La c.d. pedopornografia domestica: il discrimen tra rilevanza e irrilevanza penale
Cass. Pen., Sez. Unite, 9 febbraio 2022, n. 4616
Con la sentenza in commento il Supremo Consesso a Sezioni Unite Penali si è occupato nuovamente del delitto di produzione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600-ter c.p. e, nello specifico, della c.d.pornografia minorile domestica.
Tale terminologia viene utilizzata per indicare la produzione di immagini sessualmente esplicite aventi ad oggetto il minore che abbia, tuttavia, raggiunto l'età del consenso sessuale (quattordici anni), e nei casi in cui tali raffigurazioni siano realizzate nell'ambito di una relazione affettiva intima.
La
portata di tale pronuncia la si rinviene nel tentativo delle Sezioni Unite
Penali di definire, una volta per tutte, i limiti entro i quali la c.d.
pornografia minorile domestica deve essere
considerata penalmente irrilevante.
Nello specifico, e per quanto di interesse, i giudici di legittimità elaborano ed espongono il concetto di "utilizzazione" del minore e indagano la rilevanza penale della diffusione dei materiali pornografici prodotti col consenso del minore.
Punto focale è, appunto, il concetto stesso di "utilizzazione" del minore, la cui rilevanza penale (e con essa il reato di produzione di materiale pedopornografico ex 600-ter co. 1 c.p.) viene esclusa laddove "all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore non si riscontrino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica dello stesso". E, dunque, il discrimine fra il penalmente lecito e il penalmente illecito non è costituito dal consenso prestato dal minore in sé e per sé (pur essendo, ovviamente, un presupposto necessario ai fini della irrilevanza penale), ma la configurabilità dell'utilizzazione, della reificazione del minore da parte del partner: se vi è stata tale condotta abusiva da parte dell'agente, il consenso prestato dal minore alla produzione di immagini pedopornografiche non avrà nessuna valenza di causa di giustificazione.
Dunque, venendo al concreto: nel caso in cui, all'interno della coppia (che, si badi bene, non deve per forza essere costituita da un minore e da un maggiorenne poiché ciò che rileva è unicamente l'età della persona offesa), il minore ultraquattordicenne abbia prestato un consenso libero, non viziato e non si sia registrata alcuna pressione psicofisica dell'altro partner alla produzione di immagini o filmati sessualmente espliciti, allora tale condotta non integrerà il delitto di produzione di materiale pedopornografico.
Tuttavia,
il bene giuridico protetto dalla norma non tanto la libertà sessuale (come
invece accade, per esempio, nell'art. 609-bis c.p.), quanto, piuttosto,
lo sviluppo e la tutela del minore, la sua dignità.
Pertanto, se da un lato viene liceizzata la c.d. pedopornografia domestica con i limiti suddetti, dall'altro la susseguente diffusione a terzi di tali immagini integrerà certamente il reato di cui all'art. 600-ter c.p., poiché "la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600 ter, terzo e quarto comma, cod. pen. ed il minore non può prestare consenso ad essa", trattandosi di una condotta che mette a repentaglio il sereno sviluppo psicofisico del minore.
Secondo la Corte, infatti, anche solo il semplice invio di dette immagini costituirebbe una condotta abusiva, una utilizzazione del minore in un momento susseguente alla produzione.
Ancora diverso, ma altrettanto rilevante penalmente, sarà il caso in cui la diffusione del materiale sia stata già preventivata e voluta al momento della produzione dello stesso: rimanendo irrilevante il consenso del minore, la condotta strumentalizzante dell'agente sarà ascrivibile al reato di cui al comma 1 dell'art. 600-ter c.p.
Riassumendo, dunque, le Sezioni Unite hanno pronunciato i seguenti principi di diritto:
I - «si ha "utilizzazione" del minore allorquando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o condizionamento della volontà del minore stesso, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica dello stesso»
II - «la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, terzo e quarto comma, c.p., ed il minore non può prestare consento ad essa»
La
pronuncia in parola ha già fatto nascere, tra gli studiosi di diritto, alcune
perplessità: se da un lato appare ragionevole l'aver voluto distinguere la
condotta di produzione e quella di diffusione, dall'altro ci si domanda se la
diffusione da parte del minore di proprie immagini sessualmente esplicite, che
siano state prodotte dal partner, non sia assimilabile alla diffusione di
materiali autoprodotti dal minore.
Tuttavia, la sentenza si è espressamente limitata ad esaminare la rilevanza penale dei soli materiali pornografici eteroprodotti, lasciando un silenzio circa la diffusione di immagini di pedopornografia autoprodotta. E ancora: come ci si confronterà con il caso in cui le immagini [eteroprodotte ma dal precedente partner] vengano trasmesse, e quindi detenute, al nuovo fidanzato dal minore stesso, posta l'irrilevanza del consenso prestato dal minore e la rilevanza penale della detenzione di materiale pedopornografico ex art. 600-quater c.p.?
Non devono stupire i dubbi poc'anzi evidenziati, muovendosi la sentenza in epigrafe in un terreno molto delicato e in continua evoluzione da un punto di vista culturale. Tutto ciò evidenziato, la sentenza n. 4616/22 offre, finalmente, una definizione della controversia in tema di c.d. pedopornografia domestica.
Dott.ssa Alice Lambicchi