Il “decreto whistleblowing”

31.07.2023

Il 15 luglio 2023 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 24/2023 (c.d. "decreto whistleblowing"), che ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva europea 2019/1937.

Il decreto pare destinato ad avere un grande impatto nell'organizzazione interna delle nostre imprese, che dovranno adeguarsi sin da subito agli obblighi introdotti dalla nuova disciplina.

Esso ha come obiettivo (art. 1) "la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell'Unione europea che ledono l'interesse pubblico o l'integrità dell'amministrazione pubblica o dell'ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato".

Tali segnalazioni potranno essere trasmesse tramite canali interni, esterni (attivati dall'Autorità nazionale anticorruzione), ovvero ancora mediante divulgazioni ai mass media.

Il decreto istituisce l'obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, di attivare canali di segnalazione, di adottare procedure per l'effettuazione e la gestione delle segnalazioni, nonché di garantire le misure di tutela nei confronti dei segnalanti.

Tali obblighi, più precisamente, sono posti a carico delle pubbliche amministrazioni, delle autorità amministrative indipendenti, degli enti pubblici economici, degli organismi di diritto pubblico, dei concessionari di pubblico servizio, delle società a controllo pubblico e delle società in house; nel settore privato, a carico dei soggetti che, nell'ultimo anno, hanno impiegato in media almeno cinquanta dipendenti, hanno adottato un modello organizzativo ai sensi del d. lgs. n. 231/2001 o rientrano comunque nell'ambito di applicazione degli atti dell'Unione europea – elencati nell'allegato al decreto – in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell'ambiente.

I gruppi che hanno impiegato, nell'ultimo anno, fino a una media di duecentoquarantanove dipendenti, possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione.

Il decreto tutela come segnalanti non solamente i dipendenti, ma anche un ampio novero di altri soggetti, fra cui liberi professionisti, consulenti, tirocinanti, azionisti, persone che rivestono funzioni di amministrazione, direzione, controllo e vigilanza o rappresentanza, parenti entro il quarto grado del segnalante.

Chi effettua la segnalazione è protetto dal divieto di ritorsioni, anche indirette (tra cui, ad esempio, il licenziamento, la mancata promozione, il demansionamento, l'adozione di procedimenti disciplinari, il mancato rinnovo o la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine, ecc.) e beneficia di misure di sostegno fornite da enti del terzo settore (in particolare, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni).

Fermo restando ogni altro eventuale profilo di responsabilità ravvisabile in capo al datore di lavoro, l'Anac può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie fino a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni, che si è tentato di ostacolare la segnalazione, che non sono stati istituti canali o procedure idonei per la sua effettuazione, gestione o verifica.

I soggetti obbligati che non l'abbiano ancora fatto, dovranno pertanto istituire o implementare quanto prima i canali di segnalazione, predisponendo misure idonee alla salvaguardia della riservatezza di chi segnala e di chi è coinvolto nella segnalazione, così come del contenuto di quest'ultima.

Dovranno inoltre regolamentare la gestione delle segnalazioni, affidandola a incaricati interni o esterni adeguatamente formati.

Infine, si renderà necessaria una diffusa attività di informazione e sensibilizzazione del personale e dei terzi interessati, in ordine alle finalità e alle modalità d'utilizzo dei canali di segnalazione.

Avv. Claudio Serra