Il distributore di carburanti è una cosa destinata a pubblica utilità ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 7, c.p.
Cass. pen., sez. III, 4 aprile 2025, n. 13132
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A cura di Dott. Marco Misiti
Massima: è configurabile l'aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblica utilità nel caso di sottrazione dell'incasso di un distributore di carburanti, contenuto nella colonnina dei pagamenti self-service, in quanto l'impianto di distribuzione è qualificabile come destinato alla pubblica utilità e poiché l'aggravante è integrata non solo quando sia sottratto il bene specificamente destinato a pubblica utilità, ma anche una cosa ad esso inerente.
Con sentenza del 4 aprile 2025, n. 13132, la Terza Sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sulla possibilità di qualificare un impianto di distribuzione di carburanti come "cosa destinata alla pubblica utilità" ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 7, c.p.
Trattasi di una circostanza aggravante speciale ad effetto speciale applicabile al reato di furto, la cui fattispecie base è regolata all'art. 624 c.p. In particolare, la predetta aggravante si applica quando il fatto è commesso «su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a servizio pubblico o a pubblica utilità, difesa o reverenza».
Oltre che produrre effetti sul versante del trattamento sanzionatorio, la sussistenza della circostanza aggravante in esame si ripercuote anche sul versante del regime di procedibilità del reato. Infatti, a seguito della novella introdotta con l'art. 2, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 150/2022, il reato di furto è procedibile a querela di parte, salvo che ricorra una delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625, numeri 7 – ad eccezione della ipotesi in cui la cosa sia esposta alla pubblica fede – e 7-bis.
Il fatto posto all'attenzione della Suprema Corte consisteva nella realizzazione di atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi dell'incasso di un distributore di carburante utilizzando un furgone per abbattere la colonnina per i pagamenti self-service.
Le sentenze di merito avevano applicato la circostanza aggravante menzionata, mentre la difesa dell'imputato ricorrente, dal canto suo, sosteneva il difetto dei relativi presupposti e, conseguentemente, l'improcedibilità del reato per mancanza di querela[1].
Il giudice di legittimità ha ritenuto immune da censure il percorso argomentativo contenuto nelle sentenze di merito, nella parte in cui l'impianto di distribuzione di carburante è stato qualificato come destinato alla pubblica utilità, ovverosia come volto «a soddisfare esigenze di natura collettiva». A tal fine assume rilevanza, con riferimento all'esercizio di tale attività di impresa, il regime di autorizzazione comunale e l'applicabilità della disciplina di cui alla legge n. 146 del 1990, regolante lo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La Suprema Corte richiama, a supporto della propria ricostruzione, alcuni precedenti della giurisprudenza civile e amministrativa, in cui si evidenzia la rilevanza di «assicurare la sicurezza, continuità e regolarità del servizio pubblico di distribuzione dei carburanti» e di «garantire ai cittadini il pieno esercizio del diritto alla circolazione». Il servizio di distribuzione di carburante è un servizio destinato alla pubblica utilità in quanto strumentale al «diritto alla mobilità [che] va garantito perché strumentale per la tutela della vita e della salute».
A nulla rileva, secondo la Corte, che la cosa oggetto del tentato furto non fosse direttamente la cosa destinata alla pubblica utilità, bensì il denaro. Infatti, la disposizione si applica se il fatto è commesso «su», e non direttamente della cosa. È pertanto necessario e sufficiente che il bene sottratto inerisca alla cosa destinata alla pubblica utilità[2].
Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, tenuto conto altresì della sussistenza dell'ulteriore presupposto di applicazione della circostanza aggravante consistente nel pericolo di pregiudizio per il servizio pubblico ovvero, rispettivamente, nell'aver reso inutilizzabile o meno efficace la cosa destinata a pubblica utilità, la Suprema Corte ha confermato la ricostruzione fatta propria dai giudici di merito.
[1] Oggetto di ricorso per cassazione era altresì la questione concernente la legittimità di una querela sporta da un dipendente della società di gestione del distributore. La Suprema Corte ha affrontato tale censura anche se tale profilo di doglianza rimaneva assorbito nella conferma della applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, c.p.
[2] Si veda sul punto anche Cass. Pen., Sez. V, 16 marzo 2011, n. 10944, per un caso di sottrazione di un carburante da un veicolo adibito a servizio pubblico.