È legittima la contestazione suppletiva della recidiva dopo la maturazione del termine prescrizionale?

09.09.2023

Cass. Pen., sez. IV, 20 giugno 2023, n. 26756 

Con la recente ordinanza n. 26756 del 20 giugno 2023, la Quinta Sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni unite la questione relativa alla legittimità della contestazione suppletiva della recidiva[1] dopo che sia maturato il termine prescrizionale calcolato sulla base dell'imputazione originaria[2].

La questione è di indubbio rilievo pratico poiché, qualora si ammettesse tale possibilità, non sarebbe possibile emettere una sentenza di proscioglimento perché il reato è estinto, ma anzi dovrebbe procedersi all'accertamento del fatto e all'eventuale dichiarazione di responsabilità penale.

Nella citata ordinanza si dà atto della sussistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto: un primo orientamento, che riconosce la necessità di attribuire prevalenza alla immediata dichiarazione di estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; un secondo orientamento, secondo il quale l'esistenza dei presupposti fattuali della recidiva non permette di considerare già prescritto il reato.

La prima impostazione basa la soluzione negativa sulla qualificazione della contestazione suppletiva: poiché quest'ultima ha natura costitutiva, i suoi effetti si producono solo dopo l'avvenuta contestazione. Di conseguenza, la tesi opposta non potrebbe essere condivisa poiché andrebbe ad ammettere una capacità della contestazione suppletiva di determinare la reviviscenza di un reato già estinto. L'unica attività processuale possibile è quindi quella della immediata dichiarazione di estinzione del reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p.

Secondo la seconda ricostruzione, andrebbe scisso il piano della natura processuale della contestazione suppletiva e della prescrizione dal piano della realtà sostanziale: l'individuazione del termine prescrizionale andrebbe ancorata al fatto-reato non per come contestato, ma nella sua dimensione fenomenica. Andrebbe perciò scisso, secondo tale orientamento, le modalità con cui la recidiva assume rilevanza nel processo – la contestazione – e gli effetti sul piano del diritto di difesa, da un lato, dagli effetti che la recidiva in quanto tale produce come fenomeno preesistente, dall'altro lato.

La soluzione al contrasto, infine, coinvolge altresì i rapporti esistenti tra contestazione suppletiva e immediata dichiarazione di estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p.

Si resta in attesa che la questione venga decisa dalle Sezioni unite, la cui udienza è stata fissata per il 28 settembre 2023.

Dott. Marco Misiti

[1] Ci si riferirà con tale termine alle ipotesi di recidiva diverse da quella semplice che, poiché comporta un aumento di pena fino a un terzo, non è una circostanza ad effetto speciale e non può produrre effetti sul calcolo del termine prescrizionale.

[2] Nel sito www.cortedicassazione.it, nella sezione dedicata alle questioni pendenti dinanzi alle Sezioni unite, la questione rimessa è in realtà così formulata: «se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l'aumento di pena per una circostanza aggravante per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria ovvero per una circostanza aggravante ad effetto speciale (nel caso di specie, la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale) sia valutabile anche se la circostanza stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato non aggravato». Nella ordinanza di rimessione, però, la formulazione è la seguente: «se sia legittima o meno la contestazione della suppletiva della recidiva anche successivamente al decorso del termine di prescrizione calcolato alla luce dell'originaria contestazione».