Natura giuridica del condominio

29.04.2024

La natura giuridica della coesistenza di proprietà individuali ed enti comuni è stata oggetto di ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza le quali spesso sono pervenute a conclusioni diverse e contrastanti.

L'orientamento minoritario della dottrina legale stabilisce che il condominio possiede una personalità giuridica, considerando il rapporto tra l'amministratore condominiale e i condomini come parte di una struttura organica, e qualificando l'amministratore come un organo rappresentativo della collettività. Questo approccio è stato supportato dalla legge di riforma condominiale 11/12/2012, n. 220, che ha imposto all'amministratore l'obbligo di separare la gestione del patrimonio condominiale da quello personale proprio o di altri condomini.

Tuttavia, è stato contestato che la semplice co-titolarietà di beni destinati a uno scopo non è sufficiente per attribuire la personalità giuridica, e che le disposizioni relative al condominio non riconoscono esplicitamente tale personalità giuridica in suo favore.

Di conseguenza, il condominio è considerato un ente privo di personalità giuridica, e di conseguenza l'amministratore è qualificato come mandatario. 

Ciò implica l'esistenza di un rapporto di rappresentanza volontaria derivante da un mandato collettivo tra l'amministratore e i condomini. Pertanto, è necessario che il singolo condomino sia considerato sempre parte nella controversia tra il condominio e altri soggetti, anche se rappresentato ex mandato dall'amministratore.

Anche la giurisprudenza successiva ha continuato a ritenere che "nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune e non la sola gestione dei beni comuni l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini di poter agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né di intervenire nel giudizio. In cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore"[1].

Nonostante sembrasse chiara la direzione intrapresa dalla giurisprudenza di legittimità a fronte di un immutato quadro normativo non sono sopiti i dibattiti relativi alla legittimazione del singolo condomino di agire in giudizio, intervenire o impugnare una sentenza sfavorevole al condominio anche a fronte dell'inerzia o acquiescenza dell'amministratore. Di talché, si è resa necessaria un'ulteriore chiarezza da parte della Suprema Corte, riunita nella sua composizione più autorevole, che ha escluso l'attribuzione di personalità giuridica al condominio e ha ribadito la sua soggettività giuridica autonoma.

La Corte ha chiarito che la legittimazione del condominio si aggiunge a quella dei singoli condomini, i quali possiedono il potere di agire in giudizio e impugnare decisioni che coinvolgono diritti reali inerenti alle cose comuni, come tali necessariamente legati da un nesso di accessorietà e strumentalità con i beni di loro successiva proprietà. 

Viceversa è del condominio, in persona dell'amministratore, l'esclusiva legittimazione ad agire in giudizio o impugnare la sentenza quando in gioco vi siano interessi solo comuni, indifferenziati, attinenti non a diritti sui beni, bensì alla loro gestione[2].

Dott.ssa Giulia Luca


[1] Cass. sent. del 18/01/2017 n. 29748; Cass. sent. del 09/11/2017 n. 26557; Cass. sent. del 06/08/2015 n. 16562.

[2] Cass. Sez. Un. Sent. de 18/04/2019 n. 10934.