
Non mandare i figli a scuola è un reato?
A cura di Dott.ssa Lisa Martini
Ogni mattina, in Italia, troppi bambini non entrano nelle aule di scuola.
Alcuni per disinteresse, altri perché le famiglie non li iscrivono, altri ancora per difficoltà economiche o sociali.
Fino a ieri, questa assenza poteva passare inosservata o veniva punita in modo simbolico.
L'art. 731 c.p., infatti, prevedeva una semplice ammenda fino a € 30 per chi, senza giustificato motivo, non garantiva l'istruzione elementare al proprio figlio.
Una norma ormai superata, incapace di contrastare in modo efficace il fenomeno dell'abbandono scolastico.
Con il decreto Caivano (L. 13/11/2023 n. 159), nato per contrastare il disagio giovanile, la povertà educativa e la criminalità minorile, è stato introdotto un cambiamento importante: è nato l'art. 570-ter c.p., che trasforma la vecchia sanzione simbolica in un vero e proprio reato.
L'obiettivo è chiaro: rafforzare la tutela del diritto all'istruzione e responsabilizzare chi ha l'obbligo di garantire la frequenza scolastica dei minori.
Quali comportamenti sono puniti?
Il nuovo articolo punisce due situazioni distinte:
1) la prima riguarda i casi in cui il minore non viene mai iscritto a scuola. In questo caso, la legge parla di "dispersione assoluta" e prevede la reclusione fino a due anni per il genitore o il tutore responsabile;
2) la seconda riguarda l'"elusione dell'obbligo scolastico", ossia il caso in cui il minore, pur essendo iscritto, risulti assente per oltre il 25% del monte ore annuale previsto o per almeno 15 giorni, anche non consecutivi, in un periodo di tre mesi. In questa seconda ipotesi, la pena è la reclusione fino a un anno.
Un esempio concreto? Se Andrea, 10 anni, non va a scuola per oltre un quarto dell'anno senza giustificazioni e i genitori ignorano l'ammonimento formale del Comune, il caso può finire davanti a un Giudice.
Cosa succede prima della denuncia?
Per evitare che ogni caso venga portato all'attenzione del Tribunale, la legge prevede un meccanismo di prevenzione.
Quando la scuola rileva una situazione di mancata iscrizione o di assenze gravi e ingiustificate, segnala il caso al Sindaco del Comune di residenza del minore. Il Sindaco, a sua volta, invia alla famiglia un'ammonizione formale, concedendo sette giorni di tempo per rimediare: iscrivere il minore, riportarlo in classe o fornire una giustificazione valida.
Se la famiglia non risponde all'ammonizione o non si mette in regola, la segnalazione viene trasmessa all'autorità giudiziaria, con la conseguenza che scatta il procedimento penale. In alcuni casi, il Pubblico Ministero può coinvolgere anche il Tribunale per i Minorenni, valutando misure civili a tutela del minore.
Accanto alla punizione, però, rimane lo spazio per la prevenzione e per l'ascolto delle famiglie in difficoltà. L'ammonizione del Sindaco, il coinvolgimento dei servizi sociali e la possibilità di giustificare situazioni particolari sono strumenti fondamentali, difatti, per non trasformare ogni disagio in un crimine.
In sintesi, non mandare i figli a scuola oggi non è più una disattenzione: è una violazione seria, che mette a rischio il futuro dei bambini e la responsabilità di chi se ne prende cura.
Difendere il diritto allo studio significa difendere la dignità e le opportunità di ogni minore. Ma siamo pronti, come comunità, a sostenere davvero tutte le famiglie, prima che arrivino davanti a un Tribunale?