Sulla possibilità per il giudice del rinvio di applicare la continuazione non richiesta con il ricorso per cassazione
Cass. Pen., sez. Vi, 5 marzo 2025, n. 9152
Scarica la pronuncia qui:
A cura di Dott. Marco Misiti
Massima: nel giudizio di rinvio non può chiedersi il riconoscimento della continuazione, non oggetto del precedente giudizio di appello, neanche nel caso in cui la stessa sia invocata con riguardo a delitti per i quali il giudicato si sia formato solo dopo la celebrazione del giudizio di appello, oggetto dell'annullamento con rinvio, sempreché la sentenza rescindente non abbia devoluto al giudice del rinvio la rivalutazione di punti della decisione concernenti anche l'art. 81 c.p.
Con sentenza del 5 marzo 2025, n. 9152, la Sesta Sezione penale della Corte di cassazione ha affrontato la seguente novità interpretativa su cui, a dire dello stesso giudice di legittimità, non si registrano precedenti specifici in merito: può il giudice del rinvio pronunciarsi sull'applicabilità della continuazione esterna tra il reato oggetto del giudizio e altro reato la cui sentenza di condanna è passata in giudicato dopo la sentenza di appello annullata con rinvio?
In breve, il dettaglio dei procedimenti che hanno interessato la risoluzione del caso concreto:
- nell'ambito di altro procedimento, la Corte di appello di Roma, con provvedimento del 3 dicembre 2018, ha condannato l'imputato;
- la Corte di appello di Roma, con provvedimento del 26 novembre 2020, ha ritenuto l'imputato colpevole del reato di usura di cui all'art. 644 c.p.;
- nell'ambito di altro procedimento, il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Velletri, con provvedimento del 13 maggio 2021, ha disposto l'applicazione della pena su richiesta delle parti;
- a seguito del ricorso per cassazione avanzato dall'imputato per motivi non concernenti la continuazione, la Corte di cassazione, con sentenza del 16 gennaio 2023, n. 1255, annullava la sentenza del 26 novembre 2020, limitatamente all'applicazione di una circostanza aggravante;
- in sede di rinvio, la Corte di appello di Roma, oltre a pronunciarsi sulla circostanza aggravante, applicava la disciplina della continuazione rispetto ai reati giudicati con sentenza del 3 dicembre 2018, negando la possibilità di riconoscere la stessa rispetto agli illeciti oggetto della sentenza del 13 maggio 2021.
Dato il solo parziale accoglimento delle proprie richieste, l'imputato proponeva ricorso per cassazione richiedendo, tra l'altro, il riconoscimento della continuazione per tutti i reati.
La Suprema Corte ha ritenuto che la richiesta di applicazione della continuazione fosse «radicalmente inammissibile» e che il giudice del rinvio avesse in prima battuta errato nell'esaminare la questione.
Dopo aver precisato che non può prescindersi dall'epoca in cui è stata pronunciata la sentenza avente ad oggetto il reato per cui si richiede la continuazione, tenuto conto che, qualora tale sentenza diventi definitiva «dopo la sentenza di appello annullata con rinvio, si pone il problema di verificarne la possibile deduzione [ndr. della continuazione]», la Suprema Corte ha individuato i casi in cui è riconosciuto al giudice del rinvio il potere-dovere di pronunciarsi sulla questione.
Anzitutto, rileva l'ipotesi individuata dalla Corte di cassazione nella sentenza 3 giugno 2020, n. 16766, consistente nel caso in cui, rispetto a uno dei reati oggetto del giudizio di rinvio e passato in giudicato, viene applicata la continuazione con provvedimento emesso in sede esecutiva in data successiva alla sentenza rescindente. In tal caso, il giudice del rinvio dovrà valutare su richiesta di parte anche la sussistenza dei presupposti per applicare la continuazione tra i reati oggetto del procedimento e quelli giudicati con titolo diverso.
La seconda casistica attiene all'annullamento in sede di legittimità di un punto della decisione concernente anche l'applicazione della disciplina della continuazione. Nel caso in cui il rinvio sia stato disposto ai fini dell'applicazione della continuazione interna, il giudizio rescindente consente di estendere la questione anche ai reati giudicati in altro procedimento.
Fuori da tali ipotesi, secondo la sentenza in esame, a seguito del giudizio rescindente resta preclusa la questione relativa all'applicabilità della continuazione, in ragione di quanto previsto dagli artt. 624, comma 1, e 627 c.p.p. Resta in ogni caso salva la possibilità per la difesa di richiedere l'applicazione della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell'art. 671 c.p.p.