La differenza tra l’occultamento e la soppressione di cadavere

11.01.2023

Molto spesso, nei resoconti di cronaca nera che appaiono nei giornali o nei telegiornali, sentiamo parlare di "occultamento di cadavere" oppure di "soppressione di cadavere" e la domanda sorge spontanea: queste due espressioni si possono considerare sinonimi?

Per chiarire qualsiasi dubbio in merito, è preliminarmente necessario analizzare la norma di cui all'art. 412 c.p. che recita "Chiunque occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri, è punito con la reclusione fino a tre anni", per poi introdurre la differenza con il delitto di cui all'art. 411 c.p. ovvero il reato di distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, delitto ben più grave.

Entrambi i reati sono contenuti nel titolo VI del Libro II del codice penale denominato "Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti". La pietà, dal latino "pietas", può essere definita come l'atteggiamento di amore e devozione sotto forma di qualsiasi venerazione per i morti e per i luoghi che si collegano al ricordo di questi ultimi.

L'oggetto di offesa è un cadavere, una parte di esso o le sue ceneri, rientrando nella nozione tutti i resti umani capaci di suscitare sentimento di pietà per i defunti.

L'occultamento di cadavere ex art. 412 c.p. ha natura di reato comune in quanto può essere realizzato dal cd. "quisque de populo", ovvero da una qualsiasi persona che non sia titolare di una particolare qualifica giuridica. 

È un delitto plurioffensivo perché, oltre al sentimento diffuso di pietà, tutela anche l'interesse del congiunto o dell'erede del defunto in ordine al diritto di disporre la salma.

L'art. 412 c.p. postula la cosiddetta "temporaneità del nascondimento": occultare, infatti, significa nascondere soltanto temporaneamente il cadavere, parte di esso o le ceneri, in maniera tale da determinare sicuramente, dopo breve tempo, il ritrovamento.

Proprio per questo carattere di temporaneità non integra il reato in esame bensì quello previsto dall'articolo precedente, come si vedrà in seguito, il fatto di gettare in mare o in un burrone inaccessibile un cadavere in quanto "la possibilità di recupero del cadavere è remota" (sul punto si veda Cass. pen., sentenza n. 9574//1981 e sentenza n. 5819/1981).

Inoltre, l'occultamento di cadavere è un reato permanente in quanto gli effetti dell'offesa si protraggono nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto. È il cd. ciclo consumativo: nonostante la consumazione sussista fin dalla prima apparizione dell'evento, questo si riproduce di momento in momento finché l'agente non abbia adempiuto al dovere di far cessare lo stato antigiuridico o lo stesso non sia comunque venuto meno.

È un reato punito a titolo di dolo generico ovvero è necessaria soltanto la coscienza e la volontà di occultare.

L'art. 411 c.p., invece, punisce con la reclusione da 2 a 7 anni "chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae o disperde le ceneri". 

Anche questo reato, come quello esaminato in precedenza, è un reato comune.

Tre sono le azioni regolate dalla norma in esame: distruggere significa decomporre il cadavere in modo che esso perda la sua essenza specifica; sopprimere significa impedirne in modo permanente il ritrovamento mentre sottrarre significa trasferire arbitrariamente il cadavere da un luogo all'altro. Disperdere, invece, significa disseminare in modo tale da rendere irrecuperabili le ceneri.

A differenza del precedente, il reato in esame ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti poiché si consuma quando il cadavere è reso definitivamente introvabile.

Anche per questo reato il dolo è generico, consistendo nella coscienza e nella volontà di distruggere, sopprimere, deteriorare o disperdere il cadavere mentre il fine dell'agente è del tutto indifferente.

Il delitto è poi aggravato se il fatto è commesso in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.

I due delitti di occultamento e soppressione di cadavere, che sono differenti nella forma e nella struttura, sono accomunati dall'identità dell'oggetto giuridico e materiale, ponendosi quindi in un rapporto di continenza per cui la soppressione del cadavere ha già insito un certo nascondimento attraverso il quale è passata. Di conseguenza, se i relativi fatti sono commessi dallo stesso soggetto attivo il quale, perdurando l'occultamento del cadavere, lo sopprime, è configurabile un unico reato progressivo.

Per distinguere ulteriormente le ipotesi di cui agli artt. 411 e 412 c.p., l'unico criterio valido è quello di accertare, sulla base degli elementi oggettivi, quali erano le reali intenzioni dell'agente ovvero se quelle di far sparire definitivamente o nascondere solo temporaneamente il cadavere o le ceneri.

A questo proposito, la giurisprudenza ha precisato che perché si possa integrare il reato in esame non è necessario che la condotta sia posta in essere su un corpo già privo di vita, bensì anche su una persona che sta per morire purché sia rivolta intenzionalmente ad occultarne il corpo, la cui morte può intervenire anche dopo l'occultamento.

Al fine di chiarire il rapporto tra le due fattispecie delittuose è intervenuta anche la Suprema Corte penale affermando che "il discrimine tra la sottrazione e l'occultamento di cadavere va individuato nelle modalità del nascondimento, tali da rendere il rinvenimento del corpo tendenzialmente impossibile nel primo caso, altamente improbabile, sia pure a mezzo di una ricerca accurata, nel secondo" (Cass. pen., sez. I, n. 32038/2013).

Non solo: lo scorso anno la Prima Sezione della Corte di Cassazione con sentenza n. 12394 del 2021 è nuovamente intervenuta sul tema, confermando che "Il reato di cui all'art. 411 c.p. (distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere), pur realizzandosi con il nascondimento di un cadavere, si differenzia dal reato di cui all'art. 412 c.p. (occultamento di cadavere) in quanto l'occultamento è considerato come un nascondimento temporaneo che postula a priori la certezza del ritrovamento, mentre la soppressione o sottrazione vanno intese quale nascondimento effettuato in modo tale che il cadavere venga definitivamente sottratto alle ricerche. La sottrazione va valutata non in senso assoluto bensì relativo, sulla base di presunzioni fondate su elementi obiettivi, quali il luogo prescelto e le modalità adottate, con apprezzamento ex ante, non rilevando in proposito che il cadavere venga eventualmente ritrovato per caso fortuito o a seguito di difficili ricerche, atteso che la durata effettiva del nascondimento non costituisce elemento di distinzione fra le due ipotesi di reato."

Da sempre è oggetto di discussione se il diritto penale possa intervenire per tutelare i sentimenti, intesi proprio come "gli stati d'animo e le emozioni vive nella coscienza delle persone". Soprattutto negli ultimi tempi, però, i sentimenti dei singoli o della collettività sono diventati realtà anche molto forti che pretendono di essere riconosciuti e tutelati dall'ordinamento giuridico.

Dott.ssa Melissa Cereda


Delpino L, Pezzano R., Manuale di diritto penale parte generale, Edizioni Simone 2022.