Il cliente e l’assistito: non solo una sfumatura terminologica

09.10.2023

I termini "cliente" e "assistito", sebbene siano indicativi del medesimo soggetto (ossia colui che si rivolge all'avvocato per sottoporgli una questione giuridica), fanno riferimento a due momenti differenti del rapporto che viene ad instaurarsi con il proprio difensore.

Si parla di "cliente" nel momento in cui lo stesso decide di sottoscrivere il contratto di mandato, cioè quel contratto con il quale una parte (mandatario/avvocato) assume l'obbligo di compiere uno o più atti giuridici nell'interesse e/o per conto dell'altra parte (mandante/cliente).

Il predetto contratto, dunque, regola il rapporto interno tra mandante e mandatario e presenta le seguenti caratteristiche: è consensuale, ovverosia produce i suoi effetti nel momento dello scambio del consenso tra le parti; ha effetti obbligatori e forma libera; la sua esecuzione è differita; si presume oneroso, tuttavia nulla vieta che possa essere stipulato anche a titolo gratuito; è un contratto c.d. intuitu personae, difatti si estingue in caso di morte del mandatario.

Il contratto di mandato, inoltre, può essere con o senza rappresentanza: nel primo caso (con rappresentanza), ai sensi dell'art. 1704 c.c., il mandatario agisce in nome e per conto del mandante, pertanto vi è la spendita del nome del mandante da parte del mandatario in ragione del conferimento del potere di rappresentanza; nel secondo caso (senza rappresentanza), ex art. 1705 c.c., il mandatario agisce in nome proprio e per conto del mandante, essendo necessario un successivo atto di trasferimento per far sì che gli effetti dell'atto compiuto dal mandatario impattino la sfera giuridica del mandante.

Si rappresenta, tra l'altro, che il contratto di mandato può assumere diverse forme: esso può essere conferito da più persone ad un unico avvocato (mandato collettivo); ancora tale contratto può essere conferito a più difensori, che hanno il dovere di agire congiuntamente (mandato congiuntivo) o disgiuntamente (mandato disgiuntivo), a seconda delle modalità stabilite nel contratto stesso; il contratto di mandato può essere altresì generale, quando riguarda tutte le azioni afferenti ad un certo affare del mandante, oppure speciale, quando è limitato al compimento di uno specifico atto riguardante il mandante.

Il mandatario deve agire con la diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1710 c.c., ovverosia egli deve eseguire quanto previsto dal contratto di mandato, rispettandone i limiti; deve tenere sempre informato il proprio cliente; deve attuare personalmente il mandato, salvo che il mandante non ammetta la possibilità che il mandatario si avvalga dell'aiuto di sostituti.

Il mandante a sua volta è obbligato a corrispondere il compenso dovuto al proprio difensore per l'attività prestata, compenso che è dovuto indipendentemente da quale sia stato l'esito – l'obbligazione del difensore è definita "di mezzi" e non "di risultato", in quanto non è importante come il giudizio si concluda, bensì è fondamentale che il professionista metta a disposizione del proprio cliente tutte le competenze e i mezzi a propria disposizione -.

L'art. 1722 c.c. prescrive le ipotesi tassative in cui il contratto di mandato si estingue, ipotesi che possono essere così sintetizzate: scadenza del termine, adempimento della prestazione dovuta, revoca del mandato da parte del mandante, rinuncia del mandatario, morte o interdizione o inabilitazione del mandante o del mandatario.

Una volta presa in esame la disciplina attinente al contratto di mandato e, dunque, al rapporto avvocato – cliente, è necessario soffermarsi sul termine "assistito".

Si parla di "assistito" quando si fa riferimento alla prestazione che il difensore esegue in giudizio nei confronti di colui che gli ha conferito la procura alle liti, la quale regola direttamente il rapporto tra mandante e mandatario, nonché quello tra mandante e terzo contraente (si intende la controparte).

In altri termini, la procura alle liti è una dichiarazione unilaterale e formale, in base alla quale il difensore può agire senza dover ottenere il consenso dal rappresentato ogni qual volta il primo intraprenda una qualche azione a tutela degli interessi del proprio assistito.

Ad ogni buon conto, occorre precisare che, ai sensi dell'art. 84 c.p.c., quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve eseguire la prestazione per cui ha ricevuto specifica procura alle liti, non potendo compiere atti rispetto ai quali non ha ricevuto espressamente il potere di agire.

La procura alle liti, proprio come il contratto di mandato, può essere generale o speciale ex art. 83 c.p.c.: nel primo caso (procura alle liti generale), essa si riferisce ad una serie indeterminata di processi in cui il soggetto rappresentato risulta coinvolto; nel secondo caso (procura alle liti speciale), essa si riferisce ad un singolo atto processuale o ad un singolo processo.

Si evidenzia, altresì, che la procura alle liti – sempre ai sensi dell'art. 83 c.p.c. – deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Inoltre, secondo quanto disposto dall'art. 85 c.p.c., la procura alle liti può essere sempre revocata e il difensore può rinunciarvi senza alcun limite, tuttavia la revoca e la rinuncia producono effetti solo dopo che la parte sia assistita da un nuovo avvocato.

Per concludere, dunque, è possibile affermare che le differenze terminologiche di cui si è detto non rappresentano un dato meramente formale, bensì sostanziale: il contratto di mandato è un contratto bilaterale che descrive il rapporto economico che intercorre tra il cliente e l'avvocato; la procura alle liti, invece, è un atto unilaterale relativo all'assistenza legale che il difensore deve prestare in giudizio al proprio assistito.

Per tutte queste ragioni i termini "cliente" e "assistito" fanno riferimento a momenti sostanzialmente diversi di un medesimo rapporto.

Avv. Laura Giusti