L'utilizzo a scopo difensivo di un'arma da fuoco, in risposta ad episodi di aggressione nel proprio domicilio risulta ammissibile?
La giurisprudenza afferma oramai pacificamente che l'uso di un'arma, purchè legittimamente detenuta, può dirsi reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati (intendendosi anche un negozio o un luogo di lavoro). Tuttavia, è necessario premettere che l'uso di un'arma da fuoco come legittima risposta difensiva a seguito dell'intrusione domiciliare, non è sempre ammissibile, ma per essere qualificata tale richiede il rispetto di determinate condizioni:
- in primo luogo, considerando il contenuto di cui all'art. 52 c.p., la legittima difesa si configura qualora sussista il pericolo di un'offesa ingiusta (intesa come ogni aggressione ingiustificata contro un diritto proprio o altrui) e qualora tale pericolo sia attuale, ossia imminente e persistente e non invece futuro;
- in secondo luogo, nessun'altra condotta qualificabile come lecita o meno lesiva può essere effettivamente adottata in alternativa nelle circostanze concrete, rendendo dunque l'uso dell'arma da parte dell'aggredito un'esigenza difensiva necessaria;
- inoltre, la difesa deve essere proporzionata all'offesa. Il requisito della proporzione tra offesa e difesa deve essere valutato con giudizio "ex ante", confrontando dunque non solo i mezzi usati con quelli a disposizione del soggetto aggredito, ma anche i beni giuridici in conflitto. Di conseguenza, si parla si sproporzione tra difesa e offesa nel caso in cui il conflitto sorga tra beni eterogenei, ossia quando l'interesse leso, come la vita o l'incolumità individuale, sia maggiormente rilevante rispetto all'interesse offeso[1];
- infine, deve pur sempre trattarsi di una reazione difensiva all'offesa ingiusta arrecata "all'interno" del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati (difesa "nel domicilio" e non "del domicilio" tout court). Ciò significa che la condotta difensiva, per potersi invocare la scriminante, deve essere compiuta da persona "legittimamente presente" nei luoghi oggetto dell'illecita intrusione o dell'illecito trattenimento.
Tutto ciò premesso, è necessario che l'aggredito rispetti i requisiti tipici di cui all'art. 52 c.p., in quanto una loro inosservanza realizzerebbe l'ipotesi di eccesso colposo nella legittima difesa e di conseguenza la reazione difensiva terminerebbe di essere legittima dando luogo ad un fatto illecito, fonte di sanzione penale e di obbligazione civile risarcitoria (art. 55 c.p.).
Dott.ssa Federica Bontempi
[1] Cfr. Cassazione penale sez. V, 24/09/2020, n.32414