L’allacciamento abusivo a terminali di energia elettrica di proprietà privata configura nel reato di furto l’aggravante di cui all’art. 625 n.7 c.p.

21.05.2022

Cass. pen. sez. V, 03 novembre 2021, n.1094

Il reato di furto previsto dall'art. 624 c.p. è un reato a forma vincolata, in quanto caratterizzato da due condotte richieste per l'integrazione della fattispecie, ossia la sottrazione e l'impossessamento.

Oggetto del furto deve essere "una cosa mobile altrui" al fine di trarne un profitto per sé o per altri.

Importante è la precisazione contenuta nel secondo comma del citato articolo: "Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico".

Pertanto, l'indebita sottrazione e quindi impossessamento di energia elettrica costituisce reato ai sensi dell'art. 624 c.p.

Ma se la condotta venisse realizzata mediante allacciamento ad un terminale di un'abitazione privata, potrebbe configurare l'aggravante di cui all'art. 625, n.7 c.p., con conseguente aggravio di pena?

A fornirci la risposta è stata la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con la sentenza n. 1094/2021.

Segnatamente, il Supremo Giudice ha dovuto decidere in merito al ricorso per cassazione proposto dall'imputato a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo, la quale confermava la dichiarazione di penale responsabilità del ricorrente, anche in relazione alla sussistenza dell'aggravante.

In particolare, tra i motivi di ricorso della difesa dell'imputato vi era "l'erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 7. La circostanza in parola sarebbe applicabile solo nel caso in cui la condotta dell'imputato abbia riguardato cose destinate a pubblico servizio, ossia che servono ad un uso di pubblico vantaggio o di utilità collettiva, mentre dovrebbe escludersi nell'eventualità in cui l'allaccio abusivo abbia ad oggetto cavi esistenti all'interno di una proprietà privata e destinati a servire una singola utenza, come avvenuto nel caso di specie, in cui era stata realizzata una derivazione abusiva dai cavi serventi l'immobile di privata abitazione dell'imputato. Sarebbe dunque la stessa collocazione del cavo allacciato ad escludere che si tratti di "cosa destinata a pubblico servizio", a nulla rilevando che la corrente sia stata utilizzata per garantire l'operatività di un'attività economica a cielo aperto".

Tuttavia, in merito a tale censura, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato e ha pertanto risposto positivamente al quesito di cui sopra.

Infatti, secondo il Giudice di Legittimità "è configurabile l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già l'esposizione alla pubblica fede dell'energia mentre transita nella rete, bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nella ipotesi di una tale condotta".

Pertanto, la circostanza secondo cui l'energia elettrica verrebbe in ogni caso distolta dalla fruizione degli altri utenti, integrerebbe l'aggravante di cui all'art. 625, n.7, c.p.

L'aggravante in questione, come tutte quelle descritte dall'art. 625 c.p., è da considerarsi come aggravante a efficacia speciale in quanto determina un aumento di pena superiore a un terzo.

Più precisamente, sarebbe qualificabile come circostanza aggravante indipendente poiché comporta l'applicazione di una cornice di pena diversa da quella prevista per il reato semplice. Invero, la pena prevista per il furto semplice ex art. 624 c.p. è della reclusione da 6 mesi a 3 anni e della multa da 154 a 516 euro; con le aggravanti di cui all'art. 625 c.p. la sanzione è della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 927 a 1.500 euro.

Inoltre, con le aggravanti previste dall'art. 625 c.p., muta anche la procedibilità del reato. Invero, il furto semplice ex art. 624 c.p., salvo che ricorra l'aggravante di cui all'art. 61, n.7, c.p. è procedibile a querela della persona offesa; con le aggravanti di cui all' art. 625 c.p. il reato diviene procedibile d'ufficio.

Avv. Elia Francesco Dispenza