L’ evasione del boss del Gargano: la realtà normativa in una fuga da film

29.03.2023

"Detenuto pugliese appartenente alla Sacra Corona Unita, classe 1984, evade dal braccio di massima sicurezza di Badu 'e Carros, a Nuoro usando delle lenzuola annodate per calarsi fuori dal carcere".

Nonostante le molteplici similitudini con Michael, protagonista dell'avvincente serie Prison Break, questo spiacevole "episodio" non è parte di un'avvincente trama cinematografica, ma è un noto fatto di cronaca che vede coinvolto un boss del clan dei Montanari della mafia garganica, ora ricercato in tutta la Sardegna con posti di blocco nelle strade principali e secondarie, nei porti e aeroporti.

"Appena la Polizia penitenziaria ci ha allertato dell'evasione, intorno alle 19, abbiamo avviato il piano anticrimine in provincia di Nuoro, avvisato tutte le Questure della Sardegna e la Polizia di frontiera nei porti e negli aeroporti dell'Isola" – afferma il Questore del capoluogo barbaricino, Alfonso Polverino. "C'è un enorme dispiegamento di forze di Polizia e di uomini in tutta la regione, mentre la Polizia penitenziaria di Nuoro lavora sul fronte interno attraverso l'analisi di telecamere della casa circondariale e testimonianze".

Mentre prosegue la "caccia all'uomo", la domanda sorge spontanea: cosa si intende per "evasione" e quali sono le conseguenze?

Evadere dal carcere consiste nel fuggire dalla prigione o dal luogo di detenzione, violando la legge e sfuggendo alla custodia delle Autorità penitenziarie.

Si tratta di un reato a forma libera, essendo differenti le modalità con cui può essere commesso, come ad esempio:

  • fuga vera e propria dalla prigione o dal domicilio ove è sottoposto a misura o pena coercitiva, utilizzando l'aiuto di complici o sfruttando eventuali vulnerabilità del sistema di sicurezza,
  • escamotage per evadere dalla custodia, come la falsificazione di documenti o la simulazione di malattie per essere ricoverati in ospedale e poi fuggire,
  • atti di violenza o minaccia nei confronti dei custodi o del personale penitenziario per agevolare la condotta fuggitiva.

Nell'ordinamento giuridico italiano, la descritta figura criminosa è disciplinata dall'art.385 c.p., contenuto nel Capo II dedicato ai delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie ove il bene giuridico tutelato è l'interesse di impedire forme di ribellione alla coercizione statuale legittimamente disposta per fini di prevenzione e repressione dei reati.

Ebbene, la norma punisce con la reclusione da 1 a 3 anni la condotta di colui che, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade dal luogo in cui si trova ristretto (comma 1).

Più severa è la pena in presenza di "evasione aggravata". Invero, qualora il colpevole commettesse il fatto usando violenza o minaccia verso le persone o mediante effrazione, la reclusione aumenterebbe in modo consistente, rispetto alla fattispecie base, arrivando da quella disciplinata dal comma 1, fino ad un massimo edittale di 5 anni, o di 6 anni, laddove l'evaso utilizzi armi o si faccia aiutare da altre persone. In ogni caso, la pena è diminuita qualora l'evaso si costituisca in carcere prima della condanna.

La condotta illecita viene perseguita d'ufficio dalle Autorità Giudiziarie e può comportare anche la revoca del regime di semilibertà o di affidamento in prova al servizio sociale. Inoltre, nel caso in cui il detenuto causi danni o lesioni a terzi durante la fuga, questi potranno richiedere il risarcimento del danno.

Ci sono dei casi in cui non è punibile il reato di evasione?

Non integra la fattispecie in esame la condotta della persona che si allontana dal luogo in cui è stata assegnata agli arresti domiciliari o alla detenzione domiciliare senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria a causa di un pericolo grave e immediato alla persona.

Tuttavia, non è possibile giustificare l'evasione in caso di allontanamento dal domicilio dovuto a problematiche familiari o di salute. Il lettore provi ad immaginare delle situazioni facilmente ipotizzabili nella vita di tutti i giorni, quale ad esempio un banale dolore ai denti. 

Non si tratta – in modo assoluto - di una situazione di pericolo sufficientemente grave a giustificare la violazione della legge.

Essendo il dolo uno dei presupposti ontologici per il reato di evasione, l'imputato non è punibile se non rientra nel luogo in cui sta scontando la pena degli arresti domiciliari entro il tempo previsto, a causa di una cattiva interpretazione del permesso o di una comunicazione sbagliata sulla sua durata. Dunque, si esclude la penale responsabilità qualora il soggetto versi in errore circa il carattere illegittimo della propria condotta.

Ma se qualcuno aiuta l'arrestato o il detenuto ad evadere?

Il Legislatore non punisce soltanto l'evasione ma anche - e con sanzioni più severe - la condotta di chi "procura o agevola l'evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato" con la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni.

L'art.386 c.p. (procurata evasione) prevede, altresì, varie circostanze aggravanti qualora il reato sia commesso "utilizzando i mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente" (violenza o minaccia verso la persona ovvero mediante effrazione, o che la violenza o minaccia sia esercitata con armi o da più persone riunite), oppure a favore di un condannato all'ergastolo.

Rilevante è anche la condotta omissiva, a condizione che possa essere attribuita a un soggetto responsabile di specifici obblighi di vigilanza: ad esempio, si consideri il caso di un agente di custodia che - violando il suo dovere di sorveglianza - permette la fuga di un detenuto.

Diversamente, la pena è diminuita se il colpevole è un prossimo congiunto oppure se, nel termine di tre mesi, il colpevole procuri la cattura della persona evasa o la presentazione di quest'ultimo alle autorità.

Infine, il codice penale all'art.387 punisce la condotta di colui che - preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona - per colpa - l'evasione.

Il contestato allontanamento non giustificato deve essere conseguenza di una violazione deliberata dei doveri di custodia. Per contro, non integra il reato di "colpa del custode" l'eventuale liberazione del detenuto dovuta ad un errore incolpevole.

Il legislatore ha, da ultimo, previsto una speciale causa di non punibilità consistente nel procurare – entro tre mesi - la cattura o la presentazione all'Autorità dell'evaso.

Dott.ssa Francesca Saveria Sofia