La legittima difesa internazionale: origini, presupposti e limiti

03.04.2024

Il concetto di legittima difesa internazionale ha visto, già prima della sua trasposizione nel diritto positivo, varie manifestazioni nella prassi.

Il caso più famoso sul tema è il c.d. caso Caroline avvenuto nel 1837, durante l'insurrezione del Canada contro la Gran Bretagna. 

Un gruppo di cittadini americani aiutò i ribelli canadesi ad occupare un'isola disabitata sul fiume Niagara, gli americani utilizzarono una nave denominata Caroline per trasportare il cibo e le armi dalla sponda americana del fiume sull'isola occupata. Il 29 dicembre del 1837 i soldati britannici distrussero la nave Caroline, ancorata in territorio americano, ed uccisero due cittadini americani che si trovavano a bordo.

Alle proteste americane la Gran Bretagna rispose adducendo a giustificazione la necessità di autodifesa e di autoconservazione[1], tuttavia, gli Stati Uniti non accettarono tale giustificazione e il 12 novembre 1840 venne arrestato il cittadino britannico McLeod, accusato di omicidio e incendio correlati all'agguato alla nave Caroline.

Le autorità britanniche ribadirono che l'attacco alla nave era giustificato dalla necessità di autodifesa e fu a tal punto che il Segretario di Stato americano Webster precisò i limiti in cui un attacco era giustificato, in forza di legittima difesa internazionale, e nello specifico, nel caso in cui vi fosse una necessità di autodifesa immediata e straordinaria, tale da non lasciare scelta sulle possibilità (alternative) e nessun momento per riflettere[2].

Le parole del Segretario di Stato Webster furono il punto di partenza da cui nel corso degli anni si è arrivati a sviluppare il delicato concetto di legittima difesa in ambito di diritto internazionale, concetto che si è sviluppato soprattutto attraverso la prassi dei membri della comunità internazionale.

All'inizio del XX secolo si andò progressivamente ad affermare l'idea che l'uso della forza in ambito internazionale dovesse andare incontro ad alcuni limiti in modo tale da poter garantirsi la pace.

Tale convincimento venne poi, di fatto, cristallizzato nel Patto della Società delle Nazioni del 1918 e nel patto di Parigi del 1928 ove gli Stati firmatari rinunciarono a ricorrere alla guerra quale strumento di risoluzione dei conflitti.

Dunque, è possibile affermare che nel corso del tempo l'uso della forza armata venne man mano accantonato dalla comunità internazionale sino ad essere del tutto escluso.

Tuttavia, vi sono alcune eccezioni alla regola, ed uno tra questi è per l'appunto il principio di legittima difesa che vide un vero e proprio consolidamento con l'inserimento di un apposito articolo all'interno della Carta delle Nazioni Unite del 1945.

L'articolo 51 della Carta, infatti, afferma: "Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale".

In ogni caso, trattandosi di un'eccezione alla regola che vieta l'uso della forza, la legittima difesa presenta dei presupposti per la sua legittimazione ed alcuni limiti per l'esercizio.

Il presupposto principale della legittima difesa è che uno Stato subisca un attacco armato, e sul significato di tale termine la dottrina è divisa, tuttavia, il dato letterale del termine induce a ritenere che l'attacco armato debba comunque avvenire con una certa intensità ed ampiezza e che lo stesso sia illecito in base alle norme della Carta[3].

Inoltre, è necessario che l'attacco sia commesso da uno Stato ai danni di un altro Stato, pertanto, l'attacco dev'essere sferrato sul territorio di uno Stato o su strutture dello Stato che si trovano all'estero, essendo escluso che rientri nella nozione di attacco armato quello sferrato nelle guerre civili o contro singole persone.

Di rilevante importanza è anche l'esclusione, dalla nozione dell'attacco armato, delle azioni contro le sedi diplomatiche o gli agenti diplomatici stranieri[4].

La nozione di legittima difesa, come intesa nella Carta delle Nazioni Unite, ha apportato una profonda innovazione sul tema, poiché, secondo il dato letterale della norma e secondo buona parte della prassi internazionale, il requisito dell'attacco armato rende di fatto illegittimo il ricorso alla legittima difesa preventiva, ammessa ai tempi degli accordi della Società delle Nazioni e del Patto di Parigi, anche se sul tema la dottrina è molto divisa[5].

Inoltre, la dottrina è divisa sull'ammissibilità della legittima difesa in caso della c.d. aggressione indiretta ove l'attacco armato è perpetrato da forze irregolari o mercenarie presenti sul territorio di uno Stato e finanziate o addestrate da un altro Stato[6]. Quando la Corte Internazionale di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi su un caso rientrante in tale fattispecie, il caso Nicaragua contro Stati Uniti, ha ritenuto che la reazione in forza di legittima difesa non fosse invocabile poiché la semplice assistenza alle bande armate non è sufficiente ad integrare il requisito essenziale dell'attacco armato come inteso nell'art. 51 della Carta.

La legittima difesa incontra, inoltre, quattro limiti: il primo risiede nel potere di controllo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, come sancito nell'articolo 51. Gli altri tre limiti sono la necessità, la proporzionalità e l'immediatezza, che ricordano in tutto e per tutto il principio espresso al tempo del caso Caroline dal Segretario di Stato americano Webster.

Il Consiglio di Sicurezza, una volta informato delle azioni di autotutela intraprese dallo Stato aggredito, adotta tutte le azioni ritenute opportune al fine di garantire la pace, da tale momento, ogni ulteriore iniziativa intrapresa dallo Stato, che esuberi dalle direttive del Consiglio di Sicurezza, non sarà più giustificabile ex art. 51 della Carta.

Il requisito di necessità implica che prima di ricorrere alla forza è necessario un vaglio sulle possibili alternative pacifiche per risolvere la controversia e solo in ultimo si dovrà optare per il ricorso alla forza armata.

La proporzionalità implica che vi sia un rapporto di "simmetria" tra l'aggressione e la reazione difensiva, ma ciò non basta, poiché il rapporto di proporzionalità deve sussistere anche in riferimento al fine perseguito, che dev'essere quello meramente difensivo[7].

Infine, ultimo requisito è l'immediatezza, ove si intende che la legittima difesa dev'essere esercitata entro un congruo tempo dall'attacco subito, in modo tale che non venga interrotto il nesso tra l'azione e la reazione, sul tema il caso più noto è quello delle isole Falkland-Malvinas ove l'Argentina giustificò l'occupazione dell'arcipelago sostenendo l'illegittimità della precedente occupazione britannica, tuttavia, la reazione argentina avvenne nel 1982 e la precedente occupazione britannica nel 1766, pertanto, pur ammettendosi l'illegittimità dell'azione della Gran Bretagna non è stato possibile giustificare ex art. 51 la reazione dell'Argentina alla luce del lunghissimo lasso di tempo tra i due episodi.

Dott. Domenico Ruperto


[1] Necessity of self-defence and self-preservation.

[2] Necessity of self-defence instant, overwhelming, leaving no choice on means and no moment for deliberation.

[3] Nello specifico l'attacco armato deve essere contrario all'art. 2 comma 4 della Carta delle Nazioni Unite, ove è riportato che "I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite".

[4] Cfr. Sentenza CIG sul caso del Personale diplomatico e consolare statunitense a Teheran del 1980.

[5] In senso contrario all'ammissibilità della legittima difesa preventiva vi sono per esempio il caso riguardante la Crisi del Canale di Suez tra Egitto e Israele; in senso favorevole troviamo le teorie del giurista inglese Derek William Bowett.

[6] Da distinguere dal caso in cui uno stato invii direttamente le bande armate di mercenari nel territorio di un altro Stato per condurre operazioni militari. In tal caso la dottrina ha definito tale atto come aggressione diretta, essendo le bande armate un organo de facto dello Stato aggressore.

[7] Si pensi alle guerre iniziate a seguito di un singolo attacco armato utilizzato come pretesto.