Il nuovo codice della strada e i disabili: lessico da (gran)cassa.

27.02.2022

Il 10 novembre 2021 sono entrate in vigore le modifiche e le nuove norme riguardanti il Codice della Strada, introdotte con D.L 121/2021 conv. L 156/2021. In questo contesto importanti novità riguardano le persone con disabilità, novità che, a dire il vero, sembrano smascherare una sorta di doppia personalità del legislatore.

Forse è mancato un po' di coraggio. Da un lato, infatti, vuole assicurare ad esse un migliore trattamento lessicale, dall'altro concretamente si introduce una previsione penalizzante.

Si è disposto che all'interno del Codice della Strada (C.d.S. D.Lgs 285/1992) tutte le parole "disabili in carrozzella" siano sostituite con "persone con disabilità" e le parole "debole" e "deboli" con le parole "vulnerabile" e vulnerabili". In un'epoca in cui abbiamo timori, dubbi e riverenze nei confronti del lessico di genere ampiamente inteso, si ammette che è stato uno sforzo apprezzabile e - si direbbe - dovuto. Siamo ormai tanto abituati a pesare vocali e categorie che era forse scontato che cominciasse ad adeguarsi anche la normativa, che notoriamente è il fanalino di coda del progresso sociale (ahinoi!).

Il punto è: si tutelano le persone con le parole o con i fatti?
Le norme introducono anche alcune modifiche sostanziali relative agli stalli dedicati alle auto delle persone con disabilità (art 188 C.d.S.). Partiamo dalle buone notizie: la modifica apportata al co. 4 raddoppia nel minimo e nel massimo l'utilizzo senza titolo di detti stalli. Attenzione, dunque, perché si può incorrere in una sanzione che va da 168€ a 672€.
Veniamo alla nota dolente: il nuovo co 3 bis, entrato in vigore solo dal 1° gennaio 2022.

Esso dispone che "ai veicoli al servizio di persone con disabilità, titolari del contrassegno speciale ai sensi dell'articolo 381, comma 2, del regolamento, è consentito sostare gratuitamente nelle aree di sosta o parcheggio a pagamento, qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati". La norma dispone, in pratica, che il disabile deve pagare la tariffa prevista dal comune per il parcheggio sulle cd. strisce blu ogni volta in cui sia libero l'apposito spazio per i disabili ma (per qualche motivo) gli sia più comodo parcheggiare altrove.

Il tema non è nuovo per nulla. Non è un tema nuovo nemmeno alla giurisprudenza. La Cass. Civ. 18351/2015 (e precedentemente 21271/2009) aveva già stabilito che è legittimo richiedere il pagamento della tariffa per le cd. strisce blu al disabile persino in caso in cui gli stalli adibiti ai titolari di contrassegno fossero tutti impegnati. La Suprema Corte motivava: "non potendo invocarsi [...] l'esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili, poiché, dalla gratuità della sosta deriva un vantaggio meramente economico e non un vantaggio in termini di mobilità, che è invece favorita dalla concreta disponibilità delle aree di sosta". Potremmo azzardare che si tratta di una pronuncia non particolarmente illuminata dal principio di uguaglianza sostanziale. E potremmo sostenerlo semplicemente affermando che il disabile, laddove necessita di spostarsi in macchina e solo in macchina, potrebbe indirettamente incontrare delle limitazioni alla propria mobilità laddove non avesse la disponibilità economica per poter continuativamente pagare il parcheggio.

E questo può essere vero anche nel caso in cui il soggetto non sia nelle condizioni di estrema povertà o simili, tali da giustificare il godimento di diverso tipo di assistenza socio-economica.
In sostanza: è innegabile che un disabile, per necessità legata alla sua condizione, si esponga più di altri a dover pagare la tariffa per l'utilizzo delle cd. strisce blu.
Ancor prima delle pronunce in sede civile, il TAR Lazio con sent. 6044/2005 aveva annullato la nota ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che riteneva non fosse legittimo richiedere il pagamento della tariffa per l'utilizzo delle cd. strisce blu quando gli stalli appositamente adibiti fossero stati occupati.

La recente normativa riporta la giurisprudenza al punto di partenza. Il legislatore sembra voler insistere nella sua interpretazione per cui la gratuità dell'utilizzo delle cd. "strisce blu" in particolari condizioni deve essere interpretata come misura di uguaglianza sostanziale rispetto al diritto alla mobilità.
Le modifiche, tra l'altro, prevedono la facoltà per gli enti locali di aumentare le tariffe per le cd. strisce blu al fine di coprire le possibili minori entrate derivanti dalla nuova previsione.

Se vogliamo uscire dalla sola ottica giuridica non possiamo non criticare il complesso delle nuove previsioni. Innanzitutto ci si chiede: come può il disabile dimostrare che al momento in cui ha parcheggiato la sua macchina tutti gli stalli erano occupati? E, a dirla tutta, è davvero in capo al disabile l'onere di dimostrare che gli stalli erano tutti occupati? Ci si chiede, infatti, come si potrebbe adempiere a un tale obbligo quando tutti possiamo facilmente intuire che la situazione dei parcheggi su strada pubblica è mutevole da momento a momento.
Oltretutto la norma prevede la possibilità di aumentare le tariffe per la sosta. Sembrerebbe: oltre il danno, la beffa. Il disabile dovrebbe dimostrare che gli stalli erano occupati per non pagare una tariffa che è stata innalzata al fine di coprire le spese per il mancato pagamento proprio da parte del disabile, che però deve pagare perché è troppo difficile dimostrare che non doveva pagare. Scusate, corto circuito.

Di qui la proposta coraggiosa e sfrontata: al fine di favorire l'uguaglianza sostanziale e la semplificazione amministrativa, non possiamo immaginare soluzioni migliori? Si potrebbe semplicemente prendere atto, in ottica di espressione della massima sensibilità non solo lessicale ma anche fattuale, che il disabile potrebbe avere più comodo a parcheggiare anche solo 50 metri più vicino al luogo dove deve recarsi. Non possiamo dimenticare che si tratta di persone a ridotta mobilità, talvolta ridottissima. Il solo salire e scendere dalla macchina può richiedere anche diversi minuti. E allora perché non stabilire la totale gratuità dell'utilizzo delle cd. strisce blu? In tal modo l'aumento delle tariffe andrebbe a coprire perdite sicure ed effettive e sarebbe davvero giustificato, nessun corto circuito.
Anche a non voler essere tanto lascivi, perché non prevedere, allora, sconti sulle tariffe? O abbonamenti agevolati. L'esercizio del diritto alla mobilità, così come tanti altri diritti fondamentali, spesso e volentieri è connesso a misure di agevolazione di natura economica. Non possiamo dimenticare che ci sono stalli gratuiti per le auto elettriche, che in alcuni comuni non sono tenute a pagare né il bollo né la sosta e circolano anche in aree con le più stringenti limitazioni al traffico cittadino. Vi sono numerosi comuni dove le auto alimentate a gpl pagano abbonamenti a prezzi calmierati con sconti che vanno dal 30% al 50%.

Solo in questi casi la tutela dell'ambiente vale a giustificare l'agevolazione economica?

Fino al periodo precedente l'introduzione di questa norma, la gran parte degli enti locali prevedeva la gratuità dell'utilizzo delle cd. strisce blu da parte dei disabili, senza alcuna condizione. Solo alcuni comuni si distinguevano per la poca sensibilità al tema, la maggior parte ubicati in località ad elevata affluenza turistica. Solo il tempo ci darà conto dell'impatto concreto della nuova normativa.

Verrebbe a questo punto da tirare le fila sottolineando che se la coerenza non è mai stata una virtù riconosciuta, la giustizia lo è sin dai tempi di Platone, intesa come equa redistribuzione e scambio compensativo fra chi ha e chi non ha, in ottica di garanzia della concordia e di uguaglianza nella Repubblica.

Dott.ssa Camilla Ragazzi