Che cos’è la lettera di intenti?
"La lettera di intenti - detta anche puntuazione, nella prassi, assume rilievo nell'ambito della trattative precontrattuali, quando vi sia una formazione progressiva del consenso e le parti hanno necessità di fissare i punti della trattativa svoltasi positivamente sino a quel momento senza darvi carattere di definitività"[1].
Dunque, tramite la cosiddetta minuta di contratto le parti convengono su alcuni estremi del futuro contratto, rimettendo ad un ulteriore trattativa le parti non ancora concordate[2].
Qualora non si dovesse raggiungere un successivo accordo sui punti mancanti, si vedrebbe preclusa la possibilità di fare ricorso all'art. 2932 c.c., dovendosi constatare, secondo la giurisprudenza, di essere in presenza di un contratto con oggetto né determinabile né determinato e, dunque, nullo.
"Le parti che, con riferimento ad una scrittura privata, abbiano per essa usato la formula «lettera di intenti», adottando un'espressione con cui, nel linguaggio commerciale, si esprimono i propositi dei futuri contraenti nella fase delle trattative precontrattuali che precede la stipulazione di un negozio soltanto eventuale (e, pertanto, non doveroso per i suoi sottoscrittori), mostrano l'esclusivo intento di predisporre le clausole da recepire nel futuro contratto nell'eventualità della positiva conclusione delle trattative stesse"[3].
Minuta di contratto e lettera di intenti sono termini utilizzati per indicare l'accordo raggiunto dai negoziatori autorizzati dalle parti, privi però del potere di rappresentarle. Tale documento sottoscritto dai suddetti negoziatori non vincola le parti fintantoché anche le stesse non lo abbiano sottoscritto.
Resta minuta di contratto anche il documento già sottoscritto da persone abilitate a rappresentare le parti, nel quale sia fatta riserva di ulteriori approvazioni (come l'approvazione dei rispettivi consigli di amministrazione).
In tal caso, non si tratta di un contratto già perfezionato, ma sottoposto a condizione sospensiva, dunque, per espressa volontà delle parti, di un contratto ancora in formazione che si perfeziona solo quando le parti si danno reciprocamente notizia delle successive approvazioni.
In mancanza di approvazione di una delle parti, potrà esserci soltanto responsabilità precontrattuale per recesso ingiustificato dalle trattative (art. 1337 c.c.), sempre che tale responsabilità non sia stata espressamente esclusa.
A differenza del contratto preliminare ove le parti si obbligano a prestare il loro consenso alla conclusione del contratto definitivo, i cui elementi essenziali e accidentali siano stati contestualmente precisati e i cui effetti si produrranno al momento della sua stipulazione, con la sottoscrizione della c.d. «minuta» o «puntuazione» di contratto la sola funzione consiste nel documentare l'intesa raggiunta su alcuni punti del contratto da concludere quando si sarà successivamente raggiunto l'accordo anche sugli altri punti da trattare.
Dunque, la funzione del contratto preliminare è quella di impegnare i contraenti alla futura stipula di un successivo contratto definitivo, alle condizioni e nei termini in esso convenuti, e la prestazione essenziale che ne forma oggetto è costituita da quel particolare facere, consistente nella stipulazione anzidetta, che deve esattamente corrispondere agli elementi predeterminati in sede di compromesso[4].
Tutto ciò premesso, occorre specificare nuovamente che "ai fini della costituzione di un vincolo contrattuale definitivo è necessario, che le parti abbiano raggiunto l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non potendo ritenersi sufficiente in tal senso l'intesa raggiunta solamente su quelli essenziali, ancorché sanciti in un apposito documento (cosiddetta ''minuta" o ''puntuazione''), posticipando ad un momento successivo la determinazione degli elementi accessori. Ne consegue, che l'accordo denominato lettera di intenti, non può assurgere a contratto vincolante definitivo in forza del quale, le parti siano tenute ad assolvere alle obbligazioni ivi previste. Un tale documento, quindi, non può essere qualificato come contratto perfetto, né definitivo né preliminare, bensì come mera ''puntuazione'' delle intese preparatorie"[5].
In sintesi, quindi, il contratto può dirsi concluso solo se, in via interpretativa, si rileva che le parti abbiano espresso la volontà di vincolarsi giuridicamente e abbiano raggiunto un accordo sufficiente (c.d. contenuto minimo essenziale).
L'indagine volta a stabilire se ed in che momento tra le parti si sia concluso un contratto, o se le dichiarazioni di volontà intercorse abbiano solo il valore di dichiarazione di intenti, costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito che si sottrae a sindacato di legittimità ove sorretto da adeguata motivazione immune da vizi logico - giuridici[6].
[1] Cfr. Cass. 822/00; Cass. 98/4853; Cass 547/98, nonché, da ultimo, Tribunale Macerata sez. lav., 24/03/2021, n.41
[2] La c.d. minuta o puntuazione è, infatti, una dichiarazione di intenti, rappresentata da una serie di documenti che le parti sottoscrivono e si scambiano nel corso delle trattative, per lo più lunghe e complesse, attraverso la quale si manifesta l'intenzione positiva alla conclusione del contratto, senza che però sorga un vero e proprio vincolo negoziale.
Essa ha pertanto una funzione essenzialmente storica e probatoria della fase pre-contrattuale, poiché, con essa, le parti intendono documentare l'accordo raggiunto solo su alcuni punti, rinviando la stipulazione al momento in cui avranno concordato anche gli altri; per tale ragione essa non ha efficacia vincolante tra le parti, le quali rimangono libere di recedere col solo limite della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c..
[3] Cass. 14 maggio 1998 n. 4853.
[4] Cass. 29 marzo 2006 n. 7273, nonché, per altri aspetti, Cass., sez. un., 18 maggio 2006 n. 11624, in Foro it., 2006, I, 2009, richiamata in motivazione nella pronunzia in rassegna.
[5] Tribunale Milano, 10/05/2006.
[6] Cass. civ. 03/17449; Cass. civ. 04/11152.