I negozi abdicativi: la rinuncia al diritto di proprietà immobiliare

04.08.2023

Nel nostro ordinamento giuridico non è espressamente previsto il negozio abdicativo che ha ad oggetto il diritto di proprietà, invece, è pacificamente ammissibile il negozio traslativo di rinuncia a questo diritto.

I negozi abdicativi, infatti, si distinguono dai negozi traslativi di rinuncia perché i primi sono degli atti giuridici unilaterali e non recettizi che producono solo effetti indiretti o riflessi nella sfera giuridica dei terzi. In termini semplici, la rinuncia al diritto di proprietà se avviene con una dichiarazione unilaterale ha come conseguenza il fatto che il bene immobile rimane privo di un proprietario. Si produce, quindi, un effetto negativo perché senza che alcuno ne abbia conoscenza immediata ed effettiva un bene diviene nullius, cioè di nessuno.

I negozi traslativi di rinuncia, invece, sono previsti dal nostro ordinamento giuridico perché sono degli atti bilaterali, quindi, degli accordi tra privati. E' pacifico, infatti, che due contraenti si accordino al fine di rinunciare ad un diritto perché, ai sensi dell'art. 1321 c.c., l'autonomia negoziale dei privati gli consente anche la rinuncia di un diritto già sorto.

I negozi traslativi del diritto di proprietà immobiliare sono ammessi; la proprietà di un bene immobile, infatti, viene trasferita ad un altro contraente. In questo caso non si verifica l'effetto negativo per il quale il bene immobile diventa acefalo cioè privo di un proprietario effettivo.

Il negozio traslativo è un contratto con effetti reali e l'acquisto del diritto di proprietà va dal rinunziante al nuovo proprietario. Questo tipo di contratto ha una causa variabile, la quale entra nel mondo giuridico grazie al concetto di causa in concreto; in termini semplici, la causa è in concreto e corrisponde all'interesse individuale che le parti perseguono, quindi, se c'è una giustificazione pratica allo spostamento patrimoniale, che si verifica con il contratto, anche se essa non è conosciuta dallo Stato se lecita è pur sempre ammessa.

Il problema del negozio abdicativo del diritto di proprietà è stato affrontato sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina.

La dottrina si è divisa in due; per alcuni autori il negozio abdicativo è illecito. La proprietà, infatti, è un diritto pieno ed irrinunciabile poiché le conseguenze della titolarità del diritto non sono solo positive. La proprietà non comporta solo benefici al suo titolare, ma anche oneri e aggravi come il pagamento di fiscalità, quindi, non si può rinunciare a questo diritto per evitare di sopportare sconvenienti pesi economici.

Per questa tesi, infatti, è ammessa solo la rinuncia traslativa al diritto di proprietà anche perché il Codice civile prevede solo delle ipotesi specifiche di negozi traslativi del diritto di credito come la remissione del debito ai sensi dell'art. 1236 c.c.

Per la tesi opposta, invece, è ammessa la rinuncia abdicativa al diritto di proprietà immobiliare grazie all'art. 827 c.c. e, in parte, all'art. 586 c.c.

La prima norma stabilisce che i beni immobili che sono nullius vengono acquisiti direttamente dallo Stato; la seconda norma conferma il contenuto dell'art. 827 c.c. solo che specifica che questo avviene in caso di mancata accettazione dell'eredità e se i beni del patrimonio del de cuius non possono essere devoluti a nessuno perché non ci sono più successibili.

Per questi autori il bene immobile oggetto di rinuncia diviene dello Stato; un proprietario, quindi, c'è ed esiste anche se questo viene individuato in maniera indiretta e riflessa e come conseguenza di un atto unilaterale e non traslativo.

La giurisprudenza più recente ha accolto questa tesi.

I giudici della Corte di Cassazione hanno assecondato anche delle decisioni dei giudici amministrativi.

Si è specificato, infatti, che è preferibile ammettere una rinuncia abdicativa al diritto di proprietà immobiliare soltanto se il privato non persegue scopi elusivi e sovversivi contro lo Stato.

Il privato non può deliberatamente rinunciare al diritto di proprietà solo perché vuole esimersi dal pagamento di tasse e oneri economici gravosi; se questo fosse ammissibile, quei pagamenti dovrebbero essere effettuati dal nuovo proprietario, lo Stato, e ciò avrebbe delle ripercussioni sulla comunità dei consociati.

In conclusione, quindi, il proprietario può rinunciare solo ad un immobile improduttivo perché questo atto unilaterale sarebbe lecito e non provocherebbe danni indiretti allo Stato ed ai cittadini.

Dott.ssa Rosapia Policastro