Invalidita’, nullita’ annullabilita’, eccesso di potere: una storia “a puntate”. (parte 1)

09.12.2022

Il provvedimento amministrativo è la trasposizione, in un atto, della decisione ponderata (a volte...) della Pubblica Amministrazione che rappresenta l'affermazione della pretesa ovvero la negazione di un interesse legittimo in grado di incidere, da subito, nella sfera giuridica di un soggetto. 

E, diciamocelo francamente, fa gioire o arrabbiare. 

Spesso, in questa seconda ipotesi, ci si chiede cosa sia potuto andare storto e come si possa "invitare" (eufemisticamente) la P.A. a voler riconoscere a noi cittadini ciò che ci spetta. 

Così, di solito, si prende con una certa veemenza l'atto che ci ha fatto perdere il sonno e lo si porta dall'avvocato, il quale ci spiegherà la differenza fra la nullità e l'annullabilità degli atti ostesi dall'amministrazione. 

E ci spiegherà anche che, spesso, un atto sembra ben fatto e la decisione correttamente assunta, ma in realtà cela dietro le sue righe una filigrana di vizio che chiamerà "eccesso di potere". 

Se volete saperne di più, non vi resta che leggere oltre.

Sapere quali sono i motivi per cui un cittadino può rivolgersi al G.A. per la (accertanda) lesione del proprio interesse legittimo, ci darà sicuramente una consapevolezza maggiore nel raffrontarci col professionista scelto.

Una piccola premessa: a volte i giuristi parlano come i medici. Così non sarà difficile sentire pronunciare le parole "fisiologia" e "patologia" riferendosi ad un atto. Niente paura, è tutto normale.

In questa sede è utile parlare della patologia dell'atto, rimandando alla fisiologia in un futuro contributo.

Un provvedimento si dice patologico quando è affetto da invalidità, che si verifica quando la difformità tra l'atto e le norme determina una lesione di interessi tutelati da queste stesse. 

L'invalidità, dunque, può essere definita più precisamente come la discrasia di un negozio o di un atto dal suo modello legale.

Anzitutto bisogna dire che non tutti i casi di difformità tra il provvedimento e le norme che lo disciplinano danno origine a invalidità. 

Le conseguenze di tale difformità, infatti, possono essere variamente graduate dallo ius positum

Nei casi di imperfezioni minori l'atto è semplicemente irregolare e può essere rettificato o regolarizzato mediante le regole dettate dalle L. 241/90.

Può essere sanzionata, in funzione della gravità della violazione, con due modalità: l'inidoneità dell'atto a produrre gli effetti giuridici tipici, cioè a creare diritti e obblighi o altre modificazioni nella sfera giuridica dei soggetti dell'ordinamento (nullità) o l'idoneità a produrli in via interinale, ovverosia fin tanto che non intervenga un giudice (o un altro organo) che, una volta accertatane l'invalidità, rimuova ex tunc gli effetti prodotti medio tempore.

Il regime dell'invalidità del provvedimento amministrativo si orienta, ma non corrisponde con quello accolto dal codice civile, che, nell'ambito della disciplina del contratto, distingue la nullità e l'annullabilità.

Ma ci sono delle precipue differenze, che non possono non tenersi in conto. 

Talché, non v'è chi non veda come nel diritto civile la nullità ha carattere atipico

È risaputo ampliamente che il codice del 1942 ha rifiutato la logica della tassatività delle ipotesi nelle quali essa è comminata (c.d. nullità «testuale») ovverosia delimitata da un numerus clausus di casi tassativamente previsti. 

Delinea invece uno schema atipico sanzionando con la nullità tutti i casi di contrarietà del contratto a norme imperative. Questa disposizione rimette all'interprete la valutazione caso per caso in ordine al carattere imperativo o meno della norma violata.

La nullità del provvedimento amministrativo è marcatamente tassativa, invece. 

Ed è prevista, solo in relazione a poche ipotesi ben definite dal legislatore. Di contro la violazione delle norme attributive del potere viene attratta nel regime ordinario dell'annullabilità.

Questo perché, giacché le norme in materia di contratti hanno di regola carattere dispositivo, possono cioè essere derogate dalle parti, nel diritto amministrativo, in coerenza con la logica della legalità e della tipicità, le norme attributive del potere, hanno di regola carattere cogente. 

Esse non possono essere cioè derogate o disapplicate dall'amministrazione. 

Sanzionare con la nullità ogni difformità tra provvedimento e norma attributiva del potere costituirebbe una reazione sproporzionata da parte dell'ordinamento.

L'invalidità può essere totale o parziale: la prima investe l'intero atto, la seconda una parte di questo, lasciando inalterata la validità e l'efficacia della parte non affetta dal vizio. Anche il provvedimento amministrativo può essere colpito da invalidità totale o parziale. 

Quest'ultima evenienza si può avere nel caso di provvedimenti con effetti scindibili, come in quello degli atti plurimi.

L'invalidità di un provvedimento può essere propria o derivata, originaria o sopravvenuta.

Nel caso di invalidità propria assumono rilievo diretto i vizi dei quali è affetto l'atto. Nel caso di invalidità derivata, l'invalidità dell'atto discende, per propagazione, dall'invalidità di un atto presupposto.

A sua volta, l'invalidità derivata può essere di due tipi: a effetto caducante, quando travolge in modo automatico l'atto assunto sulla base dell'atto invalido; a effetto invalidante, quando l'atto affetto da invalidità derivata, per quanto a sua volta invalido, conserva i suoi effetti fin tanto che non venga annullato. L'effetto caducante si ha quando si è in presenza di un rapporto di causalità logica tra i due atti presupposti, ovverosia quando il secondo costituisce una mera esecuzione del primo. Se invece l'atto successivo non costituisce una conseguenza inevitabile del primo, ma, di contro, presuppone nuove e ulteriori valutazioni che segnano una disomogeneità fra due atti, l'invalidità derivata ha soltanto un effetto viziante, e deve essere fatta valere attraverso l'impugnazione autonoma di quest'ultimo.

Avendo esaurito le considerazioni in merito all'invalidità propria e derivata, passiamo adesso ad analizzare e osservare l'invalidità originaria e l'invalidità sopravvenuta. Anzitutto occorre premettere che in linea di principio trova applicazione anche nel diritto amministrativo il principio del tempus regit actum.

Dato che l'esercizio del potere viene trasfuso nella forma del procedimento attraverso una pluralità di atti funzionalmente collegati e strumentali all'adozione del provvedimento finale, si pone il tema degli effetti del cambiamento delle norme vigenti sui procedimenti avviati, ma non ancora conclusi. Si pensi, a titolo di esempio alla circostanza della presentazione di una domanda di concessione edilizia. Se all'avvio dell'istruttoria interviene una normativa più restrittiva, la concessione non può essere più rilasciata.

Si parla di invalidità sopravvenuta dei provvedimenti amministrativi (sebbene attorno a tale definizione la dottrina ha avviato un dialogo parecchio effervescente) solo nei casi di legge retroattiva, di legge di interpretazione autentica e di dichiarazione di illegittimità costituzionale. Nei primi due casi, la retroattività della nuova legge rende viziato il provvedimento emanato in base alla norma abrogata. Nel terzo, poiché le sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale hanno efficacia retroattiva, esse rendono invalidi i provvedimenti assunti sulla base delle norme dichiarate illegittime e ai rapporti giuridici sorti anteriormente, a meno che non si tratti di rapporti esauriti, cioè di fattispecie ormai interamente realizzate.

Fatta questa necessaria premessa di carattere un po' tecnico, andiamo a trovare nella 241 del 1990 i casi tassativi di invalidità.

L'articolo 21septies parla della nullità del provvedimento e afferma che è tale quello che "manca degli elementi essenziali, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente vietati dalla legge".

Quindi la disposizione appena citata elenca quattro tipologie di nullità del provvedimento amministrativo:

  • Nullità strutturale: si ha quando manca uno dei requisiti essenziali dell'atto come soggetto, forma, oggetto, motivazione, sottoscrizione (una contestazione al cds che non contiene la motivazione dell'infrazione, ad esempio);
  • Nullità per difetto assoluto di attribuzione: è affetto da nullità il provvedimento che proviene da una amministrazione che non è "investita" dal potere di emanarlo, ossia quando nessuna norma attributiva del potere la riconosce come competente ad assumerlo (tornando alla nostra cara "multa" sarebbe nulla se fosse stata assunta, ad esempio, dal Sindaco);
  • Nullità per violazione o elusione del giudicato: si è in presenza di questo vizio quando l'amministrazione insiste a non onorare la statuizione giurisprudenziale passata in giudicato, emanando provvedimenti formali che con questa si pongono in diretto contrasto, ovvero quando l'amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione a quanto deciso dal giudice nella sentenza, intende di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già dichiarato illegittimo.
  • Le nullità testuali: sono quelle nullità che sono previste per legge e hanno una valenza del tutto residuale. Un esempio è quello previsto dall'art. 11, comma 2 della L. 241/1990.

Ma quali sono gli strumenti operativi per far valere il vizio di nullità di un provvedimento?

La tutela del cittadino è la solita e si svolge innanzi al giudice amministrativo, nel caso di lesioni di interesse legittimo e innanzi al giudice ordinario, per le questioni relative a provvedimenti nulli, incidenti su diritti soggettivi che, con riferimento ad atti ab origine inefficaci, non "degradano" (anche se sulla teoria della degradazione ci sarebbe molto di cui parlare) ad interessi legittimi.

Possono introdurre ricorso tutti i soggetti che vi abbiano interesse, siano essi portatori di interessi legittimi, di diritti soggettivi o di qualsiasi altro interesse leso dal provvedimento e possono farlo, ritiene la dottrina maggioritaria, entro 60 giorni dall'emanazione del provvedimento.

La giurisprudenza, invece, ha affermato la prescrizione decennale dell'azione di nullità solo a fronte di un atto adottato in violazione o elusione del giudicato.

Nel prossimo contributo vedremo assieme i casi di annullabilità del provvedimento e inizieremo la disamina singola dei casi di "eccesso di potere", locuzione evocativa, ma spesso utilizzata in maniera poco coerente.

Dott. Giovanni Lucio Vivinetto