Controversie di lavoro: cosa sono le conciliazioni “in sede protetta”?

23.05.2023

Quando un lavoratore formula una rivendicazione economica nei confronti del proprio datore di lavoro, è possibile che le parti raggiungano successivamente un accordo transattivo.

In questa ipotesi, il datore deve tenere a mente che, per l'art. 2113 c.c., "le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi" – vale a dire, la maggior parte delle rinunce e transazioni che si sottoscrivono abitualmente per conciliare una controversia di lavoro – "non sono valide".

La stessa disposizione specifica che tali accordi sono impugnabili entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o della transazione se successive alla cessazione medesima.

Il datore di lavoro, pertanto, potrebbe trovarsi esposto per ben sei mesi al rischio che il lavoratore, dopo aver incassato le somme previste dall'accordo transattivo, lo impugni facendone valere l'invalidità e torni libero di agire per ottenere il pagamento dell'intera somma richiesta nella sua rivendicazione.

L'art. 2113 c.c., peraltro, consente di procedere all'impugnazione in modo estremamente agevole, poiché è sufficiente "qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà".

Per evitare tale rischio e, dunque, per "blindare" l'accordo raggiunto con il lavoratore in modo che esso non possa più perdere efficacia, l'art. 2113 prevede che, viceversa, non sia impugnabile la conciliazione "intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412 ter e 412 quater del codice di procedura civile".

Le norme appena citate, semplificando, si riferiscono alla sottoscrizione dell'accordo in sede sindacale, davanti a un giudice, davanti a una commissione di conciliazione istituita presso l'Ispettorato del Lavoro, davanti a un collegio di conciliazione e arbitrato oppure ancora presso una delle altre sedi previste dalla contrattazione collettiva.

Tutte queste sedi prendono informalmente il nome di "sedi protette"; alcune di esse garantiscono per loro natura una maggiore riservatezza all'accordo raggiunto, altre presentano il vantaggio di un costo inferiore, ma tutte hanno in comune, appunto, l'idoneità a formalizzare definitivamente la transazione fra datore e lavoratore.

Avv. Claudio Serra