Le distanze tra edifici al tempo del superbonus

06.01.2023

Negli ultimi anni, e particolarmente negli ultimi quindici, il legislatore ha introdotto importanti misure economiche volte ad incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio, il suo efficientamento termico e la sua messa in sicurezza sotto il profilo antisismico.

Particolare importanza e risalto hanno avuto, in particolare, il cd. "bonus casa 50%" di cui all'art. 16 bis del D.P.R. 917/1986, introdotto dall'art. 4 del D.L. 201/2011, e soprattutto, in tempi recentissimi, il cd. "super bonus 110%" di cui all'art. 119 del D.L. 34/2020, anche nella variante "super sisma bonus".

Una delle questioni che più spesso emergono, in sede di progettazione ed esecuzione di tali interventi, è quella del rispetto delle distanze minime tra edifici imposte dalla legge e dai regolamenti locali (cd. "distacchi"), problema peraltro acuito dalla vetustà del patrimonio edilizio del nostro Paese e dalle frequenti situazioni di irregolarità edilizia, alcune anche sanate grazie ai diversi condoni introdotti a partire dalla metà degli anni Ottanta.

In effetti, le agevolazioni fiscali in questione sono concesse, a determinati requisiti, a chi esegua interventi volti alla manutenzione straordinaria, al restauro o alla ristrutturazione edilizia, ovvero al miglioramento dell'efficienza sismica e/o energetica dell'edificio. 

Tali interventi, specie quelli legati al cd. "superbonus" e "sisma bonus", comportano l'inspessimento dei muri perimetrali del fabbricato attraverso l'apposizione di materiali isolanti (cd. "cappotto termico") e/o di strutture verticali di sostegno di vario genere (tra cui il cd. "cordolo sismico").

Non di rado, dunque, accade che gli interessati si trovino nella situazione di dover ridurre la distanza dell'edificio interessato dai lavori rispetto ai fabbricati confinanti, in alcuni casi anche oltre quella minima prevista dalla legislazione vigente.

Questa situazione, frequente nella prassi, di recente è stata oggetto di alcuni interventi normativi.

Prima di illustrare tali novità, è opportuno ricordare che la normativa in materia di distacchi consta di due ordini di previsioni.

Sul piano civilistico, cioè nei rapporti tra privati, la disciplina delle distanze tra edifici è contenuta negli artt. 873 c.c. e ss. c.c. Trattasi di norme poste a tutela del diritto di proprietà, come tale disponibile e perciò tendenzialmente derogabile per volontà delle parti.

Dette norme, per quanto di interesse, stabiliscono che tra i fabbricati posti su fondi confinanti deve intercorrere una distanza minima pari a tre metri, salve previsioni dei regolamenti locali che impongano una distanza maggiore.

Molto spesso, peraltro, le norme comunali stabiliscono distanze minime calcolate non tra edifici, ma rispetto al confine proprietà, alle volte facendo salvi eventuali diversi accordi tra i confinanti.

Per giurisprudenza consolidata le norme comunali che prescrivono le distanze nelle costruzioni, ancorché inserite negli strumenti urbanistici (come ad es. i piani regolatori), o comunque nei regolamenti dell'ente locale, conservano il carattere integrativo delle norme del codice civile ed il rango di norma primaria dello Stato (cfr. da ultimo, ex multis, Cass. n. 13624/2021).

Sempre con riferimento ai rapporti interprivati, è importante menzionare anche l'art. 905 c.c., il quale prevede una distanza minima di un metro e mezzo tra il fondo confinante ed il muro dell'edificio in cui si aprono vedute dirette, intendendosi per tali tutte le aperture (quali finestre, balconi, etc.) che consentono di affacciarsi e guardare direttamente e perpendicolarmente verso il fondo del vicino.

Infatti, la giurisprudenza ha più volte chiarito che la distanza delle vedute dal confine deve essere calcolata a partire dalla facciata esterna del muro, sicché nel caso in cui aumenti lo spessore del muro, riducendosi la distanza tra questo e il confine, la veduta originariamente legittima può divenire illegittima (cfr. ad es. Cass. n. 11845/2020).

Il secondo ordine di previsioni in tema di distanze ha, invece, valenza urbanistico-edilizia e, dunque pubblicistica.

Tra queste assume particolare importanza, per la sua valenza generale, il D.M. 1444/1968, emanato in attuazione della L. 1150/1942 (cd. Legge Urbanistica), che pone limiti massimi di densità (art. 7) ed altezza (art. 8) degli edifici, nonché, per tutti i fabbricatiricadenti in zone diverse dai centri storici, "la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti" (art. 9).

Trattasi, in estrema sintesi, di norme dettate per l'ordinato sviluppo del tessuto urbano e per la realizzazione di finalità di interesse generale - segnatamente l'igiene e sicurezza pubbliche - aventi, secondo consolidata giurisprudenza, forza di legge dello Stato e perciò non derogabile dalla normativa locale o dalla volontà dei privati (v. ad es. Cons. Stato n. 3093/2017, n. 2086/2017 e n. 856/2016; Cass. n. 23136/2016; Cass SSUU 14953/2011).

È peraltro utile sottolineare che la disposizione in esame si riferisce esclusivamente ai "nuovi edifici", tra i quali rientrano i fabbricati o le loro parti (ad es. ampliamenti o sopraelevazioni) costruiti per la prima volta dopo l'entrata in vigore del provvedimento ministeriale, escludendosi invece gli edifici e porzioni di edifici preesistenti, i quali possono perciò mantenersi a distanza inferiore a quella prevista dal Decreto o dagli strumenti urbanistici comunali sopravvenuti (cfr. Cons. Stato n. 5466/2020).

Vi sono poi tutta una serie di ulteriori prescrizioni in materia di distanze poste a tutela dei più vari interessi pubblici, come ad esempio quelle poste dal codice della strada per la sicurezza della circolazione (cd. fasce di rispetto stradale), dal testo unico delle leggi sanitarie per la salubrità delle zone adiacenti i cimiteri (cd. fasce di rispetto cimiteriale), dal testo unico sulle acque pubbliche per la tutela del demanio idrico (cd. fascia di rispetto idraulico), e così via.

Tutte le norme in materia di distacchi, come già accennato, sono state tradizionalmente ritenute imperative e inderogabili (con l'unica eccezione di quelle previste dal codice civile, ma solo con l'accordo delle parti).

Tuttavia, l'originario dogma dell'inderogabilità è andato affievolendosi in tempi recenti, a seguito dell'emanazione di una serie di provvedimenti legislativi di notevole portata innovativa, cui si accennava in premessa.

Tra questi, si segnala per la rilevanza sistematica l'art. 2 bis, comma 1, del "Testo Unico dell'Edilizia" di cui al D.P.R. 380/2001 (introdotto dal D.L. 69/2013), che oggi consente alle Regioni, a determinate condizioni, di introdurre deroghe al D.M. n. 1444/1968.

In attuazione di tale disposizione, ad esempio, la Regione Veneto ha previsto, all'art. 11 della L.R. 14/2019, la possibilità di derogare ai limiti di altezza, densità e distanze di cui agli artt. 7, 8 e 9 del citato decreto ministeriale - purché, in tali ultimi casi, nell'ambito di strumenti urbanistici di tipo attuativo con previsioni planivolumetriche che consentano una valutazione unitaria e complessiva degli interventi - al fine di realizzare talune opere di efficientamento termico o di messa in sicurezza sismica del patrimonio edilizio esistente (cfr. ad es. l'art. 6, comma 1 e comma 3, lett. c), della stessa legge regionale).

Sempre prendendo ad esempio la Regione Veneto, è anche a tutt'oggi vigente la L.R. 21/1996, che all'art. 2 - ferme restando le distanze minime previste dalla legislazione statale, ma con prevalenza sulle norme comunali - esclude dal computo dei distacchi gli spessori da aggiungere ai muri perimetrali di edifici già costruiti, purché contenuti entro determinati limiti dimensionali, se detti spessori aggiuntivi contribuiscono al miglioramento dei livelli di coibentazione o di inerzia termica.

Inoltre, a livello nazionale, prevede oggi l'art. 2 bis, comma 1 ter del T.U. Edilizia che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, qualora le dimensioni del lotto non consentano di modificare la localizzazione dell'edificio al fine di rispettare le distanze minime tra edifici e dai confini, la ricostruzione e gli eventuali incentivi volumetrici riconosciuti per l'intervento sono comunque consentiti nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, pur se inferiori a quelle previste dalla normativa vigente.

In questo clima di generale e crescente favore per la previsione di deroghe alle distanze legali - viepiù se necessarie a realizzare finalità di pubblico interesse quali l'adeguamento termico e sismico del patrimonio edilizio esistente - il legislatore nazionale ha recentemente introdotto due disposizioni di particolare rilievo.

Sotto il profilo civilistico, è intervenuto con l'art. 119, comma 3, del D.L. 34/2020, come modificato dal D.L. 77/2021, secondo cui gli interventi di dimensionamento del cappotto termico e del cordolo sismico eseguiti per accedere alle detrazioni fiscali di cui all'art. 16 bis del D.P.R. 917/1986 (cd. "bonus casa") e di cui al medesimo art. 119 D.L. 34/2020 (c.d. "super eco-bonus" e "super sisma-bonus"), non concorrono al conteggio dei distacchi tra immobili, in deroga alle distanze minime di cui all'art. 873 c.c.

Non sono invece state modificate né derogate le norme codicistiche in tema di vedute, che perciò dovranno essere mantenute alle distanze previste dagli artt. 905.

Sotto il profilo urbanistico, invece, già prima dell'introduzione dei bonus in esame era in vigore l'art. 14, comma 7, del D. Lgs. 102/2014, testo normativo introdotto in attuazione del principio europeo che pone l'efficienza energetica al primo posto (cfr. l'art. 1) e per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico (art. 3).

Ivi si prevede che, nel caso di interventi di manutenzione e ristrutturazione edilizia, in sede di rilascio dei titoli abilitativi è consentito derogare alle normative nazionali, regionali e comunali in materia di distanze (quindi anche a quelle di cui al D.M. 1444/1968, alle fasce di rispetto stradale, etc.) al fine di realizzare interventi di coibentazione termica che comportino una maggiorazione dello spessore della muratura esterna, purché essi assicurino una riduzione di almeno il 10% dei limiti di trasmittanza di cui al D. Lgs. 192/2005 e s.m.i., certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo.

È utile precisare, al riguardo, che il testo vigente del citato art. 14 D. Lgs. 102/2014 è frutto della modifica apportata dal D.L. 73/2020, il quale, per quanto di interesse, ha eliminato l'inciso secondo cui la deroga alle distanze era prima ammessa solo "nella misura massima di 25 centimetri".

L'abrogazione del limite originario rivela quindi l'intenzione del legislatore di estendere la portata applicativa della deroga a qualunque incremento della muratura esistente in grado assicurare i risultati termici richiesti, a prescindere dalle sue dimensioni.

Sotto questo profilo, i primi commentatori hanno evidenziato come la deroga alle distanze di cui all'art. 14 D. Lgs. 102/2014 - alla luce dell'evoluzione normativa di cui si è detto, e specialmente dopo l'abrogazione del limite dimensionale inizialmente previsto - possa ritenersi applicabile anche a tutti quegli interventi che, soddisfatto il requisito termico minimo previsto, producano risultati positivi pure in termini di sicurezza statica dell'edificio. Si tratta, in particolare, dei cd. "cappotti sismici", cioè rivestimenti esterni, generalmente piuttosto spessi, composti da sottili lastre di cemento armato e materiale isolante racchiusi in una maglia di acciaio, che combinano gli effetti statici dei cd. "cordoli sismici" con quelli isolanti dei cd. "cappotti termici".

Al di là di questa ipotesi peculiare, però, è evidente che la realizzazione dei classici interventi antisismici (cd. "cordolo sismico") in deroga ai distacchi minimi di legge appare decisamente più problematica, dal momento che a tali interventi è bensì applicabile la deroga alle distanze previste all'art. 873 c.c. (D.L. 34/2020) ma non anche alle distanze poste dalla normativa giuspubblicistica (derogabili soltanto per interventi di efficientamento termico ai sensi del D. Lgs. 102/2014).

In definitiva, se da un lato l'installazione di cappotti isolanti che inspessiscono i muri perimetrali - a condizione di rispettare sia le condizioni previste dall'art 119 co. 3 DL 34/20 (miglioramento della classe energetica) sia quelle di cui all'art. 14 co. 7 d.lgs 102/2014 (riduzione della trasmittanza) - non concorre al calcolo di nessuna delle distanze previste dalla legge; dall'altro lato, invece, gli interventi antisismici possono tollerare una riduzione dei distacchi posti dal codice civile e dai regolamenti comunali integrativi, ma non anche di quelli previsti da altre fonti normative.

Avv. Julien Mileschi