La dimensione dell’Esport in Europa: stato di fatto e criticità

18.02.2022

Il presente contributo mira a presentare una panoramica sullo stato dell'arte dell'Esport e di come questa nuova frontiera dell'intrattenimento digitale sia soggetta ad una variegata disciplina in Europa

"Competitive "eSports" could be considered as a sporting activity": Il virgolettato, tratto dallo storico comunicato del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) del 28 ottobre 2017, rappresenta la chiave di volta attorno alla quale ci si propone di analizzare le prospettive e le criticità sul riconoscimento istituzionale dell'esport.

La posizione assunta dal CIO durante il vertice olimpico va letta in una duplice dimensione: una positiva, nella misura in cui fa rientrare il fenomeno all'interno del concetto di "attività sportiva" propriamente detta, equiparando lo sforzo posto in essere dal gamer a quello degli atleti delle discipline sportive tradizionali; una negativa, in quanto tace in ordine al riconoscimento espresso dello stesso quale sport.

Quest'ultima considerazione testimonia, d'altro canto, il limite e al tempo stesso la capacità espansiva del fenomeno.

Già nella definizione stessa, infatti, confluiscono visioni contrastanti tra chi tende a considerare l'esport un'autentica disciplina sportiva competitiva - e come tale, aderente non solo ai valori olimpici dello sport, ma anche a quelli costituzionali ed europei del termine - e chi rifiuta questa visione, non ammettendo alcuna equiparazione con il concetto tradizionale di sport e limitandolo alla sola sfera dell'intrattenimento e al carattere distintivo del suo business.

Nel senso comune, il termine esport (electronic sport, nella sua versione estesa) può essere propriamente definito come "attività videoludica svolta in modo competitivo, organizzato e professionale" (rectius, professionistico, ove fosse normativamente riconosciuto).

Potremmo definirlo, più puntualmente, un'attività psico-motoria che pone in confronto due o più soggetti, i quali interagiscono tra di loro in un contesto organizzato, attraverso l'impiego di un determinato titolo videoludico, la cui prestazione può essere qualitativamente misurabile. A ben vedere, i valori sottesi sono del tutto aderenti alla definizione di sport nella Carta Europea dello Sport, adottata dal Consiglio D'Europa nel 1992, il cui articolo 2 lo definisce "qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l'espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l'ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli".

Da qualsiasi prospettiva lo si voglia guardare, l'esport non comporta solo la mescolanza tra sport e tecnologia. Rappresenta invece il perfetto connubio tra cultura, istruzione, creatività e competizione: permette di superare barriere fisiche e mentali, creando un ponte digitale - ma immediatamente percepibile - tra individui appartenenti a culture diverse. È improntato sul merito e sul talento e permette a tutti, a prescindere dal proprio status, di trasformare la propria passione in un'autentica professione.

Tuttavia, una definizione "accademica" di esport, promanante da un'istituzione e riconosciuta come tale da tutti gli stakeholders del sistema, manca, implicando così l'adozione di normative di settore disallineate ed oscillanti. Ciononostante, le legislazioni europee guardano con sempre più crescente interesse al fenomeno, non solo in relazione all'immenso bacino d'utenza (basti pensare ai numeri registrati da Deloitte nel report Let's Play 2020 - The European esports market) e al relativo giro d'affari, ma anche per l'esigenza condivisa di rendere l'ecosistema quanto più uniforme, improntato sui valori della lealtà sportiva ed impermeabile a turbative esterne.

La Germania è uno degli stati europei promotore degli sport elettronici europei, non solo in quanto "patria" della ESL (Electronic Sports League), la più grande e longeva azienda di organizzazione eventi esports. Basti pensare che, già nel 2018, gli esponenti del partito progressista dei Verdi - il Bündnis 90/Die Grünen, uno dei principali del paese teutonico - si spinsero a chiedere pubblicamente al Bundestag il riconoscimento dell'esport, nonostante il parere contrario del Comitato Olimpico Tedesco (DOSB) e dell'ostracismo della Federazione Calcistica Tedesca (DFB), dando inizio a discussioni parlamentari sul tema. I primi effetti si sono prodotti già nel 2019, quando il governo centrale ha deliberato delle specifiche modifiche al "Skilled Immigration Act", legge di Stato della Repubblica federale tedesca, in forza delle quali viene introdotto uno specifico "visto esportivo", rilasciato a giocatori non residenti nell'Unione Europea, permettendo loro di poter soggiornare sul territorio ed essere ingaggiati da società e team tedeschi.

Ancora più profondo è stato l'intervento in Francia, dove sono stati mossi concretamente i primi passi verso il riconoscimento normativo del fenomeno, già nel 2016. Precedentemente ricondotti nell'alveo del gioco d'azzardo, gli esports diventano adesso oggetto di specifica disciplina all'interno della cosiddetta "legge sulla République Numérique", recante disposizioni per la modernizzazione della Pubblica Amministrazione e per il rafforzamento della tutela digitale dei cittadini. Il legislatore, attraverso l'adozione di due correlati decreti-legge, regola espressamente due aspetti fondamentali del ciclo biologico dei videogiochi competitivi: le norme fondamentali sull'organizzazione degli eventi (rispettandone e riconoscendone le peculiarità) e sul rapporto tra il team ed il pro-player, ossia l'atleta/gamer che, professionalmente, svolge in favore di una società attività riconducibile all'esport.

Da questo preliminare quadro, emerge con chiarezza come i videogiochi competitivi non siano solo utili occasioni di business per imprese innovative, ma soprattutto un campo ancora normativamente variegato e disomogeneo. Le istanze di tutti i player del settore andrebbero canalizzate in modo uniforme in una disciplina generale e condivisa da tutti, rispettando le peculiarità del mondo digitale.

Il ritardo registrato dall'Europa rispetto a realtà ben più consolidate potrà essere colmato solo attraverso una collaborazione fattiva tra tutti gli Stati Membri: raccoglieremo la sfida?

Dott. Daniele Andaloro