Stare bene con sè stessi è un diritto. Il diritto alla salute mentale.

22.02.2022

Un argomento che di recente ha suscitato un certo sgomento è stato sicuramente quello riguardante il mancato inserimento del famoso "bonus psicologo" nella Legge di bilancio 2022, consistente in un bonus erogato dallo Stato per un totale di 150 euro per chiunque ne facesse richiesta, senza alcun limite di ISEE (quota che avrebbe potuto raggiungere un tetto massimo di 1600 euro a seconda del reddito del cittadino richiedente).

Seppur solo recentissimamente questa misura abbia visto la sua approvazione in Parlamento, ma con un ammontare di risorse investite decisamente inferiore rispetto a quanto prospettato in precedenza, l'iniziale incapacità di dare avvio a tale manovra ha portato con sé una serie di critiche e movimenti a tutela di un diritto tanto a lungo discusso quanto ad oggi messo da parte dei vari mezzi d'informazione.

Soggetto principale di questo articolo risulta infatti essere una tematica di estrema attualità e importanza per ognuno di noi, soprattutto in questo periodo tormentato dalle difficoltà causate dalla pandemia globale: il diritto alla "salute mentale", due parole collegate tra loro e diffuse da ogni tipo di mezzo di informazione che hanno un significato facile da intuire, eppure non così facile da definire a livello normativo.

L'intento di questo articolo è infatti quello di trovare la risposta a delle semplici domande, attualmente con una risposta non ben definita: qual è la definizione di salute mentale? Com'è tutelata?

Prima di poter parlare a pieno di salute mentale, bisogna anzitutto parlare di uno dei diritti umani più basilari e importanti: il diritto alla salute.

Quello che può essere definito come uno dei più basilari dei diritti umani, trova il suo fondamento a livello internazionale nel comma 1 dell'art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani (DUDU) che afferma che "Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari [...]".

A livello nazionale invece tale diritto è tutelato dall'art. 32 della Cost. che afferma che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività [...]".

Detto ciò, è opportuno sottolineare come ad oggi esista una sola definizione effettiva di salute mentale, ovvero quella posta in essere dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che definisce la salute mentale come "uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità". Tale definizione non è però sufficiente a descrivere l'importanza di tale concetto e ciò che implica.

Nel diritto internazionale esistono diversi documenti non vincolanti che hanno riconosciuto la salute mentale come un diritto umano vero e proprio, in particolare:

  • la Dichiarazione sui diritti delle persone con ritardo mentale (1971);
  • i Principi per la protezione delle persone con malattia mentale e il miglioramento dell'assistenza sanitaria mentale (Assemblea Generale delle Nazioni Unite - 1991).

Nonostante i vari sforzi della politica internazionale, solo nel 2006 è stato effettivamente possibile definire un quadro normativo più completo grazie alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), che ha come scopo quello di "Promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità". Ne segue che la Convenzione divenne il primo strumento giuridicamente vincolante a stabilire degli standard internazionali e a imporre obblighi precisi agli Stati per la tutela delle persone con problemi mentali.

Secondo l'OMS, i fattori determinanti della salute mentale e dei disturbi mentali non derivano solamente da fattori endogeni dell'individuo (capacità personale di gestione dei propri pensieri ed emozioni) ma anche da fattori esogeni, quali il contesto culturale, sociale e politico.

Per questo motivo, il ruolo degli Stati è essenziale per garantire lo standard di salute più alto possibile.

Ne segue che, gli Stati che ratificano il quadro normativo posto dalla CRPD, debbano perseguire la realizzazione degli obblighi imposti al fine di tutelare la salute mentale tramite l'adozione di politiche nazionali che rispettino i principi della Convenzione stessa. Nell'applicare queste politiche, gli Stati devono adeguare le loro attività seguendo determinati principi fondamentali: l'uguaglianza, la non discriminazione, la dignità, la partecipazione effettiva e inclusiva nella società.

In Italia la Convenzione è stata ratificata solo tre anni più tardi, con la L. 18/2009.

È inoltre da sottolineare come la salute "fisica e psichica" nel territorio nazionale sia tutelata dalla l. 833/78, che costituisce i principi fondamentali del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e che afferma: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita' mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignita' e della liberta' della persona umana" (art. 1). Tali principi sono:

  • Universalità: intesa come l'estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione;
  • Uguaglianza: secondo la quale i cittadini devono accedere alle prestazioni del SSN senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche;
  • Equità: secondo la quale a tutti i cittadini deve essere garantita parità di accesso in rapporto a uguali bisogni di salute. Per poter applicare tale principio è necessario:
  • garantire a tutti qualità, efficienza, appropriatezza e trasparenza del servizio e in particolare delle prestazioni;
  • fornire al paziente una comunicazione corretta sulla prestazione sanitaria necessaria per il cittadino e adeguata al suo grado di istruzione e comprensione.

La CRPD può dunque essere considerata come una vera e propria "culla" della nostra salute mentale, che non riguarda soltanto persone affette da disabilità o gravi problemi mentali, ma anche persone che fisicamente possono essere definite "sane", ma che in realtà hanno bisogno di essere aiutate con l'intervento di soggetti esperti e qualificati a prescindere dalle condizioni socio-economiche in cui versano, perché la salute mentale non è e non deve essere un privilegio per pochi, ma un bene di tutti.

È anche per questo motivo che la mancanza del "bonus psicologo" nella Legge di bilancio 2022 ha suscitato scalpore e critiche, poiché non solo ha costituito un mancato aiuto da parte dello Stato a cittadini stanchi e abbattuti dopo gli avvenimenti degli ultimi due anni, ma avrebbe anche potuto configurare una vera e propria violazione dell'art. 32 della Cost., in quanto la Repubblica (in questo caso) non ha tutelato la salute dell'individuo evitando l'applicazione di misure tanto urgenti, quanto necessarie.

Questo scenario non si è però realizzato, poiché in questi giorni il Parlamento ha sì approvato l'applicazione del "bonus psicologo", ma fornendo risorse molto più limitate rispetto a quelle prospettate inizialmente (10 milioni per potenziare le strutture sanitarie esistenti e un bonus massimo di 600 euro per richiedente, rispetto ai 1600 precedentemente proposti).

Viene quindi da porsi una domanda: tali risorse sono sufficienti a tutelare la nostra salute mentale?

Qualora la risposta dovesse essere negativa, ci si troverebbe allora dinanzi ad una violazione del principio di equità del SSN in quanto la qualità e l'efficienza del servizio non risulterebbe essere adeguata, rendendo praticamente inutile l'approvazione del bonus.

Dott. Pierluigi Malazzini