Quando il contratto risulta invalido? Tra nullità e annullabilità

12.12.2022

L'invalidità del contratto costituisce una risposta dell'ordinamento a talune "anomalie" nella formazione e nella genesi dell'atto stesso che è giudicato non idoneo a produrre effetti e a perseguire scopi meritevoli di tutela.

Parlando di invalidità del contratto, bisogna fare la distinzione tra inesistenza del contratto ed inefficacia del contratto.

L'inesistenza del contratto si configura quando il negozio è affetto da anomalie tali da far ritenere la fattispecie negoziale stessa come inesistente per l'ordinamento giuridico. 

Il contratto inesistente non potrà mai essere convalidato o essere oggetto di conversione.

Il contratto, invece, sarà inefficacie quando non produce i suoi effetti perché è invalido o perché è valido ma non è idoneo a produrre momentaneamente i suoi effetti tipici perché si ha un elemento accidentale ad esempio, come la condizione.

Il codice civile distingue due ipotesi di invalidità del contratto: la NULLITÀ e l'ANNULLABILITÀ

La prima si distingue dalla seconda in ragione degli interessi tutelati;  l'annullabilità va ad incidere sugli interessi del singolo contraente, mentre la nullità sulla struttura del contratto.

La nullità del contratto, disciplinata dall'art. 1418 c.c. prevede che "Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge."

Orbene, la nullità del contratto è considerata la forma più grave di invalidità negoziale per la sua deficienza strutturale e per la dannosità sociale e, quindi, per la illiceità del contratto.

Che effetti produce la nullità del contratto?

La nullità è, in sostanza, l'inidoneità del contratto a produrre effetti giuridici, ab origine.

Il contratto nullo sarà totalmente privo di effetti giuridici tra le parti e nei confronti dei terzi. A quest'ultimo riguardo, però, l'art. 2652 c.c. introduce un'eccezione a tale regola prevedendo che la sentenza che dichiara la nullità del contratto non pregiudica il diritto del terzo di buona fede se ha compiuto un atto anteriore alla pronuncia di nullità, se questa riguarda un bene immobile e sia stata trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato.

Il codice civile prevede all'art. 1418 la nullità strutturale e la nullità testuale.

La prima concerne i difetti strutturali del contratto mentre la nullità testuale del contratto, invece, è prevista direttamente dal legislatore quando prevede le singole ipotesi.

Si parla molto, inoltre, di nullità virtuale del contratto che determina la nullità del negozio quando è contrario a norme imperative; la nullità in questione non è espressamente prevista dal codice civile, ma si desume dall'interpretazione del contrasto tra l'autonomia privata ed una norma imperativa. Questa forma di nullità sussiste quando la norma imperativa (non derogabile dalle parti) violata riguarda la struttura del contratto, il contenuto o anche la stessa possibilità di stipularlo.

Possiamo affermare, dunque, che la nullità virtuale riguarda le "regole di validità" del contratto e non le "regole di comportamento" tra le parti.

A questo punto, non possiamo non soffermarci sulla nullità parziale del contratto che possiamo analizzare da due punti di vista: - la nullità parziale in senso oggettivo riguarda e coinvolge il contratto nella sola ipotesi in cui la "patologia" colpisca solo una parte del contratto determinando la nullità dell'intero atto solo nell'ipotesi in cui risulti che i contraenti non avrebbero concluso il negozio senza quella parte del contenuto "malata". Per far sì, invece, che la nullità coinvolga l'intero contratto è necessario che sia essenziale, valutando l'impatto che una eventuale clausola nulla determina sull'assetto di interessi regolato dalle parti con il contratto; - la nullità parziale in senso soggettivo, riguarda e fa riferimento alle ipotesi di contratto plurilaterale, in cui le prestazioni di ciascuna delle parti sono dirette ad uno scopo comune da raggiungere. In questo caso, la nullità che colpirà il vincolo di una sola parte, non coinvolgerà l'intero negozio a meno che la partecipazione della suddetta parte non sia essenziale.

Cosa facciamo per tutelarci da un contratto nullo?

L'art. 1421 c.c. disciplina la legittimazione dell'azione di nullità, in virtù del quale, questa può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, dimostrando la sussistenza dello stesso, in concreto, ad agire. La nullità può anche essere rilevata dal giudice in ogni stato e grado del processo.

Rilevante a tal proposito è la nullità relativa, che può essere fatta valere solo da una delle parti del contratto a causa delle inosservanze di norme che sono poste dall'ordinamento alla base della tutela offerta al contraente che potrebbe versare in una condizione di debolezza rispetto all'altro (in materia di contratti di consumo).

L'azione di nullità è un'azione dichiarativa, di mero accertamento e non soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione dell'azione di ripetizione con la conseguenza che chi faccia valere la nullità a prescrizione già maturata del proprio diritto di ripetizione di quanto corrisposto per il negozio nullo, non può ripetere quanto ha già dato.

Il contratto nullo, a differenza di quello annullabile, non può essere convalidato ma può essere convertito. Dunque, il negozio nullo, con la conversione, potrà produrre gli effetti di un negozio diverso di cui abbia i requisiti di sostanza e di forma avendo riguardo allo scopo perseguito dalle parti nel caso in cui non fossero state a conoscenza della nullità del contratto.

Causa di invalidità del contratto è anche l'annullabilità che è una forma di invalidità del contratto, meno grave della nullità stante che non determina l'inefficacia del contratto ab origine perché gli effetti di questo si producono ugualmente e possono essere eliminati se il contratto viene impugnato nella parte nell'interesse della quale l'annullabilità è stabilita.

Quali sono le cause dell'annullamento del contratto?

L'art 1425 c.c. prevede che "Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare."

Dunque è annullabile in contratto concluso da un minore, da una persona interdetta o da una persona inabilitata.

Merita di essere approfondito il contratto concluso dal minore di età in quanto, l'art 1426 c.c. esclude l'annullabilità del contratto se il minore ha con raggiri occultato la propria età, non considerando sufficiente la dichiarazione di essere maggiorenne e non riscontrandosi in essa la volontà del raggiro.

Il raggiro, infatti, potrebbe esistere quando, il minore ha posto in essere un artificio o una macchinazione tale da indurre in errore l'altro contraente.

Il 2° comma dell'art 1425 c.c. prevede, poi, l'annullamento del contratto concluso da un soggetto incapace di intendere e di volere.

Causa di annullamento del contratto sono anche i cd. vizi del consenso e cioè l'errore, la violenza e il dolo.

  • L'errore quale vizio della volontà incide sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta realtà, a cagione del quale la parte ha manifestato la volontà. È necessario dunque che la volontà sia stata manifestata, prima della sua essenzialità o riconoscibilità, in presenza di una falsa rappresentazione. L'errore deve essere essenziale, sulla natura o sull'oggetto del contratto, sull'identità dello stesso, sulle qualità della cosa o su qualità personali dell'altro contraente. Inoltre deve anche essere riconoscibile, cioè rilevabile da una persona di normale diligenza.

Si distingue tra errore vizio che incide sul processo di formazione del contratto e l'errore ostativo che consiste nella conflittualità tra quanto voluto e quanto dichiarato.

Non dà luogo all'annullamento del contratto, ai sensi dell'art 1430 c.c., l'errore di calcolo che infatti darebbe luogo solo alla rettifica, tranne che non sia determinante per il consenso.

  • La violenza, prevista dall'art 1434 c.c. può essere fisica o morale. La violenza fisica si ha nell'ipotesi in cui uno dei contraenti sia materialmente costretto alla stipulazione del contratto e possiamo dire che venendo a mancare l'accordo delle parti, il contratto sarebbe nullo. La violenza morale si ha invece, nel caso in cui una parte sia indotta alla stipulazione del contratto per effetto di una minaccia di un male ingiusto e notevole a sé o ai sui beni, al coniuge, ascendente o discendete. Requisito indefettibile affinchè sia pronunciato l'annullamento del contratto è che la minaccia sia stata specificatamente diretta al fine di estorcere il consenso per la conclusione del negozio del quale si deduce l'annullabilità, con efficienza causale e concreta, sulla libertà di violazione del soggetto.

Ora, l'art 1497 c.c. parla di timore reverenziale come non causa di annullamento. Una spiegazione a tale disposizione può darsi semplicemente parlando delle caratteristiche della violenza come un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo essendo in ogni caso, sempre necessario, per estorcere la dichiarazione negoziale che vada ad incidere sulla libertà di autodeterminazione della parte stessa. Infatti, il male deve essere ingiusto, notevole e diretto nei confronti della parte, dei suoi beni (come detto) o del suo coniuge, ascendenti o discendenti.

  • Il dolo che ai sensi dell'art 1439 c.c., costituisce un artificio o un raggiro con cui un soggetto induce un altro in errore al fine di fargli porre in essere un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato, in questo caso si parla di dolo determinante, o che avrebbe stipulato a condizioni diverse e quindi si verifica un dolo incidente.

Il contraente che risulti viziato da dolo, potrà richiedere il risarcimento dei danni in conseguenza dell'illecito della controparte che ha leso la libertà negoziale, sulla base della responsabilità aquiliana ex art 2043 c.c., anche senza proporre contemporaneamente la domanda di annullamento ai sensi dell'art 1439 c.c. . [1]

Quali sono gli effetti e le conseguenze dell'annullamento del contratto?

L'annullamento del contratto ha un effetto retroattivo e quindi gli effetti vengono meno sin dal momento della sua stipulazione.

L'azione di annullamento del contratto è un'azione costitutiva che può essere proposta dalla parte nel cui interesse è sancita l'invalidità del contratto, a meno che la legge non preveda diversamente e quindi l'annullamento potrà essere richiesto da chiunque vi abbia interesse in quanto la nullità sarà assoluta.

Sulla prescrizione i tempi di esercizio dell'azione di annullamento è opportuno chiarire che, l'azione si prescrive nel termine di cinque anni che decorrono da quando è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo o l'errore nonché da quando è cessato lo stato di interdizione o il minore ha raggiunto la maggiore età, ma la stessa azione può essere sempre fatta valere, in via di eccezione, dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, per cui possiamo affermare che l'azione di annullamento è imprescrittibile!

L'annullamento, non pregiudicherà i diritti acquistati dai terzi in buona fede e a titolo diverso, salvo che l'annullamento non derivi da incapacità legale.

Il contratto annullabile può essere convalidato dalla parte contraente legittimata ad esperire l'azione di annullamento. La convalida è l'atto unilaterale recettizio con cui il contraente che ha diritto all'azione di annullamento dichiara di non voler dar seguito all'azione di annullamento e di volersi appropriare degli effetti del negozio.

La convalida può essere espressa quando la parte con un atto apposito, facendo menzione del contratto e del motivo di annullabilità, dichiara che intende convalidare il contratto, ovvero tacita, quando la parte che è legittimata all'azione di annullamento dà volontaria esecuzione al contratto pur conoscendo il motivo di annullabilità.

Dott.ssa Veronica Riggi


[1] Cass. Civ., sez I, n. 20260/2006