Mancata consegna del certificato di abitabilità: posso rifiutarmi di adempiere alla stipula del contratto definitivo?

04.02.2023

Cass. civ. 5 agosto 2022 n.24317

La Suprema Corte di Cassazione, nel corso degli anni è tornata più volte ad esprimersi sulla vendita di immobili privi di certificato di abitabilità e, da ultimo, lo ha fatto con l'Ordinanza Cass. Civile del 05/08/2022 N.24317.

Più precisamente, la Corte ha dichiarato che "In tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità), pur non incidendo sul piano della validità del contratto, integra però un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, salvo che quest'ultimo non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o comunque esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza. Sicché il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo del certificato di abitabilità o di agibilità, pur se il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune nei cui confronti, peraltro, è obbligato ad attivarsi il promittente venditore - è giustificato, poiché il predetto certificato è essenziale, avendo l'acquirente interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico -sociale nonché a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene."

Prima di analizzare la pronuncia in questione, appare necessario chiarire quale sia la differenza tra contratto preliminare e contratto di compravendita.

Il codice civile all'art. 1351 c.c. non dà una definizione del contratto preliminare, ma possiamo qualificarlo come un negozio preparatorio che ha ad oggetto l'obbligo per le parti di concludere un successivo contratto definitivo, già delineato nei suoi elementi essenziali. Il contratto preliminare, ai sensi dell'articolo 1351 c.c., deve essere stipulato nella stessa forma che la legge prevede per il definitivo[1].

Il contratto di compravendita, annoverato tra i contratti ad effetti reali (o traslativi)[2], è ai sensi dell'art 1470 c.c., il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo.

La compravendita è un contratto consensuale ad effetti reali, nonché a prestazioni corrispettive ed è un contratto di regola commutativo. Quest'ultimo aggettivo prevede la possibilità per i contraenti di valutare l'entità del vantaggio e del sacrificio di pertinenza per ciascuna di esse.

La forma del contratto che trasferirà un immobile, ai sensi dell'art. 1350 c.c. deve essere in forma scritta (ad substantiam) pena la nullità dello stesso, ma non solo, si avrà la nullità anche qualora manchi il prezzo (che sarà pattuito dalle parti) nel contratto stesso. A tal proposito, una decisione della Cassazione a Sezioni Unite, la n. 7246 del 2007, ha previsto che "[...] essendo il prezzo elemento essenziale deve risultare per iscritto e per intero quando per il relativo contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest'ultima sussista in relazione alla manifestazione di volontà di vendere e di acquistare."

Il suddetto contratto è fonte di obbligazioni sia per il venditore che per il compratore.

Il venditore, ai sensi dell'art 1476 c.c., ha l'obbligo di consegnare la cosa al compratore, insieme agli accessori, le pertinenze ed i frutti maturati dal giorno della stessa vendita, ha l'obbligo di far acquistare la cosa al compratore se l'acquisto non ha un effetto immediato ed ha l'obbligo di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa.

Il compratore, invece, ai sensi dell'art 1498 c.c. (I° co.) ha l'obbligo di pagare il prezzo nel termine e nel luogo fissato dal contratto.

Alla luce di quanto appena delineato e, dunque, per percorre la strada che ha portato a tale pronuncia, partirei da una domanda di riflessione : <<È possibile qualificare un immobile privo del certificato di abitabilità come una vendita priva di qualità essenziali per l'uso della cosa o promesse in sede di contrattazione?>>

L'argomento è di considerevole interesse e alla mia domanda dà una risposta la Corte di Cassazione Civ., sez. II con la sentenza n. 10756 del 2011 "La consegna di un bene privo dei requisiti di abitabilità, laddove le parti del compromesso, abbiano, invece, fatto riferimento ad un uso abitativo, integra una vendita aulid pro alio, che legittima il promissario acquirente alla risoluzione del contratto per inadempimento dell'altra parte."

Ma cos'è una vendita aulid pro alio?

L' aliud pro alio si ha "quando viene consegnato un bene completamente diverso da quello pattuito". In tale circostanza il compratore è tutelato in base alla ordinaria azione di risoluzione o, in alternativa, tramite l'azione di esatto adempimento, non trovando applicazione l'art. 1495 c.c. ed i termini di prescrizione e decadenza in esso previsti.

In tema di aliud pro alio sulla vendita di immobili diverse sono state le pronunce della Suprema Corte con riferimento all'immobile destinato ad abitazione che prevedono il certificato di abitabilità come requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, in quanto la cosa venduta, pur essendo identica a quella pattuita, è priva di quei caratteri che consentono di identificarla come appartenente alla categoria, tant'è che tutte le pronunce emesse nel corso degli anni hanno un unico nocciolo, cioè quello di comportare la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento del venditore ove, anche in corso di causa, si accerti che la vendita non aveva tutte le caratteristiche edilizie che vanno ad incidere sul godimento del bene.

Il rifiuto del promissario acquirente a stipulare l'atto definitivo di vendita risulta allora giustificato quando l'immobile è sprovvisto del certificato di abitabilità o di agibilità perché è sufficiente a configurare un inadempimento grave del promittente venditore per la consegna appunto "aulid pro alio".

Orbene, per dare concreta attuazione al principio stabilito da questa recente pronuncia la Corte ha richiamato un ormai consolidato orientamento, rievocando l'art. 1460 c.c. denominato "Eccezione di inadempimento" - che recita - "Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto .
Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede."

L'eccezione di inadempimento nei contratti sinallagmatici o a prestazioni corrispettive, dunque, consente a chi non riceve la prestazione dovuta di non adempiere a sua volta e questo rifiuto è giustificato come una reazione all'inadempimento della controparte che trova ulteriore avallo nella gravità della prestazione ineseguita (in questo caso dell'inabitabilità promessa dell'immobile).

È certo allora che, la disposizione potrebbe configurarsi come fonte di pretesa risarcitoria (strumento specifico) per la ridotta commerciabilità del bene, [...] Il venditore-costruttore ha dunque l'obbligo di consegnare all'acquirente dell'immobile il certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio, e l'inadempimento di questa obbligazione è ex se foriero di danno emergente, perché costringe l'acquirente a provvedere in proprio, ovvero a ritenere l'immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all'alienazione a terzi. Pertanto il rifiuto, apposto al promissario acquirente, di stipulare la compravendita definitiva dell'immobile, sprovvisto dei certificati di agibilità, abitabilità e conformità, deve ritenersi giustificato. (Cass. Civ., Sez. II, 2438/2016).

L'applicabilità dell'art. 1460 c.c. anche al contratto preliminare, mira al mantenimento dell'equilibrio del rapporto economico di scambio previsto dai contraenti, costituente un mezzo di tutela generale che deve ritenersi applicabile anche al negozio preparatorio, non rinvenendosi nel disposto dell'art. 2932 c.c. ragioni che impediscano tale tipo di tutela stabilita dai principi generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive.

L'azione di exceptio inadimplenti, non richiede l'adozione di forme speciali o di formule sacramentali essendo sufficiente la volontà di una delle parti di sollevarla. Il compratore/creditore che agisce per la risoluzione del contratto deve solo provare la fonte negoziale dell'inadempimento della controparte, mentre il venditore/debitore è gravato dall'onere della prova del fatto estintivo della pretesa creditizia.

Concludendo, dunque, ad avviso della consolidata giurisprudenza di legittimità, nel contratto preliminare di compravendita, qualora la cosa pattuita risulti difforme o alterata o comunque presenti dei vizi, il promittente acquirente può, in sede di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, domandare, oltre alla sentenza di cui all'art. 2932 c.c., la riduzione del prezzo pattuito o in alternativa la condanna del promittente venditore all'eliminazione dei vizi.

Dott.ssa Veronica Riggi


[1] Quindi, se, ad es. la legge prevede la forma scritta, nella stessa forma deve essere redatto il preliminare.

[2] Contratto da cui scaturisce, quale effetto, il trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di un diritto reale su un bene determinato o il trasferimento di altro diritto (art. 1376 del c.c.)