Sui rapporti tra la condanna alla riparazione pecuniaria ex 323 quater c.p. e il risarcimento del danno

08.11.2025

Cass. pen., Sez. VI, 27 luglio 2025, n. 27422

Massima: in tema di peculato, la riparazione pecuniaria prevista dall'art. 322-quater cod. pen. non è dovuta nel caso in cui, all'atto della pronunzia della sentenza di condanna, risulta che l'imputato abbia medio tempore risarcito il danno cagionato dalla condotta illecita.

A cura di Dott. Marco Misiti

Con sentenza del 27 luglio 2025, n. 27422, la Sesta Sezione penale della Corte di cassazione si è occupata dei rapporti tra vari istituti applicabili per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione: la confisca di cui all'art. 322-ter c.p., la riparazione pecuniaria di cui all'art. 322-quater c.p. e il risarcimento del danno a cui abbia eventualmente già provveduto l'imputato. In particolare, esclusa la cumulabilità tra la confisca e la riparazione pecuniaria, il giudice di legittimità ha affermato che non è possibile imporre all'imputato la misura di cui all'art. 322-quater c.p. qualora quest'ultimo abbia già integralmente risarcito il danno. Un inquadramento delle norme e del fatto oggetto del giudizio consentono di comprendere le argomentazioni fatte proprie dalla Suprema Corte.

Secondo la disposizione da ultimo citata «con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321 e 322 bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».

Il fatto oggetto del capo di imputazione atteneva al mancato versamento, da parte della titolare di una tabaccheria, della tassa automobilistica riscossa dalla stessa quale soggetto abilitato per conto della Regione. Nel corso del procedimento penale – e prima ancora del giudizio – il fideiussore aveva provveduto a versare una somma equivalente alla tassa e, dal canto suo, l'imputata aveva integralmente ristorato il fideiussore del denaro versato per suo conto.

I giudici di merito, ritenuta l'imputata responsabile del reato di peculato di cui all'art. 314 c.p., avevano ritenuto di applicare la riparazione pecuniaria nonostante il risarcimento del danno già effettuato. Diversamente, la Sesta Sezione ha ritenuto necessario effettuare una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 322-quater c.p. e ha affermato che, così come secondo l'orientamento dominante la riparazione pecuniaria non è cumulabile con la confisca per la natura sanzionatoria delle due misure e la comunanza di finalità, parimenti la riparazione pecuniaria non può essere applicata se si sia già provveduto al risarcimento del danno.

Infatti, l'individuazione del profitto deve essere effettuata al momento della sentenza di condanna e, se l'imputato ha già risarcito il danno, non vi è alcun profitto – se non eventualmente parziale – da dover riparare[1]. Del resto, la clausola prevista dall'art. 322-quater c.p. ai sensi della quale resta «impregiudicato il risarcimento del danno» non è stata introdotta per giustificare forme di duplicazione della riparazione e del risarcimento, ma per le sole ipotesi di «restituzione (o risarcimento) solo parziale del profitto del reato».

Alla luce dei principi affermati dalla Sesta Sezione, qualora l'imputato abbia già risarcito il danno in favore dell'amministrazione prima della emissione della sentenza, lo stesso non potrà essere condannato alla riparazione pecuniaria prevista dall'art. 322-quater c.p. Inoltre, se il risarcimento è stato realizzato prima del giudizio, allo stesso potrà applicarsi anche la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p.[2]

Trattasi di un principio inedito, non trovandosi precedenti pronunce che abbiano affrontato direttamente il tema. Pertanto, si resta in attesa di successive pronunce per verificare se tale impostazione diventerà orientamento consolidato.


[1] Tale principio è stato affermato dalla pronuncia, richiamata nella sentenza ora in esame, Cass. Pen., Sez. VI, 3 agosto 2023, n. 34290, con riferimento alla confisca.

[2] Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata in quanto, tenuto conto che il risarcimento è stato effettuato dal fideiussore e non direttamente dall'imputata, era necessario valutare in fatto se sussisteva una concreta e tempestiva volontà riparatoria che abbia contribuito all'adempimento del terzo.