Nullità parziale dei contratti di fideiussione conformi al modello ABI 2003
Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 41994/2021
Seguendo l'orientamento giurisprudenziale tracciato dalle corti europee e dalle recenti sentenze della Corte di legittimità, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41994/2021, hanno confermato la sentenza della Corte di Appello di Roma, la quale aveva dichiarato la nullità parziale delle clausole del contratto di fideiussione conformi all'intesa illecita del modello ABI 2003. Ulteriormente, la Corte ha confermato i limiti della nullità parziale, basando il proprio ragionamento giuridico sulla concreta volontà delle parti e sul principio di conservazione di cui all'art. 1419, comma 1 c.c.
Il 30 aprile 2021, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione depositava l'ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, con quale veniva sollevata la questione riguardante la forma di tutela garantita al soggetto che abbia stipulato un contratto di fideiussione a valle, il cui contenuto racchiudesse condizioni stabilite da intese successivamente sanzionate per la violazione della normativa antitrust.
Tale questione negli anni è stata oggetto di conflitto tra dottrina e giurisprudenza, le quali prospettavano tre diverse soluzioni interpretative:
i) l'accertamento di una nullità totale del contratto a valle;
ii) un'invalidità parziale del contratto a valle, che inficiava solamente le clausole che richiamavano le intese a monte dichiarate invalide;
iii) la scelta tra la tutela reale oppure risarcitoria come rimedio esperibile da parte del garante.
In virtù del conflitto interpretativo sopra richiamato, la Prima Sezione della Suprema Corte ha portato all'attenzione delle Sezioni Unite le seguenti questioni:
- Se la coincidenza totale o parziale con le condizioni dell'intesa a monte, dichiarata nulla da un organo di vigilanza, giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore a valle oppure legittimi solamente una tutela risarcitoria, salvando gli effetti del contratto a valle;
- Nel caso in cui si accerti una tutela reale, ossia demolitoria, quale sia il regime applicabile all'azione di nullità, la tipologia del vizio e la legittimità attiva dell'azione;
- Se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale;
- Se l'indagine volta a dichiarare la nullità parziale e totale del contratto a valle debba avere ad oggetto, oltre che la sua coincidenza con le clausole a monte, anche la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, oppure l'esclusione di un mutamento dell'assetto di interessi derivante dal contratto.
In relazione alla fattispecie in oggetto, nel 2002 l'Associazione Bancaria Italiana (di seguito "ABI") aveva predisposto un modello negoziale di fideiussione omnibus comprensivo di varie clausole, tra cui la c.d. clausola di reviviscenza, la clausola di rinuncia ai termini prescrizionali della fideiussione e la clausola di sopravvivenza.
Tali clausole sono state ritenute dall'AGCM (di seguito "Autorità Garante") idonee a restringere il mercato e falsare il gioco della concorrenza, in considerazione della loro capacità di produrre un danno economico indiretto e aumentare il costo complessivo del finanziamento del debitore, oltre che il maggior rischio.
Per questi motivi, nel 2005 la Banca d'Italia ha emesso un provvedimento con cui prevedeva che le clausole sopra richiamate avrebbero dovuto ritenersi nulle, in ragione del loro contrasto con l'art. 2, comma 2, lett. a) della L. n. 287/1990[1], e che, di contro, nelle altre clausole del modello ABI non si riscontrava alcuna lesione alla concorrenza e pertanto avrebbero dovuto ritenersi valide.
Nelle more del provvedimento della Banca d'Italia, tuttavia, il modello ABI è stato utilizzato dagli enti creditizi.
Gli stessi, infatti, basandosi su un contratto di fideiussione che richiama le condizioni dell'intesa a monte dichiarata parzialmente nulla dall'Autorità Garante, avevano utilizzato tale modello per stipulare contratti di garanzia personale con consumatori e imprenditori.
Date le premesse in fatto, le Sezioni Unite hanno risolto la prima delle questioni portate all'attenzione dalla prima sezione civile, rilevando che tra l'intesa illecita dell'ABI - a monte - e il contratto di fideiussione stipulato dalla banca con il garante - a valle - risulta un "collegamento funzionale".
In virtù di ciò, se l'intesa viene dichiara nulla per la violazione di norme antitrust, conseguentemente il contratto a vale subirà la medesima sorte; pertanto l'intesa illecita inficerà anche l'atto consequenziale, ossia il contratto a valle di fideiussione, consentendo, perciò, oltre che una tutela risarcitoria anche una tutela reale, c.d. "demolitoria", da parte del garante.
Ulteriormente, le Sezioni Unite con la summenzionata pronuncia, hanno confermato gli effetti retroattivi del provvedimento dell'Autorità Garante con cui è stata accertata la condotta illecita perpetrata per mezzo dell'intesa, nonché la competenza esclusiva per materia delle Sezioni Specializzate in materia di Impresa, inerentemente l'analisi sulla validità di clausole in contrasto con normative antitrust (vedi Cass. Civ. 10/03/2021 n. 6523).
Riguardo la seconda questione portata all'attenzione delle Sezioni Unite si è rilevato quanto segue.
Secondo la precedente impostazione giurisprudenziale, l'intesa a monte e il contratto a valle sarebbero legati da un nesso consequenziale; essi sarebbero quindi capaci di ostacolare il gioco della concorrenza e del mercato.
Tale nesso funzionale, pertanto, dovrebbe comportare una nullità totale, sia nell'intesa a monte, come dichiarata dall'Autorità Garante, sia nel contratto di fideiussione a valle.
Secondo un'impostazione parzialmente diversa, richiamata dalla menzionata ordinanza di rimessione, le fideiussioni a valle che riproducono clausole di intese anticoncorrenziali sono nulle, ma non integralmente, bensì limitatamente alle clausole dichiarate invalide dall'Autorità stessa.
A tal proposito, le Sezioni Unite hanno osservato che la dichiarazione di nullità parziale dell'Autorità Garante non impedisce che il giudice possa dichiarare la nullità totale del contratto a valle, laddove l'assetto degli interessi venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale ristretta alle clausole provenienti dalle intese illecite (V. Cass. Civ. 26/09/2019 n. 24044).
A conferma di ciò una successiva giurisprudenza afferma che può essere dichiarata la nullità totale del contratto a valle solo nel caso in cui si provi che i contraenti non avrebbero stipulato il contratto in mancanza di tali clausole invalide (vedi Cass. Civ. 13/02/2020, n. 3556).
Analizzato, il complesso quadro giurisprudenziale, le Sezioni Unite osservano che tali questioni non trovano soluzioni uniformi neppure in dottrina
Le tesi di alcuni autori che riconoscono il contratto a valle interamente nullo trovano la propria motivazione nel c.d. "collegamento negoziale" tra l'intesa a monte e il contratto a valle, che comporta la necessaria considerazione unitaria della fattispecie nonché l'applicazione del noto principio simul stabunt simul cadent.
Un'ulteriore tesi che giustificherebbe la nullità totale è relativa alla illiceità della causa della fideiussione stessa, in considerazione del contrasto alle norme anticoncorrenziali che determina l'illiceità della causa del negozio giuridico.
Una successiva tesi motiva la nullità totale del contratto a valle in quanto l'oggetto sarebbe illecito, per via della sua funzione esecutiva sull'intesa a monte in contrasto con le norme anticoncorrenziali. Altri autori rilevano che il contratto di fideiussione sia da dichiarare totalmente nullo, eccependo una nullità virtuale, piuttosto che testuale, dato il suo contrasto con la norma imperativa di cui all'articolo 2 della Legge 287/1990 (di seguito "Normativa Antitrust Italiana").
Diversa dottrina propende per la nullità parziale del contratto a valle e fonda il proprio ragionamento sulla trasposizione delle clausole dichiarate nulle dall'Autorità Garante.
Da ciò discenderebbe che il contratto a valle sarà colpito da nullità derivata a causa dell'illiceità delle clausole, le quali riprendono il modello ABI. Un'ulteriore argomentazione a favore di tale tesi è il principio della conservazione del negozio giuridico in cui il negozio parzialmente valido rimane efficace solo se, in assenza di tali clausole illecite, le parti avrebbero comunque avuto interesse a concludere detto contratto.
Concludendo, la Suprema Corte introduce un terzo filone interpretativo che riconosce come unico rimedio esperibile per il garante l'azione di risarcimento. Il rimedio scelto sarebbe riconducibile a quello previsto nell'ipotesi di dolo incidentale ex art. 1440 c.c., che permette di reagire a comportamenti in mala fede del contraente forte, in questo caso la banca, per un abuso di posizione in presenza di un'anomalia di mercato, ossia l'intesa a monte in contrasto con le norme anticoncorrenziali.
Date le premesse, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la soluzione più in linea con le finalità e gli obiettivi della normativa antitrust sia la tesi che ravvisa un'ipotesi di nullità parziale. In tal senso si colloca anche la ratio della normativa stessa, diretta a realizzare un bilanciamento tra libertà di concorrenza e tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti diversi dagli imprenditori (vedi Cass. Civ. 2207/2005).
Pertanto, le Sezioni Unite confermano il riconoscimento della tutela reale, oppure demolitoria, insieme a quella risarcitoria, al fine di ottenere il completamento del sistema delle tutele volto alla trasparenza e della correttezza del mercato da parte del fideiussore.
In relazione alla tipologia di nullità, la Suprema Corte ribadisce che ci troviamo di fronte ad una nullità c.d. speciale posta a tutela di un interesse pubblico e dell'ordine economico, ai sensi degli artt. 101 del TFUE e art. 2, comma 2, lett. a) della Normativa Antitrust Italiana.
Relativamente alla terza questione affrontata, le Sezioni Unite hanno ritenuto di confermare l'interpretazione secondo cui sarebbe ammissibile la richiesta di accertamento della nullità parziale del contratto a valle.
Per ciò che concerne la quarta questione posta all'attenzione della Corte, i giudici di legittimità hanno nuovamente confermato che il contratto a valle de quo debba ritenersi parzialmente nullo nelle sole parti in cui si richiamino le clausole racchiuse dall'intesa a monte. Tuttavia, se tali clausole devono ritenersi essenziali, nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza la loro inclusione, sarebbe legittima l'applicazione dell'art. 1419 c.c., con la conseguente dichiarazione di invalidità tout court del contratto a valle. In quest'ultimo caso, sarà fondamentale, come ha precisato la Suprema Corte, che la parte interessata fornisca la prova circa il fatto che le clausole invalide siano qualificabili come essenziali, al fine di estendere l'insanabilità a tutto il contratto di fideiussione.
In conclusione, le Sezioni Unite hanno confermato la sentenza resa dalla Corte di Appello, che ha accertato la nullità parziale del contratto di fideiussione limitatamente alle clausole dichiarate invalide dal provvedimento della Banca d'Italia. Di conseguenza, si confermano gli effetti della dichiarazione di nullità parziale del contratto, ossia la piena e valida efficacia delle restanti clausole e che l'eccezione di nullità parziale potrà essere rilevato d'ufficio ai sensi dell'art. 99 e 112 del c.p.c.; inoltre, al fideiussore è riconosciuta la legittimazione a proporre la domanda di ripetizione dell'indebito, ex art. 2033 c.c., unitamente all'azione di risarcimento dei danni, gravando quindi sullo stesso anche l'onere della prova sul danno ingiusto. Per quanto riguarda l'onere probatorio sul nesso causale, la Suprema Corte ha riconosciuto che il provvedimento del 2005 della Banca d'Italia è una prova privilegiata, e di conseguenza, si verifica un'inversione dell'onere probatorio, a carico dell'impresa bancaria, riguardo l'interruzione del nesso causale tra l'illecito antitrust e il danno subito dal fideiussore.
Infine, di seguito si riporta il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite: "I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della L.n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell'art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti".
Secondo il modesto parere dello scrivente, la suddetta sentenza, oltre ad essere esaustiva e completa sull'analisi della disciplina in materia di concorrenza nonché illuminante con riferimento alla risoluzione dei precedenti contrasti giurisprudenziali e dottrinali, risulta essere conforme alle decisioni dell'Autorità Garante e dalla Banca d'Italia in relazione al provvedimento del 2005. Inoltre, la possibile estensione di tale nullità all'interno del contratto a valle è fondamentale per concedere al fideiussore il vantaggio di fornire la prova sull'essenzialità di tali clausole ai fini dell'applicazione all'art. 1419 c.c..
Lo scrivente intende rimarcare che, all'interno della summenzionata sentenza, la Suprema Corte ha posto le linee guida fondamentali volte a disciplinare una fattispecie astratta alquanto complicata. Infatti, dalla pronuncia in questione emerge chiaramente come l'analisi di ogni caso concreto sia fondamentale, per verificare se le clausole invalide siano essenziali con riferimento agli interessi delle parti, al fine di accertare l'eventuale nullità totale del contratto a valle. In sintesi, la Suprema Corte, con la summenzionata pronuncia ha ritenuto che la nullità parziale del contratto a valle, nel caso dalla stessa vagliato, non escluda la possibilità di una dichiarazione di nullità totale, salvo che il fideiussore fornisca la prova dell'essenzialità delle clausole invalide. Le Sezioni Unite hanno quindi riconosciuto non solo la tutela demolitoria avendo riguardo al contratto di fideiussione, ma anche una tutela risarcitoria per il danno ingiusto eventualmente subito dal fideiussore, unitamente alla legittima azione di ripetizione dell'indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c. nei confronti la banca. Tali rimedi saranno esperibili innanzi le Sezioni Specializzate in materia di impresa da qualsiasi fideiussore, imprenditore o consumatore che abbia concluso un contratto di fideiussione al cui interno siano presenti clausole dichiarate invalide dall'Autorità Garante.
Dott. Vito Quaglietta
[1] L'articolo 2 della Legge n. 287 del 1990:
"1. Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi. 3. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto."