Sequestro di persona a scopo di estorsione: illegittimo il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante della recidiva reiterata

05.12.2025

C.Cost. 16 ottobre 2025, n. 151

Massima: Il divieto assoluto di prevalenza delle attenuanti generiche nei casi di recidiva reiterata — nel caso specifico di sequestro di persona a scopo di estorsione — impediva al giudice di tener conto di profili soggettivi o "atipici" del reo (es. collaborazione, attenuazione della pericolosità, contesto concreto), e portava ad un trattamento sanzionatorio automatico e potenzialmente irragionevole, violando i principi sopra indicati.

A cura di Avv. Sara Spanò

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede, relativamente al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata".

Le questioni erano state sollevate dalla Corte d'assise di Roma, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, primo e secondo comma, della Costituzione.

La Corte ha accolto le censure, ritenendo necessario, di fronte a un trattamento sanzionatorio di eccezionale asprezza come quello previsto dall'articolo 630, primo comma, del codice penale, garantire la possibilità di mitigare la pena, non solo in rapporto ai profili oggettivi del fatto (come già consentito grazie all'attenuante della lieve entità introdotta dalla sentenza numero 68 del 2012), ma anche rispetto a risvolti attinenti a caratteristiche "atipiche" di quest'ultimo o ad aspetti soggettivi dell'autore del reato, che solo le attenuanti generiche sono in grado di intercettare.

Il sequestro di persona a scopo di estorsione è il reato più grave nel nostro codice penale, punito con pene più severe di quelle previste per l'omicidio volontario.

Innanzitutto, si fa presente che il delitto in questione trae le sue origini già negli anni settanta inizialmente in contesti locali caratterizzate da subculture delinquenziali, per poi estendersi su tutto il territorio nazionale e divenendo ai giorni mostri un reato tipico della criminalità organizzata nazione e transnazionale.

Il sequestro di persona a scopo di estorsione risulta essere una speciale figura del sequestro di persona disciplinato dall'articolo 605 del Codice Penale, tuttavia caratterizzata dal particolare fine estorsivo, è una peculiare forma di estorsione disciplinata dall'articolo 629 del Codice Penale, tuttavia caratterizzata dal peculiare mezzo del sequestro di persona, indi per cui il reato in questione è un reato plurioffensivo, lesivo dei beni giuridici della libertà personale e del patrimonio. Inoltre, trattasi di reato complesso in senso stretto, in quanto esso contiene al suo interno il reato di sequestro di persona, il quale viene assorbito nella fattispecie legale complessa a pari dell'estorsione tentata o consumata.

Proprio a tal proposito parte della dottrina ha criticato la sua collocazione tra i delitti contro il patrimonio, in quanto, sia per l'indubbia prevalenza del bene personalissimo della libertà personale sia per la progressiva perdita del suo connotato patrimoniale, sarebbe stata preferibile la sua collocazione tra i delitti contro la persona.

  • L'elemento oggettivo

Per quanto riguarda l'elemento oggettivo la condotta tipica risulta consistere nel sequestrare una persona, come nel caso del reato di sequestro di persona disciplinato dall'articolo 605 del Codice Penale.

Il termine "sequestrare" va ad intendere il privare qualcuno della libertà personale, da intendersi quale possibilità di libero movimento. In tal senso la giurisprudenza di legittimità ha precisato – in molteplici pronunce – che è sufficiente, affinché possa ritenersi configurato il reato oggetto di analisi, anche una impossibilità relativa di libera locomozione. A tal proposito la sezione II della Suprema Corte, con sentenza numero 3979 datata 20 marzo 1989, ha esposto che:

Per la realizzazione del reato di sequestro di persona, non occorre che la privazione della libertà sia attuata in modo da rendere assolutamente impossibile il recupero della libertà della vittima mediante autoliberazione: è sufficiente invero, che il soggetto passivo, non possa, anche in considerazione delle sue limitate capacità di reazione, superare con immediatezza, da sé medesimo, l'ostacolo posto alla sua libertà di movimento.

  • L'elemento soggettivo

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione è caratterizzato dal dolo specifico, essendo richiesti non solo la rappresentazione e la volizione di sequestrare una persona, ma anche il fine di conseguire per sé od altri un ingiusto profitto derivante dal prezzo per la liberazione della vittima.

Ciò detto, in riferimento alla sentenza in commento, il divieto di prevalenza delle attenuanti di cui all'articolo 62-bis del codice penale, quindi, viola il principio di proporzionalità presidiato dagli articoli 3 e 27, terzo comma, perché la reazione sanzionatoria a un fatto di reato, pur offensivo del bene giuridico e colpevolmente realizzato, non deve risultare eccessiva rispetto alla concreta gravità oggettiva e soggettiva del fatto, anche per non tradire la finalità rieducativa della pena, che altrimenti sarebbe immancabilmente avvertita come ingiusta dal condannato.

Risulta leso, inoltre, il principio di individualizzazione della pena, che ammette esclusivamente una risposta sanzionatoria il più possibile calibrata sulla situazione del singolo condannato, in attuazione del mandato costituzionale di personalità della responsabilità penale di cui all'articolo 27, primo comma, della Costituzione.

È anche violato il principio di eguaglianza (articolo 3, primo comma, della Costituzione), perché sarebbe irragionevole applicare il medesimo severo trattamento sanzionatorio a due soggetti, entrambi recidivi reiterati e autori di un identico fatto di sequestro estorsivo, qualora a vantaggio di uno solo di essi ricorressero anche i presupposti per un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto all'aggravante della recidiva reiterata.

Tuttavia, analizzando brevemente le circostanze aggravanti e attenuanti che contraddistinguono il reato disciplinato dall'articolo 630 del Codice Penale, in riferimento alle prime, il comma secondo prevede un aggravamento di pena – reclusione di anni trenta – nel caso in cui dal sequestro derivi comunque la morte della persona sequestrata "quale conseguenza non voluta dal reo".

Riguardo a ciò la dottrina ha evidenziato che questa ipotesi configura un delitto aggravato dall'evento, in cui l'evento aggravante – rappresentato dalla morte della vittima – è attribuito all'autore sulla base del nesso di causalità che prescinde dal coefficiente di responsabilità del colpevole.

In secundis il comma terzo prevede un'ulteriore aggravante – punita con la pena dell'ergastolo – nel caso in cui il reo vada a cagionare la morte del sequestrato, in questo caso l'evento della morte dev'essere volontariamente provocato dal reo.

Per quanto riguarda, invece, le circostanze attenuanti, innanzitutto, il comma quarto prevede una attenuazione di pena per il concorrente che, dopo essersi dissociato, si adoperi allo scopo di fare riacquistare la libertà al soggetto passivo.

Inoltre, al comma quinto viene enucleata una norma premiale, la quale prevede due ipotesi: la prima di stampo sostanziale e la seconda di stampo processuale. Infatti, è prevista un'attenuazione di pena – nella specie, la pena dell'ergastolo viene sostituita dalla reclusione dai dodici ai venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi – nel caso in cui il concorrente si adopera per "per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori" ovvero "aiuta l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti".

Per la Corte, infine, il divieto contrasta anche con il principio di offensività desumibile dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, per il quale la pena deve sempre costituire la risposta a un singolo "fatto" di reato, senza poter essere utilizzata come misura primariamente volta al controllo della pericolosità sociale del suo autore, rivelata dalle sue qualità personali.

Fonti:

sentenza n. 151 del 16.10.2025 (Comunicato stampa C.Cost) https://www.cortecostituzionale.it/comunicati-stampa;

Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale II. Delitti contro il patrimonio, Milano, Wolters Kluwer CEDAM, 2018, p. 204;

Cfr., AA.VV., Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo secondo. I delitti contro il patrimonio, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, Bologna, Zanichelli editore, 2019, p. 165;

Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale II. Delitti contro il patrimonio, cit., p. 204 – 205;

Codice Penale, commentato. Ed. Giuffrè 2024.