La pubblicazione di estratti video sul sito internet senza autorizzazione del titolare integra concorrenza sleale per sviamento di inserzionisti

05.06.2022

Cass. Civ., Sez. I, 14 marzo 2022, n. 8270

La sentenza n. 8270/2022 della Suprema Corte di Cassazione ha posto fine alla vicenda insorta tra il Gruppo Editoriale GEDI, titolare della testata L'Espresso, e Reti Televisive Italiane S.p.A. confermando la decisione della Corte d'Appello di Roma con la quale il Gruppo Editoriale era stato condannato al risarcimento per concorrenza sleale e violazione del diritto d'autore.

Ad originare il contenzioso, definito con la pronuncia in commento, la pubblicazione da parte di GEDI, per un periodo di cinque anni, di contenuti audiovisivi relativi a programmi prodotti dalle reti televisive di RTI, mediante caricamento sul portale telematico di una propria testata e all'interno di una autonoma e indipendente sezione denominata "VIDEO" senza alcuna preventiva autorizzazione.

Con la sentenza in commento la Cassazione ha rigettato tutti i motivi di doglianza proposti da GEDI, confermando, tra gli altri, il capo dell'impugnata sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 6748/2017 in cui veniva accertata la scorrettezza del comportamento del Gruppo editoriale ai sensi dell'art. 2598 n. 3 c.c.

Ponendosi nel solco del consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, il Collegio ha richiamato il concetto dinamico di comunanza di clientela, laddove ha precisato che essa deve essere intesa quale "esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l'offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale" (sul punto anche Cass. Civ. ord. 12364 del 18 maggio 2018).

In applicazione di detto principio, la Suprema Corte ha dunque esente da vizi l'affermazione della Corte territoriale, peraltro in concreto sottratta al sindacato di legittimità, secondo cui "la concorrenza tra le due parti del giudizio poteva essere riguardata anche sotto il profilo della concorrenza sul mercato pubblicitario degli inserzionisti, che dal numero di utenti collegati trae certamente primaria indicazione per orientare le proprie scelte pubblicitarie, con conseguente rilevanza dell'utilizzazione non autorizzata dei contenuti immessi sul portale".

Rilevata dunque la sussistenza di una comunanza di clientela composta dal pubblico degli inserzionisti, la Corte territoriale aveva infatti ritenuto che la condotta di GEDI integrasse concorrenza parassitaria in quanto volta a lucrare sistematicamente e illegittimamente dalla vendita agli inserzionisti di spazi pubblicitari associati alla diffusione delle opere di RTI senza averne tuttavia sostenuto i costi di prodizione, né tantomeno quelli di acquisto dei diritti di utilizzazione, ponendosi in tal modo in diretta concorrenza con l'attività di RTI, senza che rilevassero le invocate scriminanti previste dagli artt. 65 e 70 l.d.a.

Il rapporto di concorrenza costituisce presupposto indefettibile ai fini della configurabilità di una ipotesi di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c.

La sussistenza di tale rapporto deve esser valutata alla luce della ratio della citata norma consistente nella imposizione di regole di condotta ispirate a correttezza e lealtà nei rapporti commerciali affinché nessuna impresa possa avvantaggiarsi mediante l'adozione di metodi contrari all'etica nelle relazioni commerciali.

I comportamenti descritti nell'art. 2598 c.c. sono accomunati dal fatto di ingenerare un effetto distorsivo nella clientela, influenzata nelle proprie scelte e preferenze deviate in favore dell'autore della condotta anticoncorrenziale a svantaggio degli altri operatori. Tale effetto può prodursi solo in quanto tra chi attua la condotta distorsiva e chi la subisce vi sia un rapporto di concorrenza determinato dalla comunanza, anche solo potenziale, di clientela.

La clientela di riferimento deve poi essere individuata con riferimento al bisogno che i prodotti e servizi offerti dalle imprese contendenti tendono a soddisfare.

Appurata la sussistenza di un rapporto concorrenziale tra i due contendenti, la valutazione in ordine alla liceità della condotta di GEDI deve esser valutata alla luce della disciplina autorale.

In tema di diritto d'autore vige la regola generale, sancito anche dall'art. 2577 c.c., secondo cui l'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l'opera in ogni sua forma, originale o derivata, entro certi limiti.

Detto diritto esclusivo è tuttavia soggetto a limitazioni, dette libere utilizzazioni, necessarie per garantire il contemperamento tra interessi contrapposti, consistenti, da un lato, nell'interesse individuale dell'autore a sfruttare in ogni modo la propria opera e, dall'altro, in interessi della collettività costituzionalmente tutelati.

Le libere utilizzazioni si pongono dunque a presidio di diritti fondamentali quali la manifestazione del pensiero, il diritto all'accesso alla cultura, il diritto all'informazione e ad essere informati, o ancora il diritto all'apprendimento.

Tra le norme che disciplinano le libere utilizzazioni si annoverano l'art. 65 e l'art. 70 l.d.a.

Ai sensi della prima norma citata gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata.

La richiamata disposizione è volta garantire l'interesse collettivo all'informazione con riferimento a contributi giornalistici di attualità assicurandone la maggiore circolazione possibile, pur sempre nei limiti della leale concorrenza. Limite infatti alla libera riproduzione di tali contributi è costituito dalla clausola di riserva opponibile in caso di utilizzo in altri prodotti editoriali assimilabili alle riviste e ai giornali.

È tuttavia da segnalare che l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 177/2021, di recepimento della Direttiva Copyright 2019/179, ha introdotto nuovi diritto connessi in favore degli editori con riferimento allo sfruttamento delle opere giornalistiche ridisegnando gli equilibri tra gli interessi coinvolti nel settore.

L'art. 70 l.d.a., nello stabilire che il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per scopo di critica o di discussione nei limiti giustificati dai fini, specifica che la libertà di riproduzione sussiste fintanto che essa non costituisce concorrenza nell'utilizzazione economica dell'opera.

Entrambe le libere utilizzazioni citate hanno dunque un limite nella conformità dell'utilizzo delle opere altrui ai canoni e principi ispiratori della leale concorrenza tra imprese.

Tornando al caso in esame, la Corte d'Appello di Roma ha escluso la sussistenza dei presupposti in ogni caso difettando sia la finalità di informazione e il requisito dell'attualità dei contenuti richiesto dall'art. 65 l.d.a., atteso l'ampio lasso temporale trascorso tra la data di prima pubblicazione delle notizie da parte di RTI e la data delle singole ripubblicazioni effettuate da GEDI, sia la finalità giornalistica o di critica e discussione della riproduzione degli estratti video finalizzata ad uno scopo lucrativo in assenza di qualsivoglia commento.

Soccombente in secondo grado, GEDI proponeva dunque ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 n. 3 c.c. in relazione alla sussistenza di un rapporto di concorrenza tre le parti in forza di una errata applicazione di comunanza di clientela, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 65 e 70 l.d.a.

La Prima Sezione Civile ha tuttavia ritenuto infondate le censure confermato la coerenza e correttezza dell'interpretazione offerta dalla Corte territoriale della nozione di comunanza di clientela e degli artt. 65 e 70 l.d.a. concludendo per la loro inapplicabilità al caso di specie sulla scorta delle medesime osservazioni già svolte nella sentenza impugnata.

E' stata confermata, infine, anche la correttezza dell'inibitoria pronunciata dal Tribunale in relazione a ogni analogo comportamento futuro di GEDI.

Avv. Chiara Migliorini