Il divieto di maternità surrogata e l’istituto dell’adozione in casi particolari ai sensi dell’art. 44. lett. d) della l. n. 184/1983

28.07.2023

Con il termine maternità surrogata si definisce la pratica utilizzata da una donna che si obbliga contrattualmente a cedere il proprio utero per fini procreativi; gli altri contraenti possono essere una coppia omosessuale o eterosessuale.

Si tratta della pratica, illecita nel nostro ordinamento giuridico ma legale in altri Stati, del cd. utero in affitto.

La maternità surrogata è vietata in Italia poiché la gestante spesso "mette a disposizione" i propri ovociti e il proprio utero dietro corrispettivo di un prezzo; nonostante la pratica sia utilizzata anche a titolo gratuito, la recente giurisprudenza l'ha sempre ritenuta lesiva della libertà e della dignità della donna.

La maternità surrogata è, infatti, reato previsto e sanzionato all'art. 12 comma 6 della l. n. 40/2004.

E' questo, infatti, il motivo per il quale le coppie omosessuali o eterosessuali ricorrono alla maternità surrogata all'estero. Il genitore biologico presta il proprio gamete alla donna gestante e in seguito al parto il nascituro viene riconosciuto dal genitore intenzionale cioè quello che non ha partecipato biologicamente alla procreazione.

Il riconoscimento dello status filiationis del figlio, che biologicamente è solo di un genitore, ha sollevato un vivace dibattito giuridico, politico ed etico in Italia.

Il provvedimento giurisdizionale o la delibazione della sentenza di riconoscimento della filiazione, infatti, non ha valore giuridico nel nostro Stato.

I giudici della Cassazione hanno ritenuto che il provvedimento giurisdizionale sia lesivo del divieto di ordine pubblico, il quale è un presupposto obbligatorio per il riconoscimento degli atti giuridici esteri.

Successivamente, la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha sanzionato l'Italia per non aver riconosciuto lo stato di figlio di entrambi i genitori di un nato all'estero.

In seguito, in ottemperanza a quanto voluto dai giudici di Strasburgo, la giurisprudenza ha ritenuto che al fine di rispettare l'art. 8 CEDU e il diritto all'identità personale del figlio nato, le coppie eterosessuali o omosessuali possono utilizzare l'istituto dell'adozione non legittimante.

L'adozione in casi particolari, quindi, è attualmente lo strumento alternativo utilizzabile dal genitore intenzionale per adottare il figlio del genitore biologico.

Di recente, però, il problema si è ripresentato poiché è stata sollevata questione di legittimità costituzionale nella misura in cui l'art. 44 alla lett.d) non tutela pienamente la libertà e l'individualità del nato.

I profili di illegittimità della norma sono stati individuati dal giudice a quo nei seguenti termini: l'art. 44 non permette al figlio di instaurare rapporti di parentela rispetto al genitore intenzionale, il genitore biologico deve prestare il consenso all'atto di adozione del genitore intenzionale e il figlio non ha una iniziativa autonoma in punto di richiesta di adozione.

La Corte costituzionale ha censurato soltanto il primo di questi tre profili; in altri termini l'art. 44 è una disposizione costituzionalmente legittima tranne per quanto riguarda i rapporti di parentela.

Attualmente, infatti, sono nonni e zii del nato, ad esempio, i genitori e i fratelli o sorelle del genitore non biologico.

Il problema normativo però permane poiché in caso di opposizione o mancato consenso all'adozione da parte del genitore biologico il figlio non può richiedere spontaneamente il riconoscimento dello statuts filiationis. Egli, quindi, rimarrebbe privo di una tutela giuridica adeguata.

La Corte costituzionale, quindi, nonostante abbia ritenuto che l'istituto sia utilizzabile sotto altri aspetti si è pronunciata con una sentenza monito invitando il legislatore ad intervenire sul punto.

Nelle more, noto il dibattito politico recente sulla costituzionalità della norma che ritiene la pratica un illecito penale, la giurisprudenza si è pronunciata nuovamente.

La soluzione prospettata potrebbe essere quella di bilanciare la tutela del figlio e quella della dignità della donna.

Potrebbe, infatti, utilizzarsi lo strumento dell'adozione in casi particolari o riconoscere la sentenza straniera con cui si accerta lo status filiationis solo quando la donna stipuli il contratto in condizioni eque e cioè non abbia subito pressioni psicologiche o non sia stata remunerata.

Dott.ssa Rosapia Policastro