
Le indagini difensive nel processo penale: evoluzione normativa, utilità e prospettive applicative
A cura di Dott. Domenico Ruperto
Le indagini difensive rappresentano un pilastro fondamentale nel sistema accusatorio. Esse esprimono in modo compiuto il principio di parità delle armi (art. 111, comma 2, Cost.), conferendo anche alla difesa la possibilità di svolgere attività investigativa autonoma, parallela e complementare a quella del pubblico ministero. Tale facoltà assume una valenza strategica decisiva per l'effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost.), superando la visione tradizionale secondo cui la ricerca della prova era competenza esclusiva dell'accusa.
Originariamente previste in forma molto limitata, le indagini difensive hanno conosciuto una significativa evoluzione grazie alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, che ha riformato in profondità gli articoli 327-bis e ss. c.p.p.
La riforma ha introdotto una disciplina organica dell'attività investigativa del difensore, estendendone l'ambito temporale, soggettivo e oggettivo.
L'art. 327-bis c.p.p. stabilisce che il difensore dell'imputato, della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa può svolgere attività investigativa al fine di ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito. L'attività può essere svolta sin dal momento dell'iscrizione della notizia di reato, ma anche nella fase precedente, purché in funzione della instaurazione di un procedimento.
Nella fase delle indagini preliminari, le indagini difensive assumono un valore strategico decisivo. Il loro scopo è duplice: da un lato, consentono alla difesa di contrastare l'impostazione accusatoria del pubblico ministero, raccogliendo elementi che smentiscano l'ipotesi di reato o che conducano a un'interpretazione favorevole dei fatti; dall'altro, permettono di orientare scelte processuali cruciali, come la richiesta di riti alternativi, la definizione di strategie dibattimentali o l'eventuale richiesta di archiviazione.
Al termine delle indagini, gli atti raccolti dal difensore non confluiscono automaticamente nel fascicolo del pubblico ministero, ma possono essere depositati nel fascicolo del difensore, come previsto dall'art. 391-octies c.p.p. Tali atti potranno essere successivamente introdotti nel fascicolo del dibattimento tramite richiesta di parte, assumendo pieno valore probatorio una volta ammessi dal giudice.
Le indagini difensive possono assumere diverse forme: colloqui non documentati con persone informate dei fatti (art. 391-bis c.p.p.), assunzione di dichiarazioni scritte (art. 391-ter), acquisizione di documentazione (art. 391-quater), accesso a luoghi e cose (art. 391-sexies), richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione (art. 391-quinquies). Se necessario, il difensore può anche ricorrere all'assistenza di consulenti tecnici.
Particolarmente rilevante è la distinzione tra attività investigativa informale, che non necessita di particolari garanzie procedurali, e atti tipizzati, per i quali è invece richiesto il rispetto di determinate formalità (ad esempio la verbalizzazione, la presenza del difensore avverso, la notifica all'indagato o all'imputato).
La legge 397/2000 consente al difensore di avvalersi di sostituti e ausiliari, tra cui anche investigatori privati autorizzati ex art. 222 disp. att. c.p.p. Il loro operato, tuttavia, resta rigidamente subordinato al mandato del difensore e non può sostituire l'attività di valutazione giuridica e processuale propria dell'avvocato.
Analoga rilevanza assume il contributo del consulente tecnico, il cui apporto può essere determinante nell'analisi di prove scientifiche, informatiche o documentali, con possibilità di redigere relazioni tecniche difensive da allegare agli atti del processo.
Nonostante il riconoscimento normativo e costituzionale, le indagini difensive continuano a incontrare ostacoli di natura pratica e culturale. In primis, l'asimmetria di poteri tra pubblico ministero e difensore si traduce in una disparità di accesso a fonti di prova e strumenti investigativi. In secondo luogo, permane una certa diffidenza da parte degli organi giudiziari nei confronti delle prove raccolte dalla difesa, spesso valutate con maggiore sospetto rispetto a quelle prodotte dal PM.
Ulteriore limite è rappresentato dai costi, che ricadono integralmente sulla parte privata, scoraggiando l'uso sistematico dello strumento, soprattutto nei procedimenti a bassa complessità o con risorse economiche limitate.
Le indagini difensive costituiscono uno strumento essenziale per l'equilibrio tra accusa e difesa nel processo penale. Esse non solo rafforzano il contraddittorio, ma restituiscono centralità al ruolo dell'avvocato come soggetto attivo nella formazione della prova. In un'ottica evolutiva, è auspicabile una maggiore valorizzazione di tali strumenti anche da parte della giurisprudenza, nonché un ulteriore intervento legislativo che ne ampli l'efficacia concreta, riducendo le disparità con l'attività del pubblico ministero e incentivando un vero modello di giustizia paritaria.