Oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.)
Cass. pen. sez. VI, 24 febbraio 2022 n.11820
L'art. 341 bis c.p. sanziona coloro che in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offendono l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni.
La norma in questione, reintrodotta recentemente con la Legge n. 94/2009 in quanto abrogata nel 1999 poiché ritenuta inattuale, mira a tutelare il prestigio e l'onore della Pubblica Amministrazione contro quelle condotte che ne sminuiscono l'autorità.
Tuttavia, ultimamente si è sviluppato un nuovo filone giurisprudenziale circa la configurabilità del delitto in questione, soprattutto con riferimento alla percezione della lesione del bene giuridico tutelato dall'art. 341 bis c.p.
Una delle ultime sentenze a trattare l'argomento è stata la n. 11820/2022, emessa dalla Corte di Cassazione, Sezione VI Penale.
In particolare, il Giudice di Legittimità ha dovuto decidere in merito al ricorso presentato dal difensore dell'imputato, il quale era stato condannato per aver offeso l'onore e il prestigio di un Ispettore capo e di due agenti della Polizia penitenziaria all'interno della Casa circondariale di Camerino, ove l'imputato era ristretto.
Accogliendo il ricorso, la Corte di Cassazione ha svolto un lungo excursus circa la configurabilità della fattispecie in questione, nonché sull'origine della norma stessa, spiegando come la nuova disposizione, a differenza dell'abrogato art. 341 c.p. che considerava il reato di oltraggio come offensivo alternativamente dell'onore o del prestigio del pubblico ufficiale, tuteli congiuntamente congiunta l'onore e il prestigio del soggetto rappresentante la P.A.
La nuova formulazione dunque è caratterizzata dalla presenza di due elementi costitutivi che ne circoscrivono l'ambito di applicazione, ossia la pubblicità dell'offesa e il nesso funzionale tra questa e il compimento di un atto d'ufficio da parte del pubblico ufficiale.
Tuttavia, per essere integrato il reato in questione, occorre che l'offesa all'onore e al prestigio della P.A. non sia solo percepita dal pubblico ufficiale, ma necessariamente anche da soggetti "estranei". Invero, il Giudice di Legittimità chiarisce che "In tema di oltraggio, l'offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire alla presenza di almeno due persone, tra le quali non possono computarsi quei soggetti che, pur non direttamente attinti dall'offesa, assistano alla stessa nello svolgimento delle loro funzioni. In altri termini, il requisito della pluralità di persone alla cui presenza deve svolgersi la condotta oltraggiosa è integrato unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili") ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spazio-temporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente". Tale impostazione differisce quindi dall'originaria formulazione dell'art. 341 c.p. che si limitava a richiedere che l'offesa fosse arrecata al pubblico ufficiale "a causa o nell'esercizio delle sue funzioni".
Pertanto, la struttura dell'attuale fattispecie incriminatrice, prevede che l'offesa sia posta in essere mentre il soggetto passivo (ad es. il pubblico ufficiale) "compie un atto d'ufficio", dunque non necessariamente un atto formalmente individuato e specificamente disciplinato, ma un qualsiasi atto di esercizio dei poteri inerenti alle pubbliche funzioni in corso di espletamento.
Sulla base di tale impostazione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, assolvendo così l'imputato.