L’ omessa denuncia del furto di identità digitale costituisce indizio per la paternità di post diffamatori

18.01.2023

Cass. pen. sez. V, 22 giugno 2022, n.40309

È ormai quasi consuetudine al giorno d'oggi esprimere sui social network pensieri per offendere, pesantemente e ingiustificatamente, la reputazione altrui, pensando che tale condotta possa passare inosservata o non essere penalmente rilevante.

Ma non è così. Anzi, questa integra la più grave forma del reato di diffamazione, ossia quella realizzata attraverso "qualsiasi altro mezzo di pubblicità", punita ai sensi dell'art. 595, comma 3, c.p., con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Pubblicare commenti denigratori su piattaforme digitali nei confronti di un soggetto preciso o chiaramente individuabile, determina l'amplificazione della portata diffamatoria della dichiarazione in quanto questa essere visualizzata e letta da un numero vastissimo e potenzialmente illimitato di utenti.

A tal proposito, è ormai consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui chi pubblica su Facebook messaggi lesivi dell'altrui onore integra il reato di diffamazione aggravato dalla circostanza di cui al terzo comma dell'art. 595 c.p.: "In tema di diffamazione, sussiste l'aggravante dell'utilizzo del mezzo di pubblicità (art. 595, comma 3, c.p.) allorquando il fatto sia commesso postando un commento sulla bacheca facebook: tale condotta, infatti, realizza la pubblicizzazione e la diffusione del messaggio, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica" (ex plurimis Cassazione penale, sez. I, 28/04/2015, n. 24431).

Un modo per poter individuare la paternità della condotta offensiva, può essere rinvenuta nell'omessa denuncia da parte dell'intestatario del profilo social quando quest'ultimo lamenti di non aver scritto il post diffamatorio. E chi sennò? (sorge domanda spontanea).

Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con la sentenza n. 40309/2022.

Nella sentenza in commento, l'imputato è stato riconosciuto da entrambi i giudici di merito quale autore di frasi pubblicate su Facebook dal contenuto indiscutibilmente offensivo nei confronti di un comandante della Polizia municipale.

La titolarità delle affermazioni offensive in capo all'imputato era stata desunta dai giudicanti di primo e secondo grado anche dalla circostanza secondo cui il medesimo non aveva denunciato l'uso irregolare del proprio profilo sul social network, in cui invece lamentava esserci stata un'intrusione.

Nel ricorso proposto a mezzo del proprio difensore, l'imputato ha sostenuto come la motivazione nella sentenza di appello sarebbe viziata poiché non raggiunta la prova certa che il messaggio fosse stato effettivamente da lui scritto. La dichiarazione diffamatoria, ha sostenuto il ricorrente, sarebbe stata pubblicata online da terze persone che avrebbero utilizzato abusivamente il suo indirizzo IP.

Dichiarando inammissibile l'impugnazione, la Cassazione ha ritenuto come la corte di appello non sia caduta in alcun vizio logico nel dare rilevanza, anche, alla circostanza dell'omessa denuncia circa l'ingresso abusivo nel proprio profilo Facebook. Per il Giudice di Legittimità, tale argomentazione è conforme a criteri logici e a condivise massime di esperienza.

Infatti, nel proprio percorso argomentativo, il Giudice di Legittimità ha rilevato come sia stato "già ritenuto che l'omessa denuncia del c.d. "furto di identità", da parte dell'intestatario della bacheca sulla quale vi è stata la pubblicazione di post "incriminati", possa costituire valido elemento indiziario (Sez. 5, n. 4239 del 21/10/2021, dep. 2022, Ciocca, n. m.; Sez. 5, n. Sez. 5, n. 45339 del 13/07/2018, Petrangelo, n. m.; Sez. 5, n. 8328 del 13/07/2015, dep. 2016, Martinez, n. m.)".

Pertanto, nel caso in cui non sia stato denunciato formalmente alcun furto d'identità digitale agli organi competenti (es. polizia postale), la persona a cui appartiene il profilo sui social è indiziata di essere l'autore dei post che appaiono sulla propria bacheca online.

Avv. Elia Francesco Dispenza