L’ evoluzione storica e giuridica dei diritti e delle libertà delle Donne: confronto tra le donne Italiane e le donne Iraniane

14.11.2022

Quando pensiamo alla Donna non possiamo non pensare alla Rivoluzione.

Nonostante i vari tentativi nel corso del tempo di ombrare le loro gesta, la storia non si può nascondere.

Se è vero che Historia Docet, è anche vero che la storia è ciclica.

Ma come si sono evoluti i diritti delle donne nel corso del tempo?

Focalizzeremo la nostra analisi prestando particolare attenzione a quello che sta accadendo in Iran, ma andando a ritroso nel tempo, un peculiare esempio di rivoluzione storica è sicuramente la rivoluzione francese.

Eppure, nonostante all'evento vennero associati solo nomi maschili tra cui Robespierre e Napoleone, le vere rivoluzionarie furono le donne.

Furono sei donne, i cui nomi non sono mai stati ricordati, che il 5 ottobre 1789, imposero al Re di firmare la nuova Costituzione.

Fu proprio grazie a tale Rivoluzione che il tema dei diritti delle donne si è sviluppato giuridicamente sul finire del XVIII secolo grazie alla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne, 1791) di Olympe de Gouges, la quale si ispirò al modello della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.

La sua condizione, da allora, ha subito molti cambiamenti, influenzata dagli aspetti sociali, politici e culturali del Paese in cui vive.

Bisogna ricordare, però, che ancora oggi la donna, in alcuni Paesi, vive in una condizione di inferiorità rispetto all'uomo.

L'Italia, il nostro Paese, non è stato esente dalla lotta per l'emancipazione femminile e del riconoscimento dei diritti in capo alle donne.

E' triste ricordare che in quasi tutti i tempi e Paesi la donna è stata sottoposta ad un trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato all'uomo.

È solo verso la fine dell'Ottocento che le donne, in Italia, cominciano a vedere riconosciuti alcuni dei fondamentali diritti umani: quello all'istruzione, ad esempio, viene ottenuto nel 1874, con l'accesso ai licei e alle università

Alla fine della guerra viene finalmente riconosciuta l'importanza del ruolo svolto dalle donne durante gli anni del conflitto. Già dal 1945 viene approvato il suffragio femminile, grazie all'impegno dei movimenti pro-voto e alla proposta di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti.

È in occasione del Referendum istituzionale del 2 giugno 1946, invece, che viene consentito per la prima volta alle donne di votare: ai cittadini viene chiesto di scegliere il destino del Paese tra Monarchia e Repubblica.

Nel 1948, finalmente, viene redatto il testo della Costituzione Italiana, che con l'art. 3 garantisce pari diritti e pari dignità sociale alle donne in ogni campo.

Le leggi che cambiarono la vita delle donne italiane, inoltre, sono dieci e tra queste ricordiamo: la legge sul diritto di voto, la legge sull'aborto, sul divorzio, sull'accesso alle cariche pubbliche, contro la violenza sulle donne.

Ma più che di un'evoluzione, alcune volte, si dovrebbe parlare di involuzione.

La storia ci ha insegnato sicuramente che la condizione e la considerazione della donna ha costituito una discriminazione in tutto il mondo ed in tutte le epoche.

Nonostante la nostra costituzione riconosca la parità di genere, purtroppo, si è ancora lontani dal ruolo effettivamente paritario nella società contemporanea.

Esiste ancora oggi, ed anche in Italia, quella che può essere definita una democrazia incompiuta, che è ben lontana da quella auspicata dai nostri costituenti, ed il loro ingresso è stato fuorchè simpatizzante.

Un esempio? In passato, infatti, la donna era un accessorio del capofamiglia (padre o marito). Nel Codice di Famiglia del 1865 le donne non avevano il diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi, né tanto meno quello ad essere ammesse ai pubblici uffici.

Per quanto riguarda il lavoro, i salari delle donne vennero fissati per legge alla metà di quelli corrispondenti degli uomini. Inaugurando una strategia che poi sarebbe stata ripresa per la politica razziale, l'offensiva cominciò nella scuola, dove fu formalmente vietato alle donne di insegnare lettere e filosofia nei licei e alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie; inoltre fu vietato loro di essere presidi di istituti, mentre le tasse scolastiche delle studentesse vennero raddoppiate.

Gli anni Settanta furono il periodo in assoluto più importante per il movimento femminista italiano, che dovette fronteggiare sia la crisi del Paese, sia una difficile modernizzazione. Questi anni, grazie anche e, forse, soprattutto, alle battaglie condotte dalle donne, segnarono importanti vittorie civili, sociali e culturali. In Italia, dal dopoguerra ad oggi, la condizione sociale e giuridica delle donne si è infatti lentamente ma radicalmente modificata.

I diritti fondamentali e costituzionalmente riconosciuti appaiono oggetto di interpretazioni ed applicazioni differenti.

Nonostante i progressi sulla carta, purtroppo, esistono ancora: DISCRIMINAZIONI SOCIALI che vedono addirittura una fase di arretramento rispetto ad alcuni diritti già acquisiti: basti pensare al numero crescente di obiettori di coscienza che allunga i tempi per l'aborto, agli scarsi o nulli servizi di sostegno alla maternità, ad una legge sulla fecondazione svuotata dalle sentenze, ma ancora in vigore.

Nessuno sceglie il suo tempo. Quello che ci troviamo a vivere è un tempo che divora ansiosamente le conquiste a cui è tanto faticosamente giunta la società occidentale (visivamente incapace di governare in maniera efficace una frammentazione culturale che scardina l'idea stessa del bene comune) ed in cui i valori fondamentali appaiono sempre più indecifrabili e svuotati di ogni significato condiviso.

Ed in Iran?

Quando si pensa all'Iran soprattutto da un punto di vista occidentalistico, si pensa e si parla di Iranofobia.

L'Iran è sempre stato visto come un Paese insicuro e da evitare.

Nonostante la continua Rivoluzione Iraniana e la voglia di emancipazione delle donne, risiede ancora una percentuale che è dedita alla tradizione e subisce l'ascendenza conservatrice anche di matrice religiosa estrema.

Difatti, seppur analoga nel minimo comune denominatore dell'evoluzione storica della lotta per l'affermazione dei diritti e delle libertà riconosciute; mostra una latente democrazia, dosata da un fanatico fondamentalismo radicale religioso.

Quando pensiamo alle regioni islamiche, pensiamo ad un emisfero del mondo in cui le bellezze geografiche e monumentali vengono oscurate dalla condizione di subordine con la quale viene trattata la donna. Basta pensare alla condizione dello hejab, il velo islamico. Ci risulta una condizione paranormale, noi che del nostro copro ne godiamo la bellezza, ma prima di ogni cosa la libertà, al punto che molto spesso subiamo l'effetto contrario della mercificazione e della strumentalizzazione, soprattutto nel tabù della violenza sessuale.

La situazione della donna oggi in Islam, è simile a quella della donna italiana prima degli interventi normativi che ne hanno modificato la partecipazione alla vita sociale e politica, oltre che culturale.

Ci auspichiamo che tale rivoluzione possa allineare i progressi ottenuti dai paesi occidentali anche per le donne iraniane, con la variante che il fondamentalismo religioso è una costante invariante.

Il cambiamento a cui stiamo assistendo si circoscrive soprattutto intorno alla battaglia contro il velo e la battaglia sul velo non finirà fino a quando le donne non saranno libere di scegliere cosa indossare.

Una cosa è certa, la rivoluzione in Iran, sta avendo un forte impatto anche sui Paesi occidentali, facendo tremare il regime, a tal punto da farci ricordare che:

La Protesta è Donna.

La Rivoluzione è Donna.

La Democrazia è Donna.

Come aveva già capito Mary Wallstonecroft, alla fine del 1700 quando scrisse "Sui diritti delle Donne", " si permetta ad una donna di condividere i diritti degli uomini ed ella ne condividerà le virtù".

Avv. Francesca Polimeni