Sull’elemento rilevante ai fini della partecipazione nel delitto di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti

05.10.2024

Cass. pen. Sez. II, 30 maggio 2024, n. 21625/2024 

Scarica la pronuncia qui:

Il caso vedeva un soggetto accusato del delitto di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.p.r. 309/1990), al quale veniva inflitta dal GIP del Tribunale di Catanzaro la misura della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale attribuiva la responsabilità all'uomo, ritenendo che avesse svolto numerose attività di natura operativa nell'approvvigionamento delle sostanze, nonché di corriere, e che avesse anche il computo di recuperare la droga dai fornitori al fine del trasporto della stessa.

Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava la misura del GIP e, avverso la stessa, il soggetto proponeva ricorso per Cassazione a mezzo difensore, basando il gravame su due motivo con cui chiedeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

Con il primo motivo eccepiva la violazione di legge in relazione agli articoli 273 c.p.p. e 74 d.p.r. 309/1990, nonché il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza inerenti alla associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. In particolare, evidenziava il fatto che non sarebbero rinvenibili quegli indizi sintomatici del sodalizio criminoso come: l'esistenza di accordi preventivi, l'assegnazione di compiti specifici ai singoli associati, la ripartizione per quote dei proventi, la tenuta di una cassa comune ed altri dello stesso genere. Non vi sarebbero, inoltre, elementi di prova circa il ruolo assunto dallo stesso nell'associazione criminale.

Con il secondo motivo eccepiva la violazione di legge in relazione all'art. 274 c.p.p., mancando una specifica analisi della singola posizione. A sostegno del motivo il ricorrente sosteneva che condotte del soggetto, la sua storia e condizione personale avrebbe consentito di valutare diversamente le esigenze cautelari, e superare la presunzione relativa di cui all'art. 275 comma 3, c.p.p., anche tenuto conto del fattore temporale, sottolineando che le condotte del soggetto si sarebbero verificate nel breve lasso di tempo dal mese di marzo a quello di agosto 2020.

Vi è da premettere che la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile poiché proposto con motivi "non consentiti o comunque manifestamente infondati".

A seguito di tale premessa, gli ermellini hanno così motivato: in prima battuta è stato dichiarata inammissibile l'eccezione di violazione di legge dell'ordinanza del Tribunale per la carenza di un'autonoma valutazione, perché manifestamente infondata. 

Sul punto, ricorda la Cassazione che l'ordinanza cautelare adottata dal Tribunale del Riesame non richiede, a pena di nullità, l'autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, poiché tale requisito è previsto dall'art. 292, comma 2, c.p.p. solo con riguardo alla decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l'equidistanza tra l'organo requirente che ha formulato la richiesta e l'organo giudicante. 

Quanto alla gravità indiziaria della partecipazione al sodalizio criminale del ricorrente la S.C. ribadisce i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo i quali: "Per la configurabilità della condotta di partecipazione ad un 'associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti non è richiesto un atto di investitura formale, ma è necessario che il contributo dell'agente risulti funzionale per l'esistenza stessa dell'associazione in un dato momento storico".

L'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere dell'accordo criminoso, contemplante la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti, i quali, anche al di fuori dei singoli reati programmati, assicurino la propria disponibilità duratura ed indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso del sodalizio.

Secondo il Supremo Collegio, questi elementi sintomatici della partecipazione all'associazione, così tipizzati dalla giurisprudenza di legittimità, sono stati ben individuati dall'ordinanza impugnata, che ha descritto con motivazioni puntuali e prive di vizi di illogicità e/o contraddittorietà il ruolo assunto dal soggetto, il quale da un lato ha assunto il ruolo di pusher dell'associazione, e dall'altro era di ausilio al promotore e organizzatore dell'associazione, negli incontri con i fornitori dello stupefacente.

Pertanto, secondo la Cassazione un quadro gravemente indiziario appare per certi versi granitico data l'ingente mole di risultanze investigative emerse nel corso delle indagini.

Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso gli ermellini ritengono che anch'esso sia inammissibile. In primo luogo, viene ribadita la consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo cui: "In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all'operatività della stessa, né alla data ultima dei reati fine, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l'associazione di appartenenza".

Difatti l'ordinanza impugnata ha adeguatamente motivato sul pericolo di reiterazione di condotte illecite sia da parte del sodalizio sia del ricorrente.

Secondo la Cassazione nel provvedimento del GIP impugnato sono illustrate le ragioni che consentono di ritenere attuale il pericolo in esame, nonostante il tempo decorso dalle investigazioni. Inoltre, il GIP ha evidenziato come l'attività investigativa protrattasi per un arco di tempo pluriennale, abbia portato alla luce un fenomeno allarmante di gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti organizzata anche su base familiare. Pertanto, è indubitabile che tali episodi consentono di ritenere assolutamente attuale il pericolo di reiterazione del delitto e di ricostituzione del sodalizio.

Per tutte le considerazioni svolte, dunque, il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando, altresì il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dott. Domenico Ruperto