Il termine per l’avvio della mediazione demandata non è perentorio
Cass. Civ., Sez II, 14 dicembre 2021, n. 40035
La Seconda Sezione della Cassazione con la recente sentenza del 14 dicembre 2021 n. 40035 pone fine ad un contrasto giurisprudenziale sulla natura del termine assegnato dal giudice nella mediazione obbligatoria ope iudicis per esperire il procedimento di mediazione.
La Suprema Corte, riformando le sentenze impugnate in primo e secondo grado afferma infatti che sia il Tribunale che la Corte d'appello hanno errato nel considerare come perentorio il termine fissato dal Giudice di primo grado, causando quindi l'improcedibilità della domanda
Ricordiamo che l'art. 5 comma 1 bis del D.lgs. 28/2010 prevede la mediazione obbligatoria nelle materie espressamente elencate, aventi ad oggetto: il condominio, i diritti reali, la divisione, le successioni ereditarie, i patti di famiglia, la locazione, il comodato, l'affitto d'azienda, il risarcimento del danno da responsabilità medica, la diffamazione a mezzo stampa, i contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Pertanto, volendo introdurre una causa avente ad oggetto una delle citate materie, la parte è tenuta ad esperire preliminarmente un tentativo di mediazione e l'omissione del tentativo di mediazione obbligatoria è sanzionato con l'improcedibilità della domanda.
L'art. 5 -comma 2- prevede, invece, la mediazione c.d. delegata, cioè la mediazione disposta dal giudice, il quale -anche in grado di appello e dopo aver compiuto una valutazione discrezionale sulla natura della causa, dell'istruttoria svolta e del comportamento delle parti- può decidere di ordinare alle parti di introdurre il procedimento di mediazione. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello.
Accanto alla mediazione ope legis viene prevista una mediazione ope iudicis introdotta dalla riforma del 2013, anche nelle materie non obbligatorie, in presenza di indici di mediabilità.
La censura della Corte Suprema ha ad oggetto l'interpretazione della disciplina riguardante la mediazione obbligatoria ope iudicis (o demandata) stabilita dagli artt. 5 comma 2 e 2 bis e 6 del D.lgs. 28/2010, stabilendo una volta per tutte che ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, in ipotesi di mediazione delegata, ciò che rileva nel caso di mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, sempre entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, intendendosi per "esperimento" il primo incontro delle parti innanzi al Mediatore conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio del procedimento di mediazione nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che lo dispone.
Mentre le Corti di merito chiamate a pronunciarsi sulla natura del termine di 15 giorni che viene assegnato alle parti dal giudice hanno assunto diverse posizioni: alcune lo hanno ritenuto ordinatorio, altre perentorio e altre hanno escluso che si tratti di un termine endoprocessuale con conseguente inapplicabilità dell'art. 152 c.p.c., la Suprema Corte ha ora delineato la ricostruzione della natura non perentoria del temine di quindici giorni fissato dal giudice.
Occorre infatti ricordare che la mediazione delegata non costituisce attività giurisdizionale e quindi appare impropria l'applicazione di termini perentori in mancanza di espresse previsioni in tal senso; inoltre la sanzione della decadenza richiede una manifestazione di volontà espressa dal Legislatore non desumibile dalla disciplina della mediazione.
L'interpretazione della Corte è coerente con la finalità della mediazione demandata e raggiunge lo scopo a cui è rivolto il procedimento di mediazione, ossia il raggiungimento, ove possibile, di forme alternative -ma altrettanto satisfattive- di tutela delle parti mediante la composizione amichevole delle liti.
Avv. Tiziana Miani-Calabrese