Il delitto di associazione mafiosa: l’apparato strutturale

01.02.2023

A pochi giorni dall'arresto di Matteo Messina Denaro, uno degli ultimi esponenti della mafia stragista corleonese, può essere interessante capire quali siano gli elementi la cui sussistenza è necessaria per la configurazione del delitto di associazione mafiosa. 

Cosa distingue un gruppo di delinquenti da una consorteria mafiosa?

Viene in nostro aiuto l'art. 416 bis c.p. che al comma 3 descrive il c.d. metodo mafioso, fissando i tre elementi caratterizzanti che devono necessariamente sussistere perché possa parlarsi di associazione mafiosa: "L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.".

Primo dei parametri è la forza di intimidazione del vincolo associativo e cioè la capacità dell'associazione di estendere attorno a sé un alone permanente di intimidazione diffusa, tale da mantenersi vivo anche a prescindere da singoli atti intimidatori concreti. Si tratta, quindi, della fama di violenza e sopraffazione che l'associazione ha sviluppato intorno a sé e di cui i singoli sodali si avvalgono, quantomeno lasciando intendere di far parte dell'associazione stessa. Un esempio: il sodale che si rivolge a un negoziante per chiedere il c.d. "pizzo" non ha bisogno di utilizzare violenza o minaccia per ottenerlo, ma sarà sufficiente fare riferimento alla sua appartenenza alla propria associazione mafiosa per incutere una paura tale e sufficiente ad ottenere quello che vuole.

Diretta conseguenza della forza di intimidazione sono la condizione di assoggettamento e di omertà. Con assoggettamento si intende una particolare situazione di paura, di soggezione psicologica e sottomissione che si può rinvenire principalmente nel territorio in cui l'associazione opera. In altre parole, lo sfruttamento della forza intimidatrice comporta uno stato di terrore tale all'esterno (ma anche all'interno della stessa associazione) da creare un terreno favorevole per il proprio operato. I sodali sanno di poter tenere certe condotte proprio perché la condizione di sottomissione in cui si trovano i soggetti esterni al sodalizio garantisce loro di poter agire a loro piacimento.

Infine, terzo parametro è l'omertà, l'elemento che ha reso e rende anche oggi molto difficile la lotta alle mafie. Essa si manifesta come un particolare atteggiamento del soggetto che si trova in stato di assoggettamento e si traduce nel rifiuto incondizionato e tendenzialmente assoluto a collaborare con gli organi statali, non solo per timore di rappresaglie, o per volontà di proteggere la consorteria di cui si fa parte, ma anche per la tendenza a negare ogni legittimazione a qualsiasi interferenza dello Stato nella sfera dei singoli e quindi negli affari del gruppo[1]. Perché sussista questa condizione, basta che il rifiuto di collaborare sia sufficientemente diffuso, anche se non di portata generale e che l'atteggiamento omertoso derivi dalla paura dell'attuazione di minacce che possono provocare dei danni rilevanti. Gli episodi di "rottura" dell'omertà vengono chiamati "pentitismo".

Quanto brevemente analizzato viene, come già detto, chiamato "metodo mafioso" e rappresenta l'apparato strutturale-strumentale di cui la consorteria si deve servire per poter essere configurata come mafiosa. Evidentemente, le mafie sono molto cambiate e questi elementi sono sempre più difficili da provare.

Molto ci sarebbe da dire su ciascuno dei: un fenomeno così complesso ha meritato e continua a meritare trattazione approfondite e complesse, ma ci auguriamo che questo contributo possa dare almeno una infarinatura generale.

Dott.ssa Alice Lambicchi


[1] G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, III ed., 2015, Giuffrè Editore, Milano