La dichiarazione di illegittimità costituzionale per i fatti non lievi in materia di droghe pesanti.
Corte Costituzionale, 08 marzo 2019, n. 40
Con sentenza n. 40/2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/90 nella parte in cui sanzionava la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziché sei per fatti non lievi in ambito di droghe pesanti.
In particolare, il Giudice delle Leggi ha accolto parzialmente la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Trieste, la quale aveva ritenuto eccessiva la differenza di quattro anni, tra il minimo edittale per la fattispecie ordinaria prevista dell'art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/90 (otto anni) e il massimo di pena per le ipotesi di lieve entità (quattro anni). Altresì, la Corte friulana aveva ritenuto tale divario contrastante sia con i principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza espressi dall'art. 3 della Costituzione sia con la funzione rieducativa della pena ai sensi dell'art. 27 della Costituzione.
Dichiarando l'illegittimità costituzionale del quadro edittale espresso dall'art. 73, c.1. D.P.R. 309/90, la Corte Costituzionale ha voluto quindi sostenere quella coerenza garantista perseguita dal Legislatore.
Infatti, nel corpo del proprio provvedimento, il Giudice delle Leggi ha sottolineato come più volte il Legislatore abbia indentificato il termine di sei anni come misura adeguata ai fatti "di confine" in materia di stupefacenti. Invero, il termine di sei anni nella Legge Fini-Giovanardi coincideva come minimo edittale per le fattispecie riguardanti i "fatti non lievi in materia di droghe pesanti" e come massimo edittale per i "fatti di lieve entità aventi ad oggetto droghe pesanti".
Quindi, il termine in questione si situa coerentemente nello spazio sanzionatorio previsto dai vari commi dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 ed in linea con le pronunce della Corte Costituzionale n. 236/2016, 222/2018 e 233/2018.
Dichiarando l'illegittimità dello spazio sanzionatorio previsto dall'art. 73, c.1. D.P.R. 309/90, altresì, la Corte Costituzionale ha voluto anche evidenziare come tale pronuncia non debba essere qualificata come "costituzionalmente obbligata" in quanto compito del Legislatore prendere delle decisioni in ambito di politica sanzionatoria.
La pronuncia in parola certamente influirà sui processi ancora in corso e comporterà la necessità di modificare le sentenze divenute definitive e che ancora siano in esecuzione poiché basate su un quadro sanzionatorio dichiarato incostituzionale.
Avv. Elia Francesco Dispenza