Anche fumetti e disegni possono configurare il reato di pornografia virtuale
Cass. Pen. Sez. III, Sent. del 16 giugno 2025, n. 22579
Massima: "L'art. 609-quater.1 cod. pen., pertanto, non prevede che si debba trattare di immagini di minori reali coerentemente con le vincolanti fonti sovranazionali. 1.6 È stato, quindi, conclusivamente affermato come non si possa escludere l'applicabilità dell'art. 600-quater.1 c.p. alle rappresentazioni fumettistiche, dal momento che vi possono essere anche nei fumetti - immagini la cui qualità di rappresentazione faccia apparire come vere situazioni, ed attività sessuali implicanti minori, che non hanno avuto alcuna corrispondenza confatti della realtà: la qualità di rappresentazione deve essere tale da far apparire come accadute o realizzabili nella realtà e quindi "vere", ovvero verosimili, situazioni non reali, ossia frutto di immaginazione di attività sessuali coinvolgenti bambini".
A cura di Avv. Martina Carosi
Avreste mai immaginato che dei disegni o dei fumetti potessero integrare reato?
Ebbene, la Sezione III della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22579 del 16 giugno 2025 ha stabilito che disegni, fumetti o immagini create al computer, possono integrare il reato di cui all'art.600-quater co.1 c.p.
La pronuncia trae origine dal caso di un uomo a cui veniva contestato il reato de quo per essere stato trovato in possesso di materiale pornografico sotto forma di fumetti e disegni digitali che ritraevano soggetti minorenni in atteggiamenti sessuali.
All'esito del giudizio di primo grado, l'imputato veniva condannato e, successivamente, la Corte d'Appello confermava la decisione del Tribunale.
Dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, la difesa dell'imputato sosteneva che le immagini raffigurate fossero solo ed esclusivamente, frutto di fantasia e pertanto non idonee a ledere l'integrità e lo sviluppo sessuale dei minori.
Gli Ermellini, hanno respinto integralmente il ricorso ritenendo di dover precisare alcuni elementi essenziali.
Anzitutto, concentrandosi sulla nozione di cui all'art.600-quater c.p., che è stato introdotto per mezzo della L.n. 38/2006 con la finalità di tutelare e rafforzare i minori da ogni forma di sfruttamento e/o coinvolgimento in attività sessuali estendendo, pertanto, la punibilità della norma anche ai casi in cui il materiale prodotto sia di fantasia.
La giurisprudenza evidenzia, inoltre, che il legislatore ha voluto tutelare in modo assoluto la sfera sessuale dei minori, vietando non solo gli atti concreti, ma anche le semplici rappresentazioni – anche se non reali – che possano suggerire o simulare il coinvolgimento di minori in pratiche sessuali vietate. In altre parole, sono penalmente rilevanti tutte le condotte che, tramite la rappresentazione, mostrano la possibilità del coinvolgimento di un minore in attività sessuali per le quali egli non può fornire consenso.
La Corte sottolinea che il reato di pornografia virtuale (art. 600-quater.1 c.p.) è un reato di pericolo concreto, non solo astratto. Ciò implica che il giudice deve valutare caso per caso se le immagini virtuali contestate siano effettivamente idonee a mettere in pericolo il bene giuridico protetto, e pertanto, se ne deduce che non tutte le rappresentazioni grafiche sui minori sono punibili, in quanto esse devono possedere un determinato grado di realismo.
Il principio confermato è che solo le rappresentazioni virtuali che appaiono verosimili, cioè realistiche e capaci di simulare scene sessuali con minori, rientrano nel divieto penale. Restano invece escluse le rappresentazioni palesemente irreali, grottesche o fantasiose, che non possono essere confuse con eventi reali né stimolare realmente la morbosità sessuale verso i minori.
La Corte di Cassazione, poi, conferma che i giudici di merito hanno correttamente valutato il materiale sequestrato, rilevando che i fumetti, pur di fantasia, mostravano scene sessuali con minori con un realismo grafico tale da renderle verosimili e penalmente rilevanti. La capacità di queste immagini di stimolare pensieri o impulsi sessuali illeciti verso i minori costituisce il criterio di offensività che giustifica l'incriminazione, criterio che nel caso concreto è stato ritenuto pienamente soddisfatto.
Gli Ermellini escludono, inoltre, l'applicabilità dell'art. 602-quater c.p. (ignoranza inevitabile dell'età) perché, trattandosi di rappresentazioni grafiche e non di persone reali, nessuna percezione scusabile dell'età era possibile, e il ricorrente non ha dimostrato di essersi basato su indicazioni fuorvianti.
Con la sua decisione, la Cassazione conferma che la punibilità del materiale pedopornografico virtuale dipende dalla verosimiglianza e dal realismo delle immagini: solo quelle capaci di simulare atti sessuali reali con minori e di offendere concretamente il bene protetto rientrano nell'art. 600-quater.1 c.p., mentre rappresentazioni manifestamente irreali o caricaturali non sono penalmente rilevanti.
La sentenza in commento chiarisce, pertanto, i confini della liceità, ribadendo la volontà dell'ordinamento di reprimere ogni forma di pornografia minorile, anche virtuale, senza eccedere nei limiti della tassatività e della correlazione tra norma penale e bene giuridico tutelato.