Il principio di tipicità dei diritti reali e le servitù volontarie

18.12.2023

Il principio di tipicità dei diritti reali non è contenuto in nessuna norma del Codice civile, ma nonostante questo si è soliti distinguerlo in due corollari; essi sono il principio di tipicità in senso stretto e il principio del numero chiuso.

Il primo impone che i diritti reali siano solo quelli espressamente previsti dalla legge ma nel senso che essi devono avere il contenuto descritto dal legislatore nelle norme che li classificano. In termini semplici i diritti reali sono quelli che hanno le caratteristiche che il legislatore ha espressamente previsto e cioè inerenza, realità e ius sequele.

I diritti reali, quindi, per essere tali devono necessariamente avere le caratteristiche della ambulatorietà, immediatezza e inerenza alla res.

Per il secondo, invece, ci si riferisce al fatto che i diritti reali conosciuti nel nostro ordinamento sono solo quelli elencati nel Codice civile.

L'autonomia negoziale non può creare diritti reali diversi; in altri termini, non possono sorgere nuovi diritti reali mediante contratto.

I diritti reali sono solo quelli previsti dal legislatore con le loro caratteristiche: ambulatorietà, immediatezza, inerenza. L'autonomia negoziale degli individui, quindi, ha un limite nel senso che non possono essere creati nuovi diritti reali mediante contratto; per questo motivo è bene ammettere che il principio di tipicità dei diritti reali è a carattere imperativo e il contratto con il quale le parti si impegnano a creare nuovi diritti reali è nullo per violazione di legge.

La giurisprudenza della Cassazione civile lo ha ribadito di recente.

Per comprendere la conclusione dei giudici di legittimità è opportuno capire quale sia la ratio, cioè il motivo per il quale le parti non possono creare diritti reali nuovi.

Nel tempo sono state individuate diverse ragioni ma quella che più corrisponde alla nostra società attiene al fatto che mediante la creazione di diritti reali diversi da quelli normativamente previsti, si corre il rischio di invadere la sfera giuridica dei soggetti terzi cioè quelli estranei al contratto.

Coloro che concludono un accordo e costituiscono un nuovo diritto reale lo conoscono anche a livello di contenuto ma creano delle difficoltà nel capire di quale diritto si tratta per colui che, ad esempio, acquista un bene sul quale grava un diritto reale per lui ignoto perché nuovo.

Il soggetto terzo per comprendere l'entità del peso, cioè del diritto, che grava sul fondo che intende acquistare deve effettuare numerose ricerche subendo dei costi eccessivi.

Un altro motivo è che le ricerche che il terzo affronta gli impongono di consultare i registri immobiliari dove il diritto reale deve essere trascritto.

Si è pensato infatti che il principio di tipicità dei diritti reali fosse coerente con il principio di tassatività delle fattispecie trascrivibili.

Per quest'ultimo, infatti, non possono essere trascritti diritti diversi da quelli espressamente previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2643 c.c.

Il soggetto estraneo al contratto, quindi, non solo deve affrontare spese economiche ingenti per capire di che diritto reale si tratta ma rischia anche di rimanere insoddisfatto perché tra gli atti soggetti a trascrizione non rientra il contratto che prevede un diritto reale nuovo.

Potrebbe accadere che il terzo resti pregiudicato da un diritto reale che non conosce e che non può neanche conoscere perché quell'atto non può essere trascritto.

Il ragionamento della giurisprudenza si basa su questi concetti.

Si ritiene, quindi, che il diritto reale nuovo produce effetti nella sfera giuridica di un soggetto estraneo al contratto. Un soggetto che non può sapere di cosa si tratta con certezza.

Nonostante queste conclusioni ci sono delle aperture giurisprudenziali a che il principio di tipicità dei diritti reali non sia un limite a carattere imperativo.

I motivi per i quali si potrebbe ritenere valido un contratto che crea un diritto reale diverso da quelli previsti dalla legge sono due.

Il primo motivo è che il principio di tassatività delle fattispecie trascrivibili è superato.

L'art. 2644 c.c. infatti prevede che sono tassativi solo gli effetti della trascrizione nei registri immobiliari e che la tassatività non riguardi gli atti dai quali essi provengono.

La trascrizione è, infatti, un modo attraverso il quale si possono risolvere i conflitti tra due acquirenti dal medesimo soggetto. Colui che ha trascritto per primo lo ha fatto validamente anche se ha acquistato dopo il primo acquirente.

Solo questi effetti sono tassativi; in termini semplici, la trascrizione non può avere una funzione diversa per gli atti che comportano l'acquisto a titolo derivativo del diritto di proprietà o di altri diritti reali.

Non esiste, quindi, il principio di tassatività degli atti trascrivibili ma solo dei suoi effetti. Se questo è vero, quindi, è ammessa la trascrizione di un contratto che crea un nuovo diritto reale a condizione che la trascrizione assolva la funzione di pubblicità immobiliare che le è propria.

Il secondo motivo è che il nuovo diritto reale è validamente costituito a condizione che abbia semplicemente le caratteristiche naturali ed essenziali dei diritti reali previsti dalla legge.

La conferma di questa seconda motivazione proviene direttamente dalla legge.

Nel Codice civile, infatti, è previsto un elenco tassativo e chiuso di diritti reali ma ci sono degli spazi di atipicità. Questo vuol dire che è ammesso, già per volontà del legislatore, che due contraenti creino un diritto reale che è tra quelli previsti nell'elenco ma che abbia un contenuto atipico.

Il motivo è che il Codice civile quando parla del diritto di servitù volontaria non tipizza il suo contenuto.

Semplicemente, quindi, le parti possono creare una servitù che abbia il contenuto scelto da loro.

In conclusione, il contratto è valido anche se crea un diritto reale diverso a condizione che il contenuto peculiare che le parti gli attribuiscono, rispetti le caratteristiche principali dei diritti reali.

Dott.ssa Rosapia Policastro