L’ accertamento del nesso di causalità in tema di morti da amianto

27.06.2025

Cass. pen., sez. IV, del 6 novembre 2023, n. 44349 

A cura di Avv. Laura Giusti

L'accertamento delle responsabilità penali connesse all'insorgenza di patologie derivanti da un'esposizione ad amianto rappresenta uno dei temi principali in relazione al rapporto di causalità tra condotta ed evento.

Più precisamente, nei casi in cui l'evento morte risulti imputabile all'inalazione di fibre di amianto l'accertamento del nesso causale appare connotato da profili problematici a seconda della peculiarità della specifica malattia che venga in rilievo nel caso concreto.

Se per alcune patologie amianto-correlate, come il tumore polmonare, le difficoltà del giudizio causale devono essere legate al carattere multifattoriale della malattia, che rende impossibile per il Giudice escludere ogni decorso causale alternativo oltre ogni ragionevole dubbio, nei casi di morte per mesotelioma pleurico (patologia tumorale rara e incurabile, la cui eziologia è riconducibile all'amianto e a poche altre cause) le maggiori controversie derivano dalla dubbia utilizzabilità da parte del Giudice della teoria scientifica c.d. dell'effetto acceleratore.

Va chiarito che la riconducibilità dell'amianto tra i possibili fattori di rischio del mesotelioma costituisce solo un dato di partenza nella ricostruzione del processo causale sfociato nell'evento morte.

Una volta identificato l'amianto come causa materiale dell'innesco della malattia che ha condotto la PO al decesso, occorre individuare i soggetti la cui condotta, attiva o omissiva, abbia svolto un ruolo quantomeno concausale nell'insorgenza e nello sviluppo della malattia, ai quali, cioè, la causazione dell'evento risulti oggettivamente addebitabile.

Preliminarmente occorre definire se tale verifica debba essere svolta sul piano della causalità attiva o omissiva: in ambito commissivo il giudizio controfattuale ha per oggetto la c.d. causalità reale, ossia il collegamento eziologico effettivamente intercorrente tra la condotta (esposizione ad amianto) e l'evento (morte del lavoratore); per accertare la causalità attiva occorrerà procedere all'eliminazione mentale della condotta posta in essere dal soggetto agente, al fine di verificare se, in assenza di questa, l'evento si sarebbe comunque verificato o meno, posto che solo in questa seconda eventualità la condotta può dirsi causa dell'evento. In ambito omissivo, invece, il giudizio causale ha carattere necessariamente ipotetico, in quanto presuppone l'accertamento del decorso causale reale che ha condotto all'evento, ma in ultima analisi ha per oggetto la correlazione tra quest'ultimo e un elemento ideale, mediante un procedimento di addizione mentale; il Giudice dovrà, cioè, accertare se la condotta doverosa omessa, in ipotesi realizzata, avrebbe o meno impedito il realizzarsi dell'evento.

Nel contesto delle organizzazioni complesse e degli eventi lesivi cagionati nell'ambito di attività produttive, la qualificazione della condotta addebitata all'agente in termini attivi o omissivi presenta alcune problematicità, connesse alla contestuale presenza in capo a vari soggetti di posizioni di garanzia in senso tecnico – quale quella rivestita dal datore di lavoro rispetto all'integrità fisica dei dipendenti – e posizioni di garanzia in senso lato derivanti dall'attribuzione a livello organizzativo di poteri di gestione di rischi tipici (in questo senso Cass. SU n. 38342/14 – sentenza Thyssenkrupp).

In materia di esposizione a sostanze tossiche di origine industriale, l'alternativa viene sciolta attribuendo carattere commissivo alle condotte di quei soggetti che, attraverso determinazioni di tipo organizzativo, abbiano introdotto il fattore di rischio – rappresentato dall'amianto – la cui concretizzazione sia poi sfociata nell'evento lesivo: si può ritenere che ricadano nel paradigma commissivo tutte quelle ipotesi in cui l'agente si rimproveri di aver cagionato l'evento introducendo nella realtà un fattore di rischio prima inesistente, mentre la responsabilità assumerebbe carattere omissivo allorché si imputi al titolare di una posizione di garanzia di non aver impedito il concretizzarsi di una situazione di rischio già esistente (Cass. n. 43786/10).

Un problema che si manifesta in relazione all'insorgenza di malattie caratterizzate da lunga latenza, quale il mesotelioma, è rappresentato dalla successione di una pluralità di garanti nel tempo.

In questo caso, non basta ricollegare la morte del lavoratore all'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro, ma è necessario individuare, quali tra le numerose esposizioni intervenute nel tempo, abbiano rivestito efficacia causale nel determinare l'insorgenza e la progressione del tumore, onde poi identificare i soggetti cui l'esposizione sia imputabile per ciascun periodo rilevante.

Un simile accertamento risulta ostacolato dall'incertezza scientifica riguardo il mesotelioma pleurico: la comunità scientifica ha oggi abbandonato la tesi della c.d. "dose killer", secondo cui, una volta innescata la malattia, tutte le successive esposizioni ad amianto sarebbero ininfluenti sullo sviluppo del processo cancerogeno; si è così fatta strada la c.d. teoria dell'effetto acceleratore, secondo cui il protrarsi del tempo dell'esposizione all'amianto dopo l'inizio dell'induzione della malattia e prima del suo innesco irreversibile, o anche il sommarsi di pi esposizioni a diversi intervalli, sarebbe in grado di anticipare lo sviluppo della cancerogenesi e dunque l'evento lesivo.

Aderendo a quest'ultima teoria le condotte di tutti i soggetti garanti, succedutesi nei periodi in cui il lavoratore è stato esposto ad amianto, avrebbero un ruolo concausale rispetto alla verificazione dell'evento morte.

Il tema della causalità in materia di morti per mesotelioma pleurico è al centro della recente Cass. n. 44349/23, che consente di fare il punto sulle questioni consolidate in materia e sulle questioni ancora controverse. Per meglio comprendere, dividiamo le questioni controverse in accertamento della causalità in generale e problema dell'attendibilità delle leggi scientifiche di copertura, da una parte, e problema del necessario accertamento della causalità individuale, dall'altra parte.

Cass. pen., sez. IV, n. 44349 del 06.11.23:

Prima questione (causalità in generale e problema dell'attendibilità delle leggi scientifiche di copertura): il Giudice chiamato a valutare la responsabilità a titolo di omicidio colposo di soggetti apicali succedutisi alla guida dell'impresa presso la quale la PO è entrata in contatto con le fibre di amianto è tenuto a interrogarsi sull'attendibilità scientifica della tesi dell'effetto acceleratore.

La validità di tale teoria è tutt'ora controversa in seno alla comunità scientifica.

Il tentativo di sollecitare un intervento delle SU non è andato a buon fine, in quanto i giudici di legittimità hanno sostenuto che tale questione è un problema di merito, sottratto al sindacato della Cass., spettando al giudice di merito selezionare il sapere scientifico, con l'aiuto di esperti.

Con la sentenza 44349/23 è stato predisposto un vademecum rivolto ai giudicanti, i quali sono chiamati a vagliare l'attendibilità degli esperti, vagliandone l'autorevolezza, l'imparzialità, l'integrità e le finalità della ricerca, nonché l'attendibilità degli studi che sorreggono ciascuna teoria, in considerazione delle basi fattuali su cui gli studi sono condotti, dell'ampiezza, rigorosità, oggettività della ricerca, della discussione critica, dell'attitudine esplicativa dell'elaborato, del grado di consenso che tesi raccoglie nella comunità scientifica.

Dopo aver svolto tale verifica, occorre tirare le fila e valutare se esista una teoria sufficientemente affidabile ed in grado di fornire concrete, significative e attendibili informazioni, idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato.

Ne discende un ritratto del Giudice custode del metodo scientifico, tenuto a dare atto della metodologia seguita e delle ragioni dell'apprezzamento svolto in sede di motivazioni.

Seconda questione (problema del necessario accertamento della causalità individuale): la Cass. nella sentenza di cui si discute chiarisce che, quand'anche il Giudice di merito ritenesse la tesi dell'effetto acceleratore scientificamente attendibile, ciò non sarebbe sufficiente a provare il nesso causale tra le condotte contestate ai diversi garanti e l'evento del delitto omicidiario.

La teoria dell'effetto acceleratore può eventualmente acquisire rilevanza quale legge di copertura e dunque a livello di causalità generale: ai fini dell'accertamento eziologico è però necessario dimostrare che la successione causale regolare codificata dalla legge scientifica si sia effettivamente concretizzata nel caso di specie, ossia occorre passare dal piano della causalità generale a quello della causalità individuale.

Nell'ambito del giudizio causale appare imprescindibile che all'individuazione della legge di copertura segua un momento valutativo articolato su base induttiva, volto ad accertare il nesso di causa con elevata probabilità logica o credibilità razionale.

La pronuncia in esame censura la decisione oggetto del ricorso proprio perché il Giudice dell'appello, una volta assunta la validità dell'effetto acceleratore sul piano della causalità generale, non ha calato tale principio sul piano concreto, astenendosi dal compiere ulteriori verifiche.

Ciò è sbagliato perché la teoria dell'effetto acceleratore non è una legge universale, ma ha carattere statistico-probabilistico, dunque necessita di verifiche ulteriori, calate nel caso concreto.

L'accertamento della causalità individuale, inoltre, risulta complicato anche dalle scarse conoscenze scientifiche inerenti lo sviluppo del mesotelioma, non potendo determinare con certezza l'inizio e la fine della c.d. fase di induzione, ossia di quel periodo compreso tra il momento di iniziazione del processo patologico e il suo definitivo e irreversibile innesco, durante il quale eventuali esposizioni successive del soggetto all'amianto sarebbero suscettibili di imprimere un'accelerazione alla progressione della malattia.

La giurisprudenza appare ancora divisa sull'accertare oltre ogni ragionevole dubbio la causalità individuale in materia di morti per mesotelioma, conseguenti all'esposizione ad amianto.