Il delitto di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva?
Cass. pen., Sez. Un., 28 luglio 2025, n. 27515
Massima: Il delitto di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva, purché sussista un obbligo giuridico di impedire l'evento e il nesso causale tra l'omissione e la diffusione dell'agente patogeno
A cura di Avv. Sara Spanò
Le Sezioni Unite, si pronunciano in senso affermativo con la sentenza n. 7/2025 depositata il 28.07.2025, a seguito del procedimento penale n. 18439/2024 instaurato nei confronti del sig. D.A.L.V che con sentenza emessa il 28.03. 2024 dal Tribunale di Sassari lo assolveva – perché il fatto non sussiste – dal reato di cui all'art. 40 co 2, art 438 co 1 e 452 co 1 n.2 c.p.; per aver cagionato in qualità di delegato del datore di lavoro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza degli obblighi previsti dall'art. 77, co 4 d.lgs del 9.04.2008, un'epidemia sviluppatasi (all'interno dell'ospedale civile di Alghero) tra marzo e aprile 2020 poiché non aveva fornito ai lavoratori i necessari dispositivi di protezione individuale, utili a contrastare all'interno del Nosocomio la diffusione del virus del Sars-Cov19.
Non adottando, neppure, misure collettive, individuali e di formazione a prevenire il rischio biologico scatenato dal predetto Virus.
Ιl Tribunale ha ritenuto che il reato di epidemia possa essere integrato soltanto dalla condotta di diffusione di germi patogeni che implica un comportamento attivo, sicché non può configurarsi il delitto de quo se la condotta si concretizzata in forma omissiva, trattandosi di modalità diverse da quelle contemplate dalla norma incriminatrice.
Avverso detta pronuncia, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari ha proposto ricorso immediato per cassazione articolato in un motivo con cui ha dedotto l'inosservanza degli artt. 40, comma 2, e 438 cod. pen., censurando la sentenza impugnata laddove ha ritenuto l'inapplicabilità dell'art. 438 cod. pen. in ipotesi di condotta omissiva, che invece é stata contestata all'imputato, e ciò in quanto l'art. 40, comma 2, cod. pen. sarebbe inapplicabile ai reati a forma vincolata, tra i quali va annoverata l'epidemia.
Un primo orientamento esclude la responsabilità a titolo di omissione del delitto di epidemia colposa in quanto l'438 c.p. con la locuzione "mediante la diffusione di germi patogeni", richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell'art 40 comma 2 c.p. ., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera.
Un secondo orientamento sostiene, al contrario, che la norma incriminatrice non seleziona le condotte diffusive rilevanti e richiede, con espressione quanto mai ampia, che il soggetto agente procuri un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, senza individuare in che modo debba avvenire detta diffusione, fermo restando che deve trattarsi di una diffusione capace di causare un'epidemia.
Le Sezioni Unite aderiscono al secondo orientamento.
Il legislatore ha descritto la condotta in termini tali da qualificare il reato, in dottrina e in giurisprudenza, come di pericolo concreto per l'incolumità pubblica perché - osservano le Sezioni Unite - da un lato ha utilizzato il termine "epidemia", assunto nel suo significato etimologico derivante dalla lingua greca (epi demios, ossia diffuso nel popolo), dall'altro ne ha precisato, al tempo stesso, le caratteristiche clinicopatologiche, riassunte nella individuazione dei «germi patogeni» quali vettori della diffusione.
Il bene giuridico tutelato è quello, di rilievo costituzionale quello della salute pubblica (art 32 Cost) essendo il reato inserito all'interno dei delitti contro l'incolumità sicché, data la natura collettiva del bene, ai fini della integrazione del reato non è sufficiente l'intervenuto contagio di un certo numero di persone, ma è necessario il pericolo di diffusione verso un numero indeterminato di vittime potenziali.
Effettuata una ricognizione della rara giurisprudenza precedente (peraltro non tutta espressamente focalizzata sulla specifica questione dedotta) e constatata l'assenza di un quadro sufficientemente stabilizzato, le Sezioni Unite ripudiano l'assunto - che, ove ritenuto condivisibile, impedirebbe qualunque prospettazione di reato non solo omissivo, ma, addirittura, come colposo - che intanto possa esservi "diffusione di germi patogeni" in quanto la stessa avvenga per effetto di "spargimento" dei germi patogeni ad opera del soggetto agente, con la conseguenza, non ultima, che non potrebbe cagionare un'epidemia chi, infetto, contagi altre persone.
Anche a ritenere la "diffusione" quale condotta del reato (piuttosto che di descrizione dell'evento, soluzione quest'ultima prediletta dalle Sezioni Unite), una tale interpretazione, indebitamente selettiva di un fatto (ossia la diffusione), formulato dalla norma in termini generali e del tutto indifferenziati quanto al "tramite", è il frutto della valorizzazione della Relazione del Guardasigilli al progetto del codice penale che, come detto, giustificava l'introduzione del delitto con il fine di impedire che l'autore del fatto potesse valersi del "possesso" dei germi onde cagionare, attraverso il loro spargimento, l'epidemia.
Tuttavia, ove si richiedesse che la diffusione sia unicamente riferita al comportamento di chi sia "in possesso" dei germi, da tenere pertanto distinti dalla sua persona, e non anche di chi ne sia semplicemente contagiato, si finirebbe per introdurre una sorta di reato "proprio" o "a soggettività ristretta", fondato su una specifica qualifica caratterizzante il soggetto attivo come "detentore" o "possessore" del germe, a dispetto della natura certamente comune del reato evidenziata dall'incipit "chiunque".
Osservano, quindi, le Sezioni Unite, "è la struttura della norma, da leggersi anche in correlazione al bene giuridico protetto della incolumità pubblica (tradizionalmente tutelata, mediante fattispecie di reati causalmente orientati), a rivelare come, nella specie, si versi in presenza di un reato a forma libera e non già a condotta vincolata".
In definitiva, diversamente interpretando, l'art. 438 c.p. pone l'accento sull'evento e non sulla condotta (semplicemente data dal "cagionare") ponendosi in piena armonia con la scelta ordinariamente effettuata dal legislatore quando si tratta di tutelare beni giuridici "primari" (come, nella specie quello della pubblica incolumità), salvaguardati sempre attraverso fattispecie a forma libera o "causalmente orientate", e presenta altresì una componente definitoria della nozione di epidemia, volutamente differenziata da quella scientifica.
Il legislatore ha evitato di impiegare il verbo "diffondere" collegandolo, senza soluzione di continuità, al "chiunque" autore del fatto (ciò che, inequivocabilmente, avrebbe consentito di qualificare la diffusione come percorso vincolato della condotta), scegliendo invece, diversamente, l'utilizzo del solo sostantivo, posposto all'evento "epidemia", sicché - chiosano le Sezioni Unite - ben può dirsi che non è il soggetto autore del cagionare colui che "diffonde", ma sono i germi patogeni, propri dell'epidemia come predefinita dal legislatore, che "si diffondono" dando così luogo all'evento.
La diffusione dei germi patogeni costituisce, dunque, modalità predefinita di esplicazione-caratterizzazione dell'evento assolvendo alla funzione selettiva di ricomprendere tutte le forme di epidemia che avvengano attraverso la diffusione per via orizzontale di germi patogeni (tali essendo i batteri, virus e protozoi), quale caratteristica delle malattie infettive, escludendo quelle che avvengono attraverso le sostanze tossiche o radioattive o parassitarie, egualmente contemplabili nell'orizzonte scientifico.
Il legislatore ha così voluto limitare l'epidemia alle sole malattie infettive, siano esse contagiose o non contagiose, che, come descritto anche dalla dottrina che ha ammesso la configurabilità del reato in forma omissiva, sono le sole che, infatti, si propagano orizzontalmente attraverso, appunto, la «diffusione di germi patogeni».
Diventa allora non solo superfluo, per le Sezioni Unite, ma anche "asistematico" interrogarsi sulla possibilità di estendere il concetto di diffusione sino al punto di ricomprendervi anche il "lasciare che il germe si diffonda", atteso che una tale problematica presuppone, evidentemente, la riconduzione della diffusione all'elemento della condotta e non già dell'evento, come invece appare corretto.
Date le premesse, "diffondere" equivale, sul piano causale, a "lasciare diffondere" senza che ciò comporti alcuno strappo al principio di legalità; pure, sotto altro profilo, il verbo "cagionare", utilizzato in numerose previsioni penal-codicistiche a tutela di beni di rilevante interesse, conduce a qualificare il delitto non come reato a condotta vincolata ma come reato causalmente orientato in modo da rendere la fattispecie sicuramente "permeabile" alla clausola di equivalenza di cui all'art 40 co 2 c.p.
Si tratta, in conclusione, di reato a condotta libera (il «cagionare» appunto) assistita allo stesso tempo dalla esclusività del mezzo di propagazione («mediante» la sola «diffusione di germi patogeni»).
Pertanto, per aversi reato nella forma omissiva, dovrà pur sempre sussistere, alla stregua dei principi generali da osservarsi anche in tal caso, in primo luogo la prova degli elementi in base ai quali opera la previsione dell'art. 40, c. 2., c.p., ossia la sussistenza, in capo al soggetto agente, dell'obbligo giuridico di attivarsi, discendente dalle fonti di responsabilità che la giurisprudenza di legittimità ha, nel tempo, individuato; in secondo luogo, con specifico riguardo al reato di epidemia, da tenere sempre necessariamente distinto dai reati che si limitino a ledere la salute individuale, sarà necessaria la valutazione, da compiere in presenza di una legge scientifica di copertura e secondo i principi della causalità generale, circa l'omesso impedimento della diffusione del germe a determinare o a concorrere nella determinazione del fenomeno rapido, massivo ed incontrollabile, lesivo del bene collettivo della salute e incontestabilmente proprio del reato in questione.
Le Sezioni Unite, infine, aggiungono che escludere l'applicabilità della previsione di reato in presenza di condotte omissive finirebbe per contraddire la capacità della norma di assolvere alla funzione di tutela del bene della salute pubblica, rientrante nell'art 32 cost., in coerenza con la stessa collocazione sistematica assegnatale dal codice, oltre a dover considerare anche il mutato contesto storico sociale rispetto al Codice del 1930: ove la nuova fattispecie veniva prospettata come essenzialmente dolosa, perché legata in particolare agli esiti della prima guerra mondiale legata all'uso delle armi batteriologiche (ovvero della dispersione di virus nocivi prodotti in laboratorio), invece nell'attuale fattispecie, atteso il complesso contesto socio-scientifico-tecnologico i risvolti dell'epidemia evocano sempre più i profili di gestione del rischio sanitario e si relazionano a condotte quasi esclusivamente inosservanti e perlopiù colpose che, con una lettura riduttiva, finirebbero, in realtà, per non venire mai sanzionate, a dispetto della formale presenza dell'art 452 c.p.
FONTI:
SEZIONI UNITE N. 7/2025 DEP. 28.07.25;
https://www.altalex.com/documents/2025/08/07/reato-epidemia-colposa-integrato-condotta-omissiva;
ART. 438 C.P;
ART. 452 C.P.;
https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1744289518_42614-11-2024-pen-noindex.pdf.
