Vendita di immobile abusivo e nullità del contratto

22.04.2024

È valido il contratto di compravendita che ha ad oggetto un immobile abusivo? Il compratore può domandare la nullità della compravendita se rilevano difformità della costruzione rispetto al titolo?

L'abusivismo edilizio è un fenomeno contrario alla legge che consiste nella realizzazione di edifici e manufatti edilizi in mancanza degli atti abitativi richiesti dalla legge (licenze, concessioni o permessi di costruire…) o difformità degli atti dalla legge.

L'attuale normativa prevede 3 tipi di sanzioni che sono rivolte alla repressione del "fenomeno": sanzioni civili, sanzioni penali e sanzioni amministrative.

In questo scritto verranno prese in considerazione e analizzate le sanzioni civili ed in particolare l'eventuale nullità del contratto

Orbene, la legge prevede alcune tipologie di nullità degli atti di disposizione di immobili abusivi, con la finalità, ovviamente! di scoraggiare la circolazione e la costruzione di edifici in violazione della normativa edilizia. In genere, quando si parla di vendita e/o di commercializzazione del bene abusivo, si fa riferimento alle conseguenze civilistiche del trasferimento (atto di compravendita) e di costituzione di diritti reali su beni non in regola con le norme urbanistiche.

Arrivati a questo punto della trattazione, farei una differenza tra beni incommerciabili, come i beni demaniali, che sono insuscettibili di costruire oggetto di qualsiasi tipo di atto e immobili abusivi dove l'incommerciabilità non riguarda il negozio giuridico produttivo di effetti personali come ad esempio un contratto di locazione.

Com'è disciplinata la vendita di immobili nella disciplina codicistica?

Oltre che dall'art. 1350 c.c. e dagli artt. 1470 e ss c.c. , la vendita è integrata da una legislazione speciale data dalla L. 47/1985 ed in particolare dagli artt. 17 e 40 della stessa legge che vanno a comminare la nullità degli atti di trasferimento di diritti reali su immobili tra soggetti viventi, ove essi non contengono la dichiarazione del soggetto alienante (venditore) da cui risulterebbero gli estremi della concessione edilizia dell'immobile oggetto dell'atto ovvero degli estremi della domanda di sanatoria che il notaio, tra l'altro, è tenuto ad acquisire.

Ora, sugli artt. 17 e 40 della l. 47/1985 ci sono stati nel corso degli anni orientamenti contrastanti della Suprema Corte di Cassazione.

Da un lato è stato affermato che gli artt. 17 e 40 non prendono in considerazione l'ipotesi della irregolarità sostanziale del bene sotto il profilo urbanistico e in questo caso ci sarebbe, dunque, una nullità formale dell'atto perché? Perché la validità del contratto è necessaria solo e soltanto la dichiarazione urbanistica del venditore; altro orientamento, invece, ha affermato che la nullità sarebbe sostanziale e vi sarebbe una difformità tra il bene venduto e il progetto del bene oggetto.

A risolvere la questione c'hanno pensato le Sezioni Unite nel 2019 con la sent. n. 8230 che hanno affermato che "La nullità comminata dalle norme in questione va ricondotta nell'ambito del co. 3 dell'art. 1418 cc e deve qualificarsi come una nullità testuale, […] volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell'immobile. Il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato".

Invero, per la dichiarazione dell'atto dell'alienante da cui risultano gli estremi della concessione edilizia, l'acquirente deve utilizzare tutta la sua diligenza per le indagini da effettuare per appurare la regolarità del bene e valutare dunque, la convenienza o meno dell'affare.

Ora, la sanzione che ben potrebbe incidere, sarebbe la demolizione ex art. 31 co. 2 e 3 del DPR 380/2001 prevista nei confronti del costruttore e del proprietario. La demolizione ha carattere reale e non incontra particolari limiti nel tempo perché l'abuso edilizio è un illecito permanente e l'eventuale inerzia dell'amministrazione non è idoneo a sanarlo… il tutto nonostante il decorso del tempo.

Finalmente possiamo rispondere alle domande fatte all'inizio!

Alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione e alla luce di quanto sopra esposto, non si può domandare la nullità dell'atto di compravendita se il titolo autorizzativo esiste ed è stato dichiarato dal venditore nell'atto e non rilevano eventuali difformità della costruzione rispetto al titolo.

In conclusione, possiamo qui affermare che vi è una ipotesi difformità sostanziale tra il titolo abilitativo enunciato nell'atto e la costruzione ma l'acquirente non sarà esposto all'azione di nullità con la conseguente perdita di proprietà dell'immobile ma, se ricorrono i presupposti, potrà essere protagonista di sanzioni previste a tutela dell'interesse reale e generale connesso alle prescrizioni urbanistiche.

Dott.ssa Veronica Riggi