Il delinquente abituale, professionale o per tendenza: le differenze e il presupposto comune della pericolosità sociale

19.04.2023

Al momento della sentenza di condanna, la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato, così come di tendenza a delinquere, ha ricadute notevoli in termini di aumenti di pena stabiliti in base alla recidiva e all'elevato grado di capacità a delinquere e, ai sensi dell'articolo 109 c.p., comporta l'applicazione delle misure di sicurezza. 

Questi effetti non vengono meno finché, come precisa l'ultimo comma del suddetto articolo 109 c.p., la dichiarazione di abitualità, professionalità nel reato o di tendenza a delinquere non si estingue per effetto della riabilitazione. 

Inoltre, il soggetto dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza subisce anche effetti secondari, come l'interdizione dai pubblici uffici, il divieto di sospensione condizionale della pena, l'esclusione della prescrizione della pena per i delitti e altre fattispecie espressamente previste dalla legge.

Prima di distinguere i concetti di abitualità, professionalità e tendenza, risulta necessario precisare cosa si intende per "delinquente" dal punto di vista giuridico-criminologico.

È delinquente l'autore di attività criminose, le quali sottolineano una materiale attitudine a commettere reati. Alla luce di tale dato di fatto, al delinquente è associato lo status di soggetto pericoloso socialmente.

La pericolosità sociale del delinquente abituale, in primo luogo, può essere presunta o ritenuta dal giudice.

È presuntivamente delinquente "abituale" colui che, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, commesso entro i dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti, in cui non va calcolato il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o è stato sottoposto a misure di sicurezza detentive.

Ai sensi dell'art. 103 c.p., è delinquente abituale anche chi, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice, tenuto conto di fattori quali la specie e la gravità dei reati, il tempo entro il quale sono stati commessi, la condotta e il genere di vita del colpevole e le altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133 c.p., ritiene che il colpevole sia "dedito al delitto", abbia cioè una "consuetudo delinquenti". In questo caso, però, in considerazione della frequenza nella commissione dei reati, lo status di delinquente abituale e, dunque, di soggetto pericoloso socialmente, è attribuita discrezionalmente dal giudice, dunque non in base a parametri ben precisi previsti dal legislatore.

Ancora, l'abitualità nelle contravvenzioni, di cui tratta l'articolo 104 c.p., si configura nel caso in cui il condannato alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole, riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della stessa indole, a meno che il giudice, tenuto conto della specie e della gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133 c.p., non ritenga il colpevole non sia incline a commettere reati.

È da notare che all'articolo 104 c.p., il legislatore, nel definire l'abitualità nelle contravvenzioni, non specifichi si debba trattare di reati non colposi, come invece agli articoli 102 e 103 c.p. a proposito dei delitti. Di conseguenza, la dottrina appare divisa tra coloro che ritengono che debba essere presente l'elemento soggettivo nella veste del dolo e coloro che, muovendo dall'assenza di una menzione specifica nel dettato normativo, propendono per considerare ugualmente rilevanti dolo e colpa.

Tuttavia, poiché la presunzione di abitualità equivale a presunzione di pericolosità sociale, ai fini dell'applicazione delle misure di sicurezza, si pone il problema giuridico dell'abrogazione implicita dell'art. 102 c.p., in considerazione dell'abrogazione esplicita, con legge 663/1986, dell'art. 204 c.p., secondo cui "nei casi espressamente determinati, la qualità di persona socialmente pericolosa è presunta dalla legge". Alla luce di ciò, nei casi ex articolo 102 c.p., il giudice deve obbligatoriamente prendere in esame la pericolosità sociale del reo e, ove sussista, dichiararne l'abitualità nel reato, mentre è a discrezionalità del giudice la valutazione circa l'opportunità di procedere all'accertamento della pericolosità sociale nelle figure qualificate di delinquente e di contravventore abituale, di cui agli articoli 103 e 104 c.p.

Quanto al delinquente professionale, è colui che, trovandosi già nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta del reo e alle altre circostanze previste dall'articolo 133 c.p., vive abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato. Basti pensare a chi vive di truffe, estorsione o altri reati contro il patrimonio, ad esempio.

In tal caso lo status di pericolosità sociale si basa su un giudizio prognostico in re ipsa, accertato in concreto nel momento in cui la commissione di delitti diviene un mestiere. La dichiarazione di delinquenza professionale comporta quale misura di sicurezza, cioè il provvedimento stabilito in caso di pericolosità sociale, l'assegnazione ad una colonia o casa agricola per la durata minima di tre anni, oltre che, naturalmente, gli altri effetti dell'abitualità criminosa.

Infine, il delinquente per tendenza, ex articolo 108 c.p., è il soggetto non recidivo, dunque non delinquente abituale o professionale, che commette un delitto doloso contro la vita o l'incolumità individuale, tale che "riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole". Questo presupposto per la dichiarazione di tendenza a delinquere può essere desunto anche dalle circostanze della commissione del delitto. La dichiarazione di tendenza a delinquere contiene in sé l'accertamento concreto della pericolosità sociale del reo. La dichiarazione di tendenza a delinquere è pronunciata contestualmente alla sentenza di condanna, a meno che il delinquente per tendenza non sia imputabile e, quindi, vada prosciolto.

L'articolo 108, comma 2 c.p. precisa che "la disposizione di questo articolo non si applica se l'inclinazione al delitto è originata dall'infermità prevista dagli artt. 88-89 c.p." e cioè dall'infermità che causa il vizio totale o parziale di mente.

Le misure di sicurezza comminate nel caso di pericolosità sociale, in aggiunta o senza la pena, sono provvedimenti che, come stabilito dall'articolo 207 c.p., persistono fino alla cessazione dello status di "socialmente pericoloso" in cui versa l'individuo. Il magistrato di sorveglianza può ritenere sia cessata la pericolosità sociale anche prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge per la misura di sicurezza applicata, previo riesame della condizione del soggetto dichiarato pericoloso socialmente. La cessazione della pericolosità, naturalmente, oltre a revocare le misure di sicurezza, fa venir meno anche la dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza.

Dott.ssa Gemma Colarieti