da parte del possessore.

L'articolo 1165 cc, infatti, ritiene applicabili all'usucapione le norme sulla prescrizione, sulla sospensione e sull'interruzione.

Giova precisare, però, che mentre nella prescrizione per interrompere il termine e impedire così la perdita del diritto basta una mera diffida ad adempiere trasmessa al debitore, nell'usucapione questo non è sufficiente.

Il possesso idoneo all'usucapione, infatti, può essere esercitato anche contro la volontà del titolare del diritto, il quale per interrompere il possesso sarà tenuto a porre in essere un atto che implichi la perdita effettiva del potere uti domini in capo al possessore.

Tale risultato può essere raggiunto attraverso una contestazione nel caso di interversio possessionis o, più in generale, con l'esercizio di un'azione di rivendica a tutela della proprietà ovvero con un'azione negatoria volta a far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa propria.

Tutto quanto sopra esposto si riferisce ai rapporti intercorrenti tra un possessore uti domini e un solo proprietario esclusivo della res.

5. L'usucapione di immobile condominiale

Nell'ipotesi in cui la proprietà appartenga a più soggetti ci si è chiesti se l'istituto dell'usucapione possa o meno operare a favore dell'esclusivo utilizzatore con conseguente eliminazione delle quote degli altri comproprietari.

Nel condominio di edifici, ad esempio, esistono alcune parti che ai sensi dell'articolo 1117 c.c. sono necessariamente di proprietà comune dei singoli titolari delle unità immobiliari.

Su tali parti si instaura una comproprietà con la conseguente operatività delle previsioni sancite dal Codice civile in materia di comunione.

Nello specifico l'art. 1102 cc comma 2, prevede che il partecipante non possa estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, salvo che non compia atti idonei a mutare il titolo del suo possesso e cominci a possedere uti domini.

Con riferimento agli immobili condominiali, l'art. 1117 c.c. fa presumere che sulle parti comuni il condomino possieda uti condomini e non uti domini, con la conseguenza che l'astensione dall'utilizzo della cosa comune per un lasso di tempo considerevole, non può, per ciò solo, comportare un acquisto ad usucapionem.

La giurisprudenza che si è occupata della questione ha affermato, infatti, che il condomino che si dichiari proprietario esclusivo di un bene comune in forza di un acquisto per usucapione, al fine di superare la presunzione di condominialità, deve dare prova del possesso esclusivo e dell'effettiva ed oggettiva esclusione degli altri comproprietari dal godimento.

L'operatività dell'istituto, ad alcune condizioni, può ritenersi, quindi, possibile anche con riguardo all'immobile condominiale.

6. L'usucapione di immobile abusivo

Problema analogo si è posto con riferimento alla possibilità di usucapire un immobile costruito in assenza di permesso ovvero in totale difformità rispetto a quanto in esso indicato.

La disciplina degli immobili abusivi e delle relative sanzioni, contenuta nel TU edilizia, prevede all'art. 46 la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativi a edifici costruiti abusivamente.

Dalla lettura della norma risulta evidente il solo riferimento agli acquisti a titolo derivativo.

Nulla avendo previsto il legislatore in merito agli acquisti a titolo originario, si potrebbe sostenere che in presenza dei presupposti previsti dall'art. 1158 c.c., possa maturare l'usucapione anche a favore di colui che risulta essere possessore uti domini di un immobile abusivo.

Rimarrà salvo, però, in tal caso il potere sanzionatorio della PA di ingiungere al nuovo proprietario la rimozione o la demolizione del fabbricato ai sensi della normativa in materia.

7. L'usucapione in mano pubblica

La tematica dell'acquisto per usucapionem si è posta anche con riferimento ai rapporti tra privati e pubblica amministrazione.

Come analizzato in premessa, infatti, il Codice civile disciplina anche la proprietà pubblica ed elenca agli art. 822 e ss. i beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici.

L'acquisto di un bene in mano pubblica può avvenire a titolo derivativo per l'effetto di cessione da parte dei privati ovvero in conseguenza di espropriazione per pubblica utilità.

Per quanto riguarda gli acquisti a titolo originario, però, non esiste una norma analoga all'interno del codice, specie riguardo alla possibilità di configurare un'usucapione pubblica.

Ci si è domandati, infatti, se sia possibile per la pubblica amministrazione usucapire un bene privato in presenza dei presupposti di cui all'art. 1158 c.c., posto che secondo un principio generale del diritto amministrativo, la pubblica amministrazione nonostante il suo prevalente agire autoritativo, possiede anche capacità di diritto privato ed è soggetta alle regole del codice civile.

In riferimento all'operatività dell'acquisto ad usucapione la problematica si pone laddove ci sia l'interferenza con la materia espropriativa.

La questione, infatti, ha riguardato la possibilità per la pubblica amministrazione di usucapire un bene di cui abbia illegittimamente preso possesso senza utilizzare la procedura espropriativa prevista dalla legge.

Fino all'intervento del legislatore che ha introdotto l'articolo 42 bis nel testo unico espropriazioni, la giurisprudenza di legittimità riconduceva la fattispecie di occupazione illegittima di un immobile da parte della PA alla c.d. accessione invertita.

Secondo tale meccanismo che si rifaceva al principio di accessione, precedentemente citato, si riteneva che l'amministrazione acquisisse retroattivamente la proprietà del fondo nel momento della trasformazione irreversibile dello stesso.

Il nuovo istituto dell'acquisizione sanante, invece, prevede che la PA, valutati gli interessi in conflitto, possa disporre che il bene immobile utilizzato per scopi di interesse pubblico sia acquisito non retroattivamente al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio subito.

In caso di inerzia della parte pubblica in tal senso e il conseguente continuo utilizzo del bene, il privato può ricorrere all'autorità amministrativa con il rito verso il silenzio inadempimento previsto dal c.p.a.

Tale previsione attribuisce al privato un rimedio per reagire al possesso pubblico protrattosi nel tempo al fine di evitare l'operatività dei presupposti di cui al 1158 CC.

Questo potrebbe far propendere per la configurabilità della cosiddetta usucapione in mano pubblica nel caso in cui il proprietario si disinteressi per vent'anni del bene rimanendo inerte.

A riguardo è intervenuta l'Adunanza Plenaria specificando che dal 2003 (data id entrata in vigore del TU espropri) è possibile configurare l'usucapione pubblica, proprio in quanto è da quella data che è stato riconosciuto al privato il potere di opporsi al comportamento appropriativo della PA.

La mancata reazione del privato è idonea a certificare la posizione di fatto della PA che ha goduto del bene per il tempo idoneo ad usucapirlo.

Avv. Giulia Solenni