Chi ha diritto all’esonero dal requisito linguistico per la cittadinanza?
C.Cost., 7 marzo 2025, n.25
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A cura di Avv. Beatrice Donati
Massima: È costituzionalmente illegittimo l'articolo 9.1 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), introdotto dall'articolo 14, comma 1, lettera a-bis) del Dl 4 ottobre 2018 n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) convertito dalla legge 1° dicembre 2018 n. 132, nella parte in cui non prevede una clausola di esenzione dalla dimostrazione della conoscenza della lingua italiana per lo straniero che versi in condizioni di oggettiva e documentata impossibilità di acquisirla in ragione di una disabilità.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 25/2025 costituisce un importante intervento in materia di accesso alla cittadinanza italiana da parte di soggetti affetti da gravi disabilità. Il giudice delle leggi ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9.1 della legge n. 91/1992, nella parte in cui non prevede alcuna esenzione dall'obbligo di dimostrare la conoscenza della lingua italiana per i richiedenti impossibilitati ad apprenderla in ragione di disabilità, patologie o età avanzata, attestate da certificazione medica pubblica.[1]
La decisione si inserisce in un contesto normativo che, fino ad oggi, imponeva indistintamente a tutti gli aspiranti alla cittadinanza (sia per naturalizzazione che per matrimonio) la dimostrazione di una competenza linguistica almeno pari al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER). Tale dimostrazione doveva avvenire attraverso titoli di studio italiani o certificazioni rilasciate da enti accreditati presso i Ministeri competenti.[2]
Nel caso esaminato dalla Corte, una cittadina straniera aveva impugnato il rigetto dell'istanza di cittadinanza, motivato dalla Prefettura con l'assenza della prova linguistica. La ricorrente aveva prodotto documentazione sanitaria da cui risultava una grave e permanente compromissione della capacità di apprendimento, derivante da più patologie e dall'età avanzata. Il TAR Emilia-Romagna, investito della controversia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, osservando che l'art. 9.1 non contempla alcuna deroga per i soggetti in condizioni di oggettiva impossibilità di apprendere la lingua italiana.[3]
Nel giudizio dinanzi alla Corte, il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, ha eccepito l'inammissibilità della questione, ritenendo che la scelta di subordinare la cittadinanza alla conoscenza della lingua rientrasse nella discrezionalità del legislatore e che non si potesse imporre una deroga per via giurisprudenziale. La Corte ha però rigettato tale argomentazione, affermando che anche le scelte discrezionali devono rispettare i principi di ragionevolezza, proporzionalità e uguaglianza, specialmente in presenza di situazioni soggettive meritevoli di particolare tutela.[4]
Il centro della motivazione si fonda sull'art. 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza formale e sostanziale. Imponendo lo stesso requisito linguistico a tutti i richiedenti, senza alcuna considerazione per le condizioni soggettive di disabilità, la norma ha finito per trattare in modo eguale situazioni che sono profondamente diverse. In tal modo, secondo la Corte, si è determinata un'ingiustificata disparità di trattamento ai danni di soggetti portatori di handicap, per i quali l'apprendimento linguistico non è realisticamente esigibile.[5]
La Corte ha inoltre richiamato il principio "ad impossibilia nemo tenetur", secondo cui non si può imporre ad un soggetto l'adempimento di obblighi che risultano oggettivamente impossibili da rispettare. Questo principio, ampiamente riconosciuto sia nel diritto civile che nel diritto amministrativo e processuale, trova applicazione anche nei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza, laddove la mancata previsione di un'esenzione si traduce in una condizione insuperabile per alcuni richiedenti.[6]
La decisione trae forza anche da un raffronto con altri ambiti dell'ordinamento italiano. In particolare, sia la disciplina dell'accordo di integrazione (art. 4-bis del d.lgs. n. 286/1998) che quella relativa al permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo prevedono esplicitamente l'esenzione dal requisito linguistico in presenza di disabilità gravi, attestate da certificazioni sanitarie rilasciate da strutture pubbliche[7]. L'assenza di una deroga analoga nella materia della cittadinanza appariva quindi irragionevole e incoerente.
Infine, la Corte ha individuato nella prassi già adottata per il permesso di soggiorno di lungo periodo un modello normativo utile da applicare anche alla fattispecie in esame. È quindi costituzionalmente illegittimo l'art. 9.1 della legge n. 91/1992 nella parte in cui non esonera dalla prova linguistica lo straniero affetto da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico, derivanti da età, patologie o disabilità, attestate da struttura sanitaria pubblica.[8]
Sotto il profilo pratico, la sentenza impone alle Prefetture di considerare le istanze presentate da soggetti con gravi disabilità alla luce della nuova disciplina. I richiedenti che ritengano di rientrare nell'area dell'esonero potranno allegare alla propria domanda: la certificazione sanitaria rilasciata da ASL, INPS o altra struttura pubblica, che attesti in modo chiaro e dettagliato l'impossibilità di apprendere la lingua italiana per gravi motivi cognitivi, neurologici o psico-fisici, eventuali verbali di riconoscimento di invalidità civile o handicap ai sensi della legge n. 104/1992.
Il documento medico dovrà riportare con chiarezza la diagnosi, il grado di compromissione della capacità di apprendimento e la permanenza della condizione, in modo da fornire all'Amministrazione un quadro esaustivo per l'esonero.[9]
La sentenza n. 25/2025 della Corte Costituzionale rappresenta, dunque, un rilevante punto di svolta per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità nell'ambito dei procedimenti amministrativi di acquisto della cittadinanza. Essa chiarisce che l'uguaglianza non può essere interpretata come uniformità, ma richiede una valutazione attenta e proporzionata delle singole condizioni soggettive.
Per i cittadini stranieri in condizioni cliniche particolari, la decisione apre la possibilità concreta di accedere alla cittadinanza senza l'adempimento di un obbligo che sarebbe per loro insuperabile.
[1] Corte Costituzionale, sentenza 25/2025, punto 5.1
[2] Art. 9.1, legge 5 febbraio 1992, n. 91
[3] Ordinanza di rimessione del TAR Emilia-Romagna, 30 maggio 2024
[4] Corte Cost., sent. 25/2025, punto 2.1
[5] Ivi, punto 5
[6] Ivi, punto 5, con richiamo alla sentenza n. 157/2021
[7] DPR 14 settembre 2011, n. 179, art. 2, comma 8; DM 7 dicembre 2021, art. 1, comma 3
[8] Corte Cost., sent. 25/2025, dispositivo
[9] Ivi, punto 5.1